Ocse-Goldman Sachs: l'Italia si riprende o no?
Economia

Ocse-Goldman Sachs: l'Italia si riprende o no?

I dati Ocse parlano ancora di recessione mentre la banca d'affari Usa  crede nel rilancio del 2013. Ecco perché hanno entrambe ragione

Chiariamoci un po’ le idee. L’Ocse dice che il Pil italiano resterà in crisi respiratoria sino al 2013 e che soltanto l’anno dopo aumenterà di un miserrimo 0,6 per cento. Allo stesso tempo la grande banca d’affari americana Goldman Sachs annuncia che la grande sorpresa positiva dell’economia europea del 2013 sarà l’Italia. Torna il sorriso, ma sarà vero? Due notizie opposte giunte insieme nello stesso giorno. E tutti ormai sappiamo che quando ci si addentra nel territorio delle previsioni economiche è come se camminassimo nella terra di tutti e di nessuno. Dunque, un po’ di aiuto alla comprensione a questo punto è necessario.

Chi ha ragione? Goldman Sachs o l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico? Cosa dobbiamo aspettarci davvero davanti al premier Mario Monti, che con il celebrato aplomb britannico dice che “potrebbe non essere garantita la copertura della spesa sanitaria ”?

Se quello del premier è forse un messaggio trasversale alle regioni (da cui la spesa sanitaria di fatto dipende) affinché stringano i cordoni della borsa e una furbizia prima di introdurre nuove misure di austerity, le previsioni economiche meritano un approfondimento. Gli economisti italiani in linea generale concordano che quelle di Monti, pensioni a parte, siano riforme a metà: pasticciate e bloccate dal parlamento, in particolare quelle che riguardano le liberalizzazioni. Dunque, per una Goldman Sachs che promuove il “suo” Mario Monti, restano non poche scuole di pensiero ancora scettiche sulla reale efficacia delle riforme a breve termine. E di conseguenza meno ottimiste sul futuro, come i dati Ocse.

Ma partiamo da una considerazione condivisibile. Guardando al rapporto sugli scenari macroeconomici 2013/2014, il presidente ed economista della banca Usa Jim O’Neill dice che l’economia italiana sconta un sentimento negativo ingiustificato, che l’ha penalizzata sin dall’inizio la crisi del debito sovrano a causa della sua vicinanza con Grecia e Spagna. Vero. Perché le banche e i risparmi degli italiani sono (o almeno erano prima della crisi del lavoro e dell’inasprimento fiscale) più solidi. “Ma le variabili sono troppe per cantare vittoria” spiega Andrea Giuricin, docente di economia all’Università Bicocca ed economista dell’Istituto Bruno Leoni. “Forse Goldman Sachs sa qualcosa che noi non sappiamo, ma organizzazione come Fmi e Ocse hanno certamente le stesse informazioni sui possibili salvataggi o scenario europei. Personalmente, preferisco basare le mie analisi sui dati concreti del Fondo monetario o dell’Organizzazione per lo sviluppo, perché sono certamente più indipendenti e svincolate da qualsiasi conflitto di interesse”.

Ecco. Le previsioni Ocse dunque, sono quelle che ci dicono che la recessione italiana continuerà, rivedendo al ribasso le stime per il 2012 e il 2013 con una contrazione rispettivamente del 2,2 e dell’1 per cento, contro il -1,7 e -0,4 per cento stimato nel maggio scorso. “Questa crescita debole metterà ulteriore pressione negativa su occupazione, salari e prezzi” hanno spiegato gli analisti da Parigi. E con riferimento al mercato del lavoro, per fine anno è previsto un tasso di disoccupazione al 10,6 per cento che salirà all’11,4 nel 2013.

A dispetto delle considerazioni finali, ci sono però alcuni punti su cui i rapporti Ocse e Goldman Sachs convergono: Il primo è l’apprezzamento per le “impressionanti misure” e sforzi che il governo Monti è riuscito ad applicare. Il secondo sono i nodi critici su cui è ancora necessario intervenire: gli investimenti per la competitività nel mercato del lavoro (L’Italia è l’unico Paese del sud Europa a non averlo ancora fatto) e lo sblocco della stretta del credito, che sta mettendo in difficoltà le piccole e medie imprese italaine (il 94,6% del totale).

