Ma è Mario Monti o è tornato Tremonti?
Economia

Ma è Mario Monti o è tornato Tremonti?

Confronto tra le dichiarazioni dei due politici. Che si somigliano davvero molto

“Una normalizzazione, prima ce ne volevano tre adesso ne basta uno”: era soltanto una delle tante, ovvie, prevedibili e sciocche battutine sull'assonanza tra i cognomi del premier Mario Monti e dell'ex ministro dell'Economia Giulio Tremonti che hanno cominciato a circolare sin da quando Giorgio Napolitano ha dato l'incarico a Monti.

Ma la verità è che pià passa il tempo dall'esordio governativo di Monti e più viene alla luce la somiglianza, la spontanea convergenza delle politiche economiche dei due personaggi. Certo non voluta eppure netta. L'ha rimarcata, tra gli altri, in un suo blog l'economista Fabio Scacciavillani, capo del fondo investimenti dell'Oman, nonché pungente notista di cose italiane.

Secondo lui, il comun denominatore tra i due è rappresentato dalla regola non scritta: più tasse e niente tagli. E da una certa retorica autoelogiativa, declinata con stili diversi ma non poi così tanto, appartenendo comunque a due uomini nati nel “Profondo Nord” - Sondrio Tremonti, Varese Monti – di forte formazione economica, ambigui nei confronti della politica (mezzi dentro e mezzi fuori) a causa di una fondamentale iperurania concezione di sé che non gli permette di porsi alla pari del prossimo e li conficca nel ruolo vitalizio di supertecnici indiscutibili...

Il florilegio di dichiarazioni assonanti scelte fior da fiore da Scacciavillani, la cui evidente bravura nella gestione del fondo dell'Oman deve evidentemente lasciargli molto tempo libero, è davvero significativa: “Noi abbiamo messo i conti in sicurezza. Abbiamo messo la casa in ordine. E tutti qui ce lo riconoscono. Ora bisogna lavorare di più sulla crescita”, Giulio Tremonti,  24 settembre 2011 in occasione degli Annual Meetings del Fmi e della Banca Mondiale.
“Abbiamo assunto tutte le misure per centrare gli obiettivi [sui conti pubblici] e ci siamo anche presi dei margini di sicurezza [....] Ora i provvedimenti di crescita richiedono più tempo”, Mario Monti Intervista a La Stampa, 4 Aprile 2012.

“Il nostro più grande successo negli ultimi due anni è stato quello di non essere diventati un caso tipo Grecia. Attesi al collasso, invece abbiamo tenuto bene” Giulio Tremonti, Intervista a Oggi, settembre 2010.
"Gli aumenti tariffari e fiscali, per quanto rozzi, ci hanno evitato di fare la fine della Grecia", Mario Monti, durante il viaggio in Asia, 2 aprile 2012.

“Il rischio di un crollo, del peggio, e' abbastanza alle nostre spalle”, Giulio Tremonti 29 marzo 2011.
“La crisi è passata ora possiamo rilassarci”, Mario Monti durante il viaggio in Asia 2 aprile 2012.

"Non occorrono altre manovre" Mario Monti intervistato da Fabio Fazio a “Che tempo che fa”, gennaio 2012.
"Non servono nuove manovre" Giulio Tremonti alla conferenza stampa dopo la riunione Ecofin 9 novembre 2009.

“Mi rendo conto che sarebbe bello avere un maggiore tasso di crescita economica” Mario Monti, 4 aprile 2012, intervista a La Stampa.
“La crescita non si fa con un governo o una legge”, Giulio Tremonti, 6 luglio 2011, concetto ribadito il 4 gennaio 2012 in un’intervista al Corriere della Sera “neanche Stalin riusciva a fare crescita con gli ukaze”.

“Abbiamo forse l’avanzo primario migliore in Europa. E l’avanzo primario è uno degli indicatori più forti per la stabilità di un Paese”, Giulio Tremonti 24 settembre 2011 in occasione degli Annual Meetings del Fmi e della Banca Mondiale.
“Al netto degli interessi sul debito pubblico il nostro Paese ha un avanzo primario del 5% per il 2011, una situazione che ci pone in una situazione di privilegio rispetto ad altri paesi” Mario Monti intervistato da Fabio Fazio a “Che tempo che fa” gennaio 2012.

Fermiamoci qua, e ringraziamo l'Oman. Al di là del ping-pong di queste dichiarazioni incredibilmente sintoniche – che peraltro sono indotte dalle sintoniche domande di cui costituiscono la risposta e dalla tristezza della scienza economica che le ispira – è evidente che le convergenze reali tra i due personaggi sono poche e che probabilmente, nel segreto del “foro interiore” si disprezzano vicendevolmente.

Ma la verità è che chiunque al loro posto è ormai ridotto a un ruolo reale molto più modesto di quello che l'opinione pubblica è portata ad attribuire a un ministro dell'Economia: la cessione di sovranità dagli Stati nazionali dell'Unione economica alla Commissione europea e alle sue istuzioni di controllo come l'Eba e soprattutto alla Bamca centrale europea e al suo azionista di riferimento, il Cancellierato tedesco, è tale per cui chi siede nell'ufficio che fu di Quintino Sella al ministero del Tesoro ha margini di manovra e di “creatività” molto relativi.

Tanto che alla fine la diffidenza di Tremonti verso le ricette imposte dalla Merkel e la passione tedesca di Monti non riescono a generare differenze altrettanto nette sul piano operativo.

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Sergio Luciano