Facebook, le azioni precipitano ma la pubblicità ora funziona

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Economia

Facebook, le azioni precipitano ma la pubblicità ora funziona

Dopo una incoraggiante risalita, le azioni di Facebook tornano a scendere. La sfiducia è dovuta a una contrazione dell’utenza, ma nel frattempo i dati rivelano che sul fronte pubblicitario Facebook sta facendo passi da gigante

Se si prova a decifrare il percorso sinusoidale che le azioni di Facebook stanno compiendo dal giorno dell’IPO, magari sforzandosi di capire quale sia lo stato di salute finanziario del titolo di Menlo Park, c’è il rischio di diventare strabici. Il giorno della IPO (lo scorso 12 maggio) il titolo si è impennato, poi è ruzzolato giù di 11 punti percentuali, qui ha indugiato per un po’ per poi inabissarsi di nuovo sotto la soglia psicologica dei 30 dollari per azione. Verso la metà di giugno, però, il titolo è tornato a salire, recuperando 20 punti percentuali in due settimane. Ieri, infine, le azioni di Facebook si sono incagliate di nuovo e hanno perso otto punti percentuali in un solo giorno, trascinando con sé i titoli di Zynga, che hanno lasciato in borsa oltre il 5% del proprio valore.

Questa volta, la colpa sarebbe dell’autorevole analista Rory Maher, che nel suo report di ieri illustrava come Facebook negli ultimi sei mesi abbia perso l’1,1% della sua base di utenti, con il maggior numero di “perdite” contate sul territorio Europeo. L’effetto del report, secondo molti, è stato quello di seminare sfiducia tra gli investitori che sono corsi a sbarazzarsi delle azioni, intravedendo i prodromi di un collasso imminente.

E compiendo un errore. Se è vero infatti che il bacino di utenti attivi di Facebook si è ristretto negli ultimi mesi, questo non è necessariamente indice di un cattivo stato di salute dell'impero social di capitanato da Mark Zuckerberg. Per averne la prova, è sufficiente dare una scorsa ai dati usciti in queste ore riguardanti il comparto pubblicitario di Menlo Park.

Stando all’ultimo report trimestrale pubblicato dall’agenzia TBG Digital, il CPM (costo per mille impressioni, l’unità di misura per il valore di un ad pubblicitario) delle inserzioni su Facebook è aumentato del 58% rispetto a quello di un anno fa. In parole povere, questo significa che oggi, per un brand, è molto più appetibile pubblicare un ad sul social network rispetto a un anno fa. Sempre secondo il rapporto TGB, infatti, nell’ultimo anno la percentuale di click raccolta dalle pubblicità (CTR ) su Facebook è salita dell’11%.

Il merito è naturalmente della nuova strategia pubblicitaria di Facebook, focalizzata nell’offerta di ad sempre più mirati e personalizzati, dell’introduzione degli ad mobile, e in particolare delle Sponsored Stories che hanno registrato un aumento del CTR pari al 46%. Il dato interessante è che le Sponsored Stories hanno mostrato un CTR del 53% maggiore degli ad standard, mentre le inserzioni mobile su Facebook hanno dimostrato di saper coinvolgere l’utenza quattro volte meglio dei corrispettivi su Twitter.

Insomma, a giudicare da queste cifre la prognosi medica di Facebook è piuttosto incoraggiante. Certo, c’è stata una contrazione nel bacino d’utenza, ma non è detto che si tratti di un vero e proprio sintomo. Del resto, lo stesso Zuckerberg, nel documento S1 depositato in vista della IPO aveva ammesso di attendersi un simile calo: “Ci aspettiamo che il tasso di crescita della nostra utenza attiva diminuisca man mano che la nostra base di utenti attivi aumenta [...] a quel punto la nostra business performance diventerà sarà sempre più legata alla nostra abilità di massimizzare il coinvolgimento degli utenti...

Insomma, per riuscire a rimanere a galla nelle turbolenti acque di Wall Street quel che conta non è tanto trascinare sempre più utenti nel recinto, quanto piuttosto capitalizzare il più possibile la loro attività sulla piattaforma.  

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Fabio Deotto