Il pasticcio della responsabilità solidale delle imprese
CARLO CARINO / Imagoeconomica
Economia

Il pasticcio della responsabilità solidale delle imprese

La legge dice che se un'azienda non versa i contibuti Inps dei dipendenti la responsabilità cade sui committenti, lungo tutta la filiera

Siete responsabili di un’impresa che porta a termine le sue commesse ricorrendo ad appalti e subappalti? Prima di pagare i vostri fornitori fareste meglio a rivolgervi a un investigatore privato. Sembra uno scherzo ma è la pura e semplice conseguenza della normativa sulla «responsabilità solidale» e della sua applicazione da parte dell’Inps. La legge dice che se un’impresa non versa i contributi ai dipendenti la responsabilità di questa omissione si trasferisce pienamente ai suoi committenti, lungo tutta la filiera in cui essa è inserita.

Se ad esempio si affida una fornitura attraverso un appalto e poi viene fuori che l’azienda aggiudicataria ha mancato di pagare i contributi dei suoi dipendenti, l’Inps avrà tutto il diritto (e infatti non se lo fa ripetere due volte) di pretendere quei soldi dalla stazione appaltante. Per questo motivo la richiesta del durc (il documento unico di regolarità contributiva che attesta appunto il versamento dei contributi dovuti per legge) è ormai una procedura immancabile nei rapporti fra aziende. Niente Durc, niente soldi.

Non è certo l’ideale per favorire l’attività economica e combattere la lentezza dei pagamenti che affligge l’Italia. Per questo la norma è da tempo nel mirino della maggior parte delle associazioni imprenditoriali. Quel che nessuno prevedeva, tuttavia, è che le imprese potessero essere chiamate in causa, nonostante il fatto di aver chiesto e ottenuto il documento di regolarità contributiva. Esattamente quel che è successo recentemente alla Berengo Spa, un’azienda di Marghera specializzata nella costruzione e nel montaggio di impianti industriali e navali, incappata in questo paradosso della burocrazia italiana. «Nel marzo scorso» racconta il consigliere delegato Giancarlo De Lazzari «abbiamo ricevuto una comunicazione del’Inps che ci indicava come responsabili in solido per alcune inadempienze di un nostro fornitore a cui avevamo subappaltato una parte di un impianto costruito per Fincantieri. Abbiamo pensato che dovesse esserci un errore: da quell’azienda avevamo avuto il durc e tutto risultava in regola. Ma, dopo una serie di richieste di chiarimento, ci è stato spiegato che neppure il durc basta a mettere un’azienda al riparo dalle inadempienze dei propri fornitori».

In sostanza quel che la Berengo ha scoperto a proprie spese (e che potrebbe interessare tantissime imprese italiane) è che se a distanza di anni dal rilascio del durc l’Inps si accorge che i suoi accertamenti precedenti erano incompleti e che il documento di regolarità contributiva è stato rilasciato impropriamente, chi ha dato un appalto a quella ditta sarà ritenuto comunque responsabile delle sue inadempienze (e senza neppure sapere se l’irregolarità si riferisce a quel particolare appalto oppure no). «Ma se non è sufficiente neppure il durc» sbotta De Lazzari «come faccio a sapere se il mio fornitore si comporta bene oppure no? Posso solo assumere un investigatore privato!».

In effetti pare non ci sia altro modo per evitare guai. Che possono essere anche più gravi dell’obbligo di pagare i contributi dovuti da altri. L’applicazione della «responsabilità solidale» a tutta la filiera, infatti, spinge ognuno a tagliare i ponti con chi abbia un problema del genere, precludendogli inevitabilmente l’accesso alle commesse future. In questo caso il rischio è stato evitato e la Berengo continua a lavorare senza problemi per Fincantieri, perché il suo fornitore ha prontamente accettato di pagare le poche migliaia di euro richieste per un conteggio errato dei versamenti previdenziali relativi ad alcune trasferte. Ma se si fosse trattato di cifre più rilevanti l’esito avrebbe potuto essere ben diverso. C’è qualcuno in Parlamento interessato a correggere questa stortura?

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Stefano Caviglia