Io, greco ed economista, vi spiego perché non usciremo dall'euro
Economia

Io, greco ed economista, vi spiego perché non usciremo dall'euro

Parla Thanos Papadimitriou, docente alla Bocconi e una vita tra la London Business School e la Sillicon Valley. È convinto che la Troika concederà più tempo ad Atene. Troppo difficile gestire il dopo

La Grecia non uscirà dall’euro. Forse avrebbe potuto farlo due anni fa, se fosse stata guidata da un capo di governo forte, e perché la giuridizione  dei suoi titoli di Stato era greca. Adesso è tardi per tornare sui propri passi: dal seconda rinegoziazione i titoli di Stato ellenici sono passati sotto giurisdizione inglese; il debito del Paese è cresciuto ed adesso è troppo grande per gestire una simile decisione. Non è nell’interesse di nessuno che ciò accada. Se l’Europa affronterà il problema Atene, darà alla Grecia più tempo. Basterà un solo trimestre in positivo per riconquistare una spirale di fiducia”, sostiene Thanos Papadimitriou, ateniese di 42 anni, docente presso la Sda Bocconi e una vita tra la London Business School e la Sillicon Valley. “Ecco perché la Troika dovrà capire e ascolterà le richieste”. Tempo qualche giorno e i dubbi verranno fugati. Prossima settimana si entrerà nel vivo: una missione nel Fondo Monetario Internazionale volerà ad Atene. Valuterà i passi fatti, poi aprirà il tavolo per negoziare le misure da attuare.

Crede davvero che gli ispettori della Bce, del Fmi e dell’Unione europea daranno credito alle richieste del nuovo governo ellenico?

La durezza delle politiche promosse dalla Troika e il modo goffo in cui il governo greco ha cercato di implementarle ha spinto la popolazione greca nel panico, spingendola a sabotare gli obiettivi indicati dalla Troika. E’ necessario  interrompere il circolo vizioso. Il Paese ha da qualche settimana un nuovo governo politico che dovrà riorganizzare molto. Lasciamoli lavorare.

Cosa non la convince di un ritorno della dracma?

Nell’attuale fase sarebbe controproducente permettere ad Atene di abbondare l’euro perché il suo debito convertito in valuta locale si moltiplicherebbe per tre. Introdurre una valuta nuova amplierebbe il problema: potrebbe nascere un’economia parallela con una parte della popolazione greca con euro in tasca e altri, poveri, con la nuova moneta. Considerando che molti risparmi sono già stati trasferiti all’estero, è meglio fotografare la situazione per quella che è e dunque valutare bene la portata che una simile scelta avrebbe in modo tecnico. Non si tratta di semplice populismo.

Eppure il suo Paese oggi vive una terribile recessione e sottoporlo alla cura da cavallo della Troika non è la migliore prospettiva…

La migliore scommessa per i greci oggi è quella di capitalizzare i vantaggi che hanno facendo parte dell’unione monetaria e iniziare a porre basi nuove per l’economia. La Grecia deve riscoprire percorsi di crescita sostenibili. Senza la fiducia però qualsiasi idea affonda. Se la gente deve pagare sempre più tasse non spende per paura e cerca di risparmiare, oppure decide di trasferire i propri risparmi su conti correnti all’estero, le banche si ritrovano a corto di liquidità, arrivano i downgrade delle agenzie di rating. Questa è la vera spirale negativa e va spezzata.

Dare più tempo alla Grecia per fare i compiti a casa è la soluzione?

Il debito greco ma anche di qualsiasi altro Paese non sarà mai ripagato, non sarà mai azzerato perché sono diventati troppo grandi. Almeno questo non succederà fino a quando vivo io.

Certo però anche i greci ci hanno messo del loro, falsificando i conti. Come si fa a dargli fiducia?

Oggi abbiamo un nuovo governo. Quello che è successo nel passato è molto triste. E la gente lo ha realizzato: adesso sa che non può chiudere gli occhi di fronte a quello che è accaduto. Nel Paese questa situazione ha scaturito tensione politica, da cui hanno trovato terreno facile frange di estremismo. Bisogna rispondere con un’unità, promuovendo scelte condivise. Negli ultimi anni per aiutare Atene sono state sperimentate cure non idonee. I governi di destra e sinistra hanno cercato di arginare le problematiche. La gente non ha capito cosa è accaduto dal 1981 in avanti: allora il  Paese aveva un debito pubblico trascurabile; le persone si sono indebitate e quando lo hanno realizzato è stato troppo tardi. Oggi in Grecia per la prima volta nella nostra storia ci sono più persone disoccupate, pensionati che necessitano di sussidi di greci che lavorano. I politici hanno sbagliato: non hanno spiegato con severità che il tenore di vita cui la popolazione aveva accesso non erano soldi piovuti dal cielo.

Quindi?

Serve innovazione. Il turismo e le attività di shipping sono una grande risorsa. Adesso però abbiamo bisogno di rendere più produttiva la nostra economia rispetto al passato, stimolando gli investimenti e ricercando attività che garantiscono margini di profitto più alti, seguendo quanto fatto dalla Germania. È necessario cambiare, adottando nuovi modelli di business come Velti, società greca approdata recentemente al Nasdaq, attiva nelle attività di marketing e pubblicità sui cellulari oppure come il gruppo ellenico Upstream. Sono esempi dell’eccellenza del nostro Paese e di come qualsiasi business per emergere abbia bisogno di prospettive.

Davvero in Grecia sarà possibile tutto questo?

Ce lo chiede il futuro. Se però ogni sei mesi continueranno a essere introdotte tasse o modificate le regolamentazioni si ammazza il più importante fattore dell’economia: la stabilità. L’austerity tout court è sbagliata. L’Europa è stata spaccata per tanto tempo su cosa fosse giusto e cosa sbagliato. La discussione è stata condotta in un modo rigido, quasi dogmatica, finendo per non essere produttiva. Una divisione ideologica probabilmente non potrà mai cogliere come affrontare un problema reale. Adesso è essenziale concentrarsi su ciò che funziona rispetto a quello che non funziona, per lavorare tutti insieme per il bene comune dell’euro

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Micaela Osella