Il Brasile frena e la Fiat trema
Economia

Il Brasile frena e la Fiat trema

Mentre l’attenzione è concentrata su Chrysler e Mirafiori, il mercato più importante del gruppo torinese sta rallentando. E i profitti ne risentono

«La Fiat è un’azienda brasiliana che possiede qualche fabbrica sparsa per l’Europa». La vecchia battuta di un manager del Lingotto sarà tanto più vera dall’anno prossimo, quando dal nuovo stabilimento di Pernambuco (capacità produttiva di 250 mila vetture, che si aggiungono alle 950 mila previste per Betìm) usciranno le prime auto utili per consolidare la leadership della Fiat nel mercato brasiliano. Ed è proprio grazie al Brasile che in questi anni la Fiat ha compensato le perdite accumulate sul mercato europeo, in attesa di poter consolidare l’americana Chrysler ormai vicina alla quotazione in borsa.

Ma in Brasile andrà ancora così bene? Il primo allarme l’ha lanciato a inizio settembre Falck Frey, analista di Moody’s: «La domanda sta peggiorando a causa dell’aumento dei tassi di interesse, dell’inflazione e del debito delle famiglie». Lo stesso Frey, in un precedente report, aveva espresso perplessità sul piano triennale di espansione del Lingotto. «La crescita dell’offerta nei prossimi 2 -3 anni è destinata a superare la domanda con un probabile impatto sui profitti». Le vendite in Brasile per ora continuano a tirare, grazie anche a stimoli fiscali in via di esaurimento: nei primi 8 mesi del 2013 la Fiat ha mantenuto, con 513.300 vetture vendute, la leadership (il 21,9 per cento) in un mercato che si conferma il terzo al mondo con 2,3 milioni di auto all’anno. Ma nei primi 6 mesi, a fronte di ricavi in ascesa (5,3 miliardi di euro contro 5,2), il reddito operativo è sceso da 473 a 351 milioni di euro. I margini favolosi degli anni migliori, tra il 2005 e il 2007, quando su ogni vettura Fiat guadagnava tra il 15 e il 17 per cento, sono alle spalle. Sarà difficile mantenere la redditività del recente passato (attorno all’8-9 per cento). E l’effetto cambio, benefico negli anni del real forte, potrebbe regalare brutte sorprese in sede di consolidato, se la valuta brasiliana non recupererà posizioni dopo lo scivolone estivo (-12,5 per cento sul dollaro).

Insomma, tra Chrysler e Mirafiori, Sergio Marchionne ha problemi più impellenti del Brasile. Ma, parlando dell’aggiornamento dei target Fiat 2013 previsto per fine ottobre, il numero uno della Fiat ha detto che «ci sono segnali positivi e negativi». Facile che il Brasile appartenga alla seconda categoria. 

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Ugo Bertone