Auto, ecco i numeri della crisi
Economia

Auto, ecco i numeri della crisi

Nel giorno in cui il ministro Zanonato incontra gli operatori di settore, in Italia si vendono meno vetture del ’79 e se ne fabbricano come nel ‘58

Dal punto di vista dell’immagine, lo smacco più grande che ha subito quest’anno il mercato dell’auto in Italia è stato certamente  l’annulllamento del Motor Show di Bologna. Dopo 37 anni di storia gloriosa la kermesse si è dovuta arrendere infatti di fronte al rifiuto di tutti i marchi più importanti a voler partecipare all’evento. Dietro a questo indiscutibile colpo di immagine però, c’è ovviamente un problema molto più pratico, rappresentato dalla crisi di un settore che dura ormai dal 2007 e che è riassumibile in poche, quanto emblematiche cifre.

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Le immatricolazioni registrano un calo costante ormai da circa 40 mesi. Gli ultimi dati negativi sono quelli di settembre, che ha fatto segnare un -2,9% di vendite rispetto allo stesso periodo del 2012. Ma se si allunga lo sguardo verso il passato, lo scenario appare se possibile ancora più desolante. Rispetto al 2007 infatti, anno di inizio della crisi del settore, il mercato ha subito una flessione del 55%. Quest’anno, se tutto andrà bene, si stima che verranno vendute appena 1,3 milioni di vetture, ossia un numero di immatricolazioni pari a quello registrato nel nostro Paese nel 1979.

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E se la prospettiva poi è quella strettamente industriale e produttiva, il salto nel passato si fa ancora più lungo e preoccupante. Per ritrovare infatti le 400mila vetture che complessivamente si produrranno nel 2013 in Italia, bisogna tornare indietro addirittura al 1958. Il segno più evidente che siamo di fronte ormai ad una crisi epocale di un comparto che deve trovare il modo di rifondarsi. E non è un caso allora che proprio oggi il ministro dello Sviluppo economico Flavio Zanonato, abbia convocato tutti gli operatori del settore, con Fiat in testa, per provare a ragionare su una possibile strategia di uscita dalla crisi.

Un obiettivo ambizioso, ma quanto mai auspicabile, anche perché l’alternativa potrebbe essere la totale scomparsa dell’automotive in Italia. E questo sarebbe uno smacco non più solo di immagine, ma con ricadute sociali e finanziarie inimmaginabili per un Paese in cui l’industria dell’auto è stata uno dei pilastri fondamentali dell’economia nazionale.

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Giuseppe Cordasco

Sono nato e cresciuto ad Aarau nel cuore della Svizzera tedesca, ma sono di fiere origini irpine. Amo quindi il Rösti e il Taurasi, ma anche l’Apfelwähe e il Fiano. Da anni vivo e lavoro a Roma, dove, prima di scrivere per Panorama.it, da giornalista economico ho collaborato con Economy, Affari e Finanza di Repubblica e Il Riformista.

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