La Cina compra l'Italia
Economia

La Cina compra l'Italia

Gli investimenti dei cinesi nel Bel Paese sono passati dalla quota prossima allo zero del 2009 ai 528 milioni di euro dei primi sei mesi del 2012

Gli uomini d'affari cinesi sono impazziti per l'Italia. Che vengano dal continente o dall'ex-colonia di Hong Kong non fa differenza, perché fare affari nel Bel Paese è diventato conveniente per tutti. Indipendentemente dagli effetti della crisi economica.

E uno dopo l'altro gli investitori stranieri che hanno deciso di abbandonare il mercato preoccupati per la sua tenuta vengono rimpiazzati dagli orientali. Il cui interesse in un paio d'anni è cresciuto in maniera esponenziale. Nel 2009 la quota di investimenti cinesi in Italia era quasi nulla. Nel 2011 ha superato i quaranta milioni di euro ma il valore più sorprendente riguarda il periodo gennaio-giugno 2012. Sei mesi in cui sono arrivati nel Bel Paese capitali per 528 milioni di euro.

Chi si occupa del monitoraggio degli investimenti stranieri in Italia si è reso conto che dal 2009 a oggi non solo l'interesse dei cinesi è aumentato, ma le loro attività in Italia hanno anche iniziato ad abbracciare molti più settori. Potenziando, quando possibile, le convenienze reciproche.  

Le più forti sinergie sono state consolidate nei comparti del lusso e della moda. Dove le joint-ventures con i cinesi sono diventate fondamentali per sostenere le grandi firme italiane e aiutarle, contemporaneamente, a raggiungere anche le metropoli più remote della Repubblica popolare. Se possibile continuando a riservare ai partner orientali una quota minoritaria, ma rimanendo disponibili a siglare un contratto alla pari quando le aziende cinesi dimostrano di poter garantire, oltre ai capitali necessari per l'investimento iniziale, anche ricavi annuali che oscillano tra i cinquanta e i cento milioni di euro.

Se da un lato i cinesi continuano ad andare alla ricerca di partner europei per acquisirne know how e tecnologie, per gli italiani che non possono puntare sull'internazionalizzazione dei loro brand perché non hanno a disposizione abbastanza capitali per farlo gli investimenti dall'Oriente sono diventati funzionali alla realizzazione dei loro sogni di espansione. E il fatto che i nuovi partner possano altresì aiutarli a posizionarsi su un mercato dalle potenzialità enormi come quello cinese è oggi percepito come un motivo in più per approfittarne! Da parte di chi lavora nella moda ma anche da chi si occupa di automobili, yacht, vino, oggetti di design...

I colossi della finanza cinese stanno cercando di scoraggiare i loro correntisti interessati a trasferire capitali in Europa. Sottolineando che anche se le oscillazioni dell'euro fanno sì che le acquisizioni siano più economiche, l'economia cresce così poco da rendere comunque poco conveniente approfittare della "svendita" di aziende. Sempre più cinesi dimostrano però di essere pronti a correre questo rischio. Sicuri da un lato che difficilmente ricapiterà loro l'occasione di acquisire le tecnologie dell'Europa a un costo così basso. Dall'altro che con l'aiuto dell'Oriente prima o poi anche il Vecchio Continente ricomincerà a crescere.  

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Claudia Astarita

Amo l'Asia in (quasi) tutte le sue sfaccettature, ecco perché cerco di trascorrerci più tempo possibile. Dopo aver lavorato per anni come ricercatrice a New Delhi e Hong Kong, per qualche anno osserverò l'Oriente dalla quella che è considerata essere la città più vivibile del mondo: Melbourne. Insegno Culture and Business Practice in Asia ad RMIT University,  Asia and the World a The University of Melbourne e mi occupo di India per il Centro Militare di Studi Strategici di Roma. Su Twitter mi trovate a @castaritaHK, via email a astarita@graduate.hku.hk

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