Decreto cultura, un "pugno di mosche"
Economia

Decreto cultura, un "pugno di mosche"

L'affondo di Roberto Cecchi, ex sottosegretario al ministero dei Beni Culturali, che ne riconosce le buone intenzioni ma anche i grossi limiti

Ve lo ricordate il decreto cultura ? Quello che puntava a investire sui giovani e sul patrimonio culturale italiano? Per alcuni è sembrato il segno lungimirante di un Governo attento a una delle risorse più importanti del nostro Paese. Ma per altri ha dei limiti davvero grossi.

Come per Roberto Cecchi, ex sottosegretario al Ministero dei Beni Culturali con il Governo Monti, che ha affidato le sue parole al sito di Italia Futura. Sebbene sia un "dispositivo che contiene passaggi interessanti come il fatto che si ricostituiscano a costo zero i Comitati tecnici scientifici, spazzati via dalla scure insipiente dei tagli lineari, lasciando l’amministrazione senza uno strumento indispensabile per decidere con consapevolezza".... Sebbene sia "rimarchevole che si siano trovate risorse per proseguire il lavoro di riassetto degli Uffizi e del museo della Schoa. E anche che si voglia dare una sistemata alla questione delle fondazioni lirico-sinfoniche e che si renda strutturale la tax credit per il cinema...", il decreto si traduce però solo in una serie di "buone volontà".

In realtà è un "pugno di mosche" per i giovani, "sposta risorse a discapito di altri settori", è il solito "barcamenarsi tutt'altro che risolutivo".

Cecchi nel suo editoriale sottolinea come il testo del decreto non vada oltre l'intento di una buona volontà e di come si resti invece "lontanissimi dall'affrontare e risolvere i problemi veri: da quello del sistema degli incentivi pubblici che deve essere razionalizzato e reso credibile a quello ormai critico di Pompei dove è l'impianto nel suo complesso che non convince".

Il punto debole del decreto? "Il criterio per cui il riassetto di un settore non può avvenire a scapito di altri. Più deboli e più indifesi".

Di più: "Quello che non convince sono i 500 giovani per la cultura ovvero i 2,5 milioni di euro per proseguire le attività di digitalizzazione del patrimonio culturale… 2,5 milioni diviso 500 fa la bella cifra di 5.000 euro l'anno che poi, tolte le tasse, al mese fanno un pugno di mosche".

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Leggi l'articolo integrale su Italia Futura: Cultura: "si fa quel che si può" non basta più

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