New York, ascolta: l’Italia è forte
Economia

New York, ascolta: l’Italia è forte

L’opinione pubblica mondiale non conosce alcuni fondamentali che  dimostrano come l’Italia abbia forze endogene per crescere

La crisi dei paesi dell’eurozona e le previsioni di bassa crescita hanno creato un clima di sfiducia negli investitori. La percezione dell’economia italiana è decisamente confusa. I motivi sono molteplici, ma primeggia la mancanza di media in lingua inglese sull’Italia che rendano edotti i nostri osservatori. Fa eccezione la sola This is Italy di Panorama , ideata e pubblicata online per un’audience anglosassone. L’opinione pubblica mondiale non conosce alcuni fondamentali che dimostrano come l’Italia, stanti le riforme, abbia forze endogene per una crescita molto attraente. L’area dell’euro costituisce la più grande economia del pianeta.

L’Italia è l’ottava nel mondo e la terza nell’Europa continentale. Una vocazione manifatturiera, seconda al mondo per produzione industriale pro capite. L’export contribuisce al 25 per cento del pil. Le famiglie italiane, in media, hanno un basso indebitamento e un alto tasso di ricchezza netta, più elevato degli Stati Uniti e del Regno Unito. Un sistema bancario solido. Le piccole e medie imprese formano il motore trainante della nostra economia e le eccellenze del nostro Paese, come Enel ed Eni, primeggiano a livello mondiale sulle filiere tecnologiche che determineranno la qualità del nostro futuro. Alcuni settori, come le famose 4F, fashion, furniture, food & Ferrari, godono di meritata notorietà ma superiore ad altrettante eccellenze presenti nel nostro Paese. Per colmare queste lacune, l’Italia ha bisogno di un canale di comunicazione diretto e costante con la comunità finanziaria statunitense e con gli opinion maker che da quel paese influenzano il globo.

È interessante notare lo stupore degli investitori quando apprendono che l’Italia è, anche, un paese high-tech. Di fianco ai distretti industriali, esistono 27 centri di eccellenza specializzati in aerospazio, biomedicale, robotica, Itc e farmaceutico. Le piccole e medie imprese che interagiscono con questi centri hanno ritorni sugli investimenti tre volte superiori. Le Pmi hanno bisogno di economia di scala per competere e crescere nei mercati esteri, una combinazione di finanza e competenze manageriali. Una migliore informazione sull’Italia contribuirebbe, per esempio, ad attribuirci il giusto grado di rischio.

Alla grande pubblicità data a debito pubblico, corruzione e inefficienza del sistema giudiziario, bisogna fornire con altrettanta determinazione l’evidenza degli asset meno noti. Questi rappresentano distretti sani e determinati a favorire le riforme delle aree di peggiore performance. L’Italia può rientrare nel novero delle destinazioni degli investimenti esteri. Bisogna cambiare metodo. Il primo passo avverrà a New York, lunedì 11 febbraio, con il forum «Italy Meets the United States of America». Giuliano Amato, il ministro dell’Economia Vittorio Grilli, l’ambasciatore Usa David Thorne e gli amministratori delegati di Alitalia, Enel, Eni, Intesa e Wind inaugureranno questo spazio annuale dedicato al dialogo diretto con gli investitori e opinion maker americani. È l’opportunità per ascoltare, convincere e spiegare come l’Italia sta cambiando, e strutturalmente. Ogni anno.

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Fernando Napolitano