Il Financial Times (ri)attacca Monti: "Mamma mia ci siamo di nuovo!"
Economia

Il Financial Times (ri)attacca Monti: "Mamma mia ci siamo di nuovo!"

Sotto accusa le riforme mancate, la perdita di smalto e consenso. Perché è ora di capire che la colpa della crisi non è nel capro espiatorio di Angela Merkel

Una pressione rispettosa ma ferma, un incalzare graduale, una critica progressiva. Chiamatela come volete, ma l’offensiva del Financial Times contro (o a favore, a seconda dei punti di vista) del governo Monti si arricchisce oggi di un nuovo importante tassello. Al sodo, il foglio della City dice a Monti: “O ritrovi lo spirito riformista, o è meglio per l’Italia andare a votare”. Contemporaneamente, in un’intervista al Corriere della Sera il presidente del Consiglio economico della CDU nonché consigliere economico della Merkel, Kurt Lauk, avverte: “Monti sta facendo molto bene, ma deve portare a termine la riforma del mercato del lavoro”, sulla quale invece “si è impantanato, una riforma cruciale per l’Italia come per la Spagna”.

E in un’intervista a QN il corrispondente della Frankfurter Allgemeine Zeitung e presidente della Stampa estera in Italia, Tobias Piller, con implacabile chiarezza ammonisce: “L’Italia può ottenere la crescita, la deve raggiungere questo obiettivo con le proprie forze, con riforme dell’amministrazione pubblica, del mercato del lavoro, della giustizia e con un’atmosfera dell’economia favorevole alla competizione. Il fatto che proprio un governo di tecnici nato intorno al professor Mario Monti stia cercando adesso la scappatoia più comoda di un appello verso l’Unione Europea, è francamente preoccupante”.

Ovviamente, quando il professor-presidente Monti alla Camera legge il Financial Times, preferisce soffermarsi sulla cronaca economica che sottolinea come i “fondamentali” dell’economia italiana siano migliori di quella spagnola, mentre stende un velo di (auto)censura sul commento (ben più autorevole) che lo pungola sulle riforme che non ha fatto. Il FT scrive infatti che, “mamma mia, ci siamo di nuovo”, adesso la crisi bussa ancora alle porte dell’Italia e Roma ritorna “nell’occhio del ciclone”.

In parte i problemi arrivano da fattori esterni come il tracollo delle banche spagnole. Ma anche la squadra di Monti ha perso smalto e consenso, “un po’ in conseguenza dell’austerità, ma anche il governo ha le sue colpe. Lo spirito riformista dispiegato nei primi 100 giorni si è pian piano esaurito a causa di un eccesso di prudenza ministeriale, che ora rischia di degenerare in completa inerzia. Tale è la sensazione di inazione, che voci solitarie del mondo politico parlano di elezioni anticipate. Il ritorno alle urne sarebbe evidentemente meglio di un prolungato periodo di stasi. Ma è preferibile che l’amministrazione torni al suo zelo riformista. La lista delle cose da fare non è breve. La spending review intrapresa dall’esecutivo potrebbe liberare risorse per tagliare le tasse sull’impresa e sul lavoro. La legge anti-corruzione che il governo sta spingendo in Parlamento potrebbe essere accompagnata da una riforma del sistema giudiziario che ha tempi da lumaca, ostacolo pesante agli investimenti…”.

Il senso è chiaro. Monti avrà la forza di fare quello che è stato chiamato a fare? Una riforma del mercato del lavoro che lo renda davvero flessibile, una riforma della giustizia che non sia solo il frutto di crociate ideologiche ma punti a rendere rapida, efficiente e quindi garantita la giustizia in Italia. Una ricognizione degli sprechi della pubblica amministrazione per tagliarli e finanziare la diminuzione delle tasse su impresa e lavoro per favorire la crescita.

Avrà il professor Monti la forza di resistere al ricatto della sinistra e in particolare del Partito democratico, sulle due misure che dall’Europa, dalla Germania e dagli ambienti finanziari, ma prima ancora dal mondo delle imprese e dal buon senso di una visione politico-economica liberale, sono indicate come quelle decisive per riportare nei mercati la fiducia nel nostro Paese e nella sua possibilità di ripresa?

La resa di Monti al Pd sulla riforma del mercato del lavoro sempre più si rivela come il punto di svolta dallo slancio riformista all’inerzia del governo, mentre sulla riforma della giustizia il Professore e l’intero sistema politico si sono, volenti o nolenti, piegati agli interessi di una casta di magistrati che vivono di privilegi e di uno status corporativo che li pone al di sopra di tutto e di tutti, rendendoli anche civilmente irresponsabili dell’eventuale colpevole negligenza.

Vogliamo cominciare a dire con chiarezza di chi è la colpa della stasi? E che lo stallo va superato al più presto, sul lavoro e sulla giustizia, pena il fallimento dell’Italia e la definitiva rovina del Paese, degli esodati come dei giovani, delle imprese come dei pubblici dipendenti?

C’è ancora qualcuno che abbia il coraggio di non prendersela con il caprio espiatorio Angela Merkel, ma con la nostra incapacità di fare le riforme che la Germania con sacrifici ha realizzato dieci anni fa quando il “malato d’Europa” era proprio Berlino? Avrà Monti il coraggio di opporsi davvero ai partiti e alle corporazioni, imboccando e percorrendo con coraggio la strada verso la crescita? Lo spero, ma ne dubito.

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Marco Ventura

Inviato di guerra e cronista parlamentare de Il Giornale, poi  collaboratore de La Stampa, Epoca, Il Secolo XIX, Radio Radicale, Mediaset e La7, responsabile di uffici stampa istituzionali e autore di  una decina fra saggi e romanzi. L’ultimo  "Hina, questa è la mia vita".  Da "Il Campione e il Bandito" è stata tratta la miniserie con Beppe Fiorello per la Rai vincitrice dell’Oscar Tv 2010 per la migliore  fiction televisiva. Ora è autore di "Virus", trasmissione di Rai 2

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