Con tasse, disoccupazione e le banche che hanno ridotto i prestiti a organizzazioni non finanziarie di circa 14 miliardi infatti, è ben difficile immaginare un’ottimistica ripresa. Anche il nuovissimo indice Slim Factor a cura di Assirm, appena presentato e istituito da Confindustria per misurare la competitività italiana dice che il Paese è a un bivio tra ripresa e stagnazione. Ma la verità è che al momento non è così univocamente chiaro quale strada prenderà.

“Quello che Goldman Sachs fa quando dice che la sorpresa del 2013 sarà l’Italia, è in realtà una scommessa sul valore del Paese come investimento” sottolinea Francesco Daveri, docente di economia a Parma ed analista del “pensatoio” economico Lavoce.info. "La banca Usa confida e forse sa che presto saranno ultimati i passaggi che ancora mancano per il Fondo salva stati e l’attuazione del piano del presidente della Bce Mario Draghi , e che presto la Spagna potrebbe chiedere gli aiuti alla banca centrale europea per salvarsi senza aumentare il suo debito. Questo avrebbe un impatto immediato sullo spread, con conseguenze positive sulla stabilità del nostro Paese e il rilancio dell’economia”.

Ormai lo sanno anche i sassi: spread più basso vuol dire meno interessi sul debito da pagare. Titoli di Stato più solidi per gli investitori e interessi minori da scontare per le aziende che fanno ricorso al credito. Un bel quadro questo, confermato appunto dal rapporto di Goldman nel punto in cui afferma che  “si prevede una buona performance del mercato azionario italiano in seguito a un aumento dell'appetito per il rischio da parte degli investitori”. L'Italia è infatti inserita insieme con Russia, Cina e Brasile tra i mercati più interessanti su cui puntare. Soprattutto a causa del mutato contesto dell’Unione Europea, ora improntato a “un maggiore ottimismo visto che rischio di uno scenario estremo si è ridotto”. “Il merito di questo va soprattutto alle iniziative prese dalla Banca Centrale guidata da Mario Draghi, oltre che del successo dell'implementazione di riforme di austerity” ha spiegato O’Neill. E detto da una banca d’affari che in agosto si era sbarazzata dei titoli di stato italiani , fa comunque impressione.

L’Austherity ha però pregi e difetti” continua Daveri. “E anche se siamo tutti d’accordo sul fatto che una piccola ripresina sia attesa a metà del 2013, non è il caso di stare a sindacare su un aumento dello 0,2 per cento o meno” che non sarà certo sufficiente ad assorbire la crisi ed è comunque soggetto a troppe variabili.

“Si avvicinano ad esempio le elezioni in Germania: la coalizione vincente sarà favorevole all’export italiano?” insiste Giuricin. “E Cina, Russia e Brasile continueranno a crescere o rallenteranno? Se cresceranno per le nostre aziende ci sarà un mercato, altrimenti…” Sia Giuricin che Daveri convergono poi sul considerare le riforme attuate da Monti purtroppo “zoppe”. “Prendiamo ad esempio l’Ace (aiuto alla crescita economica): di per sè si stratta di un provvedimento positivo, ma per avere incentivi e sgravi le aziende devono essere in attivo… Quante oggi lo sono o possono permetterselo” sottolinea Daveri. Per poi insistere ancora sulla liberalizzazioni mancate: “Lo scorporo della Snam da Eni è stato rimandato. I notai sono aumentati di numero ma le parcelle non sono diminuite. I farmacisti sono cresciuti, ma non si è abbassato il costo dei farmaci e così via”.

Con cosa dovremo ancora pagare la ripresina, se ci sarà, nel 2013?

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Antonella Bersani

Amo la buona cucina, l’amore, il mirto, la danza, Milan Kundera, Pirandello e Calvino. Attendo un nuovo rinascimento italiano e intanto leggo, viaggio e scrivo: per Panorama, per Style e la Gazzetta dello Sport. Qui ho curato una rubrica dedicata al risparmio. E se si può scrivere sulla "rosea" senza sapere nulla di calcio a zona, tennis o Formula 1, allora – mi dico – tutto si può fare. Non è un caso allora se la mia rubrica su Panorama.it si ispira proprio al "voler fare", convinta che l’agire debba sempre venire prima del dire. Siamo in tanti in Italia a pensarla così: uomini, imprenditori, artisti e lavoratori. Al suo interno parlo di economia e imprese. Di storie pronte a ricordarci che, tra una pizza e un mandolino, un poeta un santo e un navigatore e i soliti luoghi comuni, restiamo comunque il secondo Paese manifatturiero d’Europa (Sì, ovvio, dietro alla Germania). Foto di Paolo Liaci

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