Come funziona la bad bank comune di Intesa Sanpaolo e UniCredit
SERGIO OLIVERIO / Imagoeconomica
Economia

Come funziona la bad bank comune di Intesa Sanpaolo e UniCredit

Le due banche annunciano un accordo con il fondo americano Kkr e i consulenti A&M (gli stessi che si occuparono del fallimento di Lehamn Brothers) per creare un veicolo in cui convogliare fino a 2 miliardi di crediti deteriorati

UniCredit e Intesa Sanpaolo ufficializzano la creazione di una bad bank comune dove convogliare i crediti ristrutturati.

Le due principali banche italiane, in un comunicato congiunto diffuso martedì mattina, hanno annunciato la firma di un memorandum of understanding assieme ai consulenti di Alvarez & Marsal (gli stessi che seguirono il fallimento di Lehman Brothers e la ricostruzione di New Orleans dopo l'uragano Katrina per conto della Casa Bianca) e al fondo privato americano Kkr (94,5 miliardi di dollari di asset in gestione).

L'obiettivo è sviluppare e realizzare insieme una "soluzione innovativa finalizzata a ottimizzare le performance e massimizzare il valore di un selezionato portafoglio di crediti in ristrutturazione attraverso la gestione attiva degli asset e l’apporto di nuove risorse finanziare".

Il comunicato, però, non aggiunge altro: le quattro società specificano che "la formazione e l'operatività della partnership sono ancora oggetto di discussione e verifica tra le parti" e che "ulteriori dettagli verranno resi noti con il progredire dell'operazione".

Stando a indiscrezioni, la nuova società potrebbe essere operativa dopo l'estate.

Per ora, quindi, si tratta solo di una dichiarazione di inizio lavori fatta al mercato, anche se quello che si apre, a parere unanime degli esperti, è un percorso inedito per la risoluzione del problema dei crediti difficili che appesantisce i bilanci delle banche italiane.

In particolare dei due colossi nazionali del credito: UniCredit, stando al piano strategico 2013 - 2018 presentato in occasione del bilancio 2013 (chiuso con una maxi perdita di 14 miliardi di euro), ha individuato un portafoglio non core di 87 miliardi di euro (composto per due terzi da crediti deteriorati) con l'intenzione di ridurlo del 63% entro il 2018, mentre Intesa Sanpaolo (che ha chiuso il 2013 con un rosso di oltre 4,5 miliardi) ha annunciato nel piano industriale 2014 - 2017 la creazione di una bad bank interna pronta ad accogliere 46 miliardi di euro tra sofferenze e asset non strategici, con l'obiettivo di dimezzarlo entro il 2017.

Considerando l'ammontare totale dei crediti deteriorati in pancia ai due big nazionali, quindi, la bad bank comune avrà dimensioni piuttosto contenute, con una capacità di accogliere fino a un massimo di 2 miliardi di euro in esposizioni ristrutturate, quelle in cui sono state rinegoziate le condizioni contrattuali del cliente in difficoltà, magari allungando la durata del prestito o riducendo gli interessi.

Il meccanismo su cui stanno lavorando le quattro parti in causa, come indicano fonti vicine al dossier riportate dall'agenzia Radiocor, riguarderà difatti solo i crediti di una dozzina di medie imprese del settore industriale e dei servizi, mentre saranno esclusi dal perimetro dell'operazione l'immobiliare e le holding finanziarie.

L'idea di base è quella di far confluire i crediti in una newco o in un veicolo (la scelta è ancora da definire) di cui gli unici due azionisti saranno Kkr, in un ruolo maggioritario, e in misura decisamente minore Alvarez & Marsal.

La nuova società (o il veicolo) si occuperà poi di rilanciare le aziende prescelte, che non dovranno comunque trovarsi in una situazione di crisi grave, con un'eventuale iniezione di capitale, un processo di ristrutturazione e riorganizzazione, anche a livello di governance e probabili cessioni di asset.

I due istituti diventerebbero così creditori della bad bank: manterrebbero i crediti deteriorati sui propri libri, ma il soggetto debitore non saranno più le singole aziende in difficoltà, ma la nuova società partecipata da Kkr e A&M, che potrebbe anche decidere di seguire la strada della cartolarizzazione.

Le banche, in quest'ultimo caso, riceverebbero dei titoli a fronte dei loro crediti, con tranche senior e junior che verrebbero ripagate con priorità diverse.

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Massimo Morici

Scrivo su ADVISOR (mensile della consulenza finanziaria), AdvisorOnline.it e Panorama.it. Ho collaborato con il settimanale Panorama Economy (pmi e management) e con l'agenzia di informazione statunitense Platts Oilgram (Gas & Power).

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