Facebook, grosso guaio a Wall Street
Economia

Facebook, grosso guaio a Wall Street

Chissà che davvero Mark Zuckerberg non ci avesse visto giusto anche questa volta. I continui rimandi alla quotazione, probabilmente, erano solo una maniera subliminale per far intendere che la tanto auspicata ipo sarebbe stata fonte di problemi . L’esordio in Borsa dello scorso 18 maggio, infatti, sta per trasformarsi in un caso che, per certi aspetti, potrebbe segnare il futuro delle operazioni di Borsa.

E non solo perché il titolo ha perso il 30% dai 38 euro del giorno del debutto ai 26 di oggi. Ma soprattutto perché durante l’avvio delle contrattazione di Facebook il Nasdaq ha sofferto di numerosi inconvenienti tecnici che hanno interrotto per mezz’ora le comunicazioni fra i trader con il risultato di aver impedito agli investitori di comprare, vendere o anche solo sapere se i proprio ordini erano andati a buon fine.

L’elevatissimo numero di contrattazioni legate alla quotazione di Facebook, infatti, ha evidenziato i limiti tecnici del sistema del Nasdaq. Ma anche e soprattutto la falla nel regolamento che prevede un rimborso di soli tre milioni di dollari per inconvenienti tecnici.
Una goccia nel mare per un conto che, questa volta, è particolarmente salato e potrebbe andare oltre i 100 milioni di dollari inizialmente stimati per il black out delle comunicazione e i quaranta messi sul piatto dal Nasdaq come rimborso.

Secondo Knigh Capital Group, uno fra i principali gruppi di mediazione, le perdite subite dalla società ammontano a 35 milioni di dollari. Ed è per questa ragione che alle scuse e al piano di rimborso dal Nasdaq, Tom Joyce, amministratore delegato di Knight Capital Group, ha risposto con una presa di posizione che è anche una provocazione.

In una conferenza tenuta poche ore fa a New york, Joyce è andato già duro e ha dichiarato che i 40 milioni di dollari messi sul piatto da Omx Group - a cui il Nasdaq fa capo - “non sono la soluzione”. Parlando agli investitori e agli analisti, Joyce ha dichiarato che il Nasdaq “deve ritornare in riunione e uscirne con qualcosa di sensato”.

Mercoledì scorso, infatti, il Nasdaq aveva reso noto un piano di rimborso che prevede la restituzione di 13,7 milioni di dollari in contanti alle aziende di trading che hanno subito perdite, di cui 10,7 provenienti dai profitti messi a segno dal Nasdaq nel primo giorno di contrattazione e tre milioni relativi al rimborso massimo ammesso dal suo regolamento nel caso di inconvenienti tecnici. I rimanenti 26 milioni di dollari (per un totale complessivo di 40 milioni) saranno restituiti sotto forma di sconti alle operazioni di trading che, secondo le previsioni del Nasdaq, richiederanno fino a sei mesi di tempo per il completamento.

L’idea non è piaciuta neanche alla concorrente New York Stock Exchange che ha diffuso un comunicato in cui punta il dito contro il Nasdaq a cui attribuisce il fatto di aver tratto un vantaggio sleale dall’operazione. Nyse Euronex, che gestiste la Nyse, lamenta il fatto che il piano di Nasdaq impatterà sui suoi affari offrendo sconti alle contrattazioni. “Questo equivale a costringere l’industria a pagare per un errore del Nasdaq e potrebbe anche creare un pericoloso precedente e implicazioni di lungo termine per il mercato, gli investitori e l’interesse pubblico”.
Inoltre, se anche il piano del Nasdaq dovesse essere approvato dalla Sec, non è chiaro quanta parte dei 40 milioni andrà agli investitori. Non tutti, infatti, si qualificano per il rimborso che includerà ordini di vendita al prezzo pari o inferiore a 42 dollari che non sono stati eseguiti o che sono stati eseguiti a un prezzo inferiore e gli ordini di acquisto a 42 dollari che sono stati eseguiti, ma non confermati immediatamente.

Alle critiche piovute sul Nasdaq e alla minacciata class action dei piccoli investitori , nelle ultime ore si aggiunge anche l’inchiesta dell’organismo regolatore. La Security and Exchange Commission, infatti, sta raccogliendo testimonianze, pur senza aver voluto precisare quali saranno i prossimi passi.

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Stefania Medetti

Sociologa e giornalista, ho barattato la quotidianità di Milano per il frenetico divenire dell'Asia. Mi piace conoscere il dietro le quinte, individuare relazioni, interpretare i segnali, captare fenomeni nascenti. È per tutte queste ragioni che oggi faccio quello che molte persone faranno in futuro, cioè usare la tecnologia per lavorare e vivere in qualsiasi angolo del villaggio globale. Immersa in un'estate perenne, mi occupo di economia, tecnologia, bellezza e società. And the world is my home.

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