Sanità: ecco come, dove e perché si può tagliare
Pierluigi Tolot
Economia

Sanità: ecco come, dove e perché si può tagliare

La spesa era fuori controllo fino al 2006. Oggi il deficit è concentrato in 3 Regioni e, per risparmiare, bisogna agire su quelle autonome

Nell’ultima versione della legge di stabilità il governo chiede alle Regioni un taglio di circa 4 miliardi di euro. Immediata la protesta di queste ultime secondo le quali, essendo i bilanci regionali all’80% costituiti dalla spesa sanitaria, sarà fatale ridurre proprio queste uscite diminuendo i servizi per i cittadini.

Nel grafico in alto è riassunto l’andamento della spesa santitaria di tutte le regioni italiane in modo da verificare a colpo d’occhio se la spesa sia aumentata o sia diminuita per cercare di capire se possa essere ridotta (ammesso e non concesso, ovviamente, che non ci siano altri comparti della spesa pubblica locale da poter ridurre).

La spesa sanitaria corrente delle Regioni è passata tra il 2002 e il 2013 da 78,977 miliardi di euro a 109,260 miliardi che corrisponde ad un tasso di crescita annuo del 3% in media. Per avere un’idea: nello stesso periodo il Pil dell’Italia è cresciuto mediamente ogni anno dell’1,7% perciò, in termini di rapporto al Pil, la spesa sanitaria è passata dal 6,1% del 2002 al 7% nel periodo 2010-2013. Tuttavia si tratta di medie: la spesa sanitaria cresce molto più velocemente tra il 2002 e il 2006 (5,8%) mentre scende (0,4%) tra il 2010 e il 2013. Come mai? A far salire la spesa corrente sono stati soprattutto gli interventi di ripianamento dei bilanci sanitari regionali intervenuti nel 2004 e nel 2005 quando lo Stato spese 4 miliardi in tutto per evitare il default delle Regioni troppo "spendaccione". Nonostante questo nel 2006 il deficit strutturale sanitario restava comunque pari a 6 miliardi 3,8 dei quali concentrati nel Lazio, Campania e Sicilia. Nel 2006 si è deciso di firmare i cosiddetti “piani di rientro” (confermati negli anni successivi) per le regioni che avevano dimostrato di non riuscire a tenere sotto controllo la spesa sanitaria. Questi “patti” hanno raggiunto il loro scopo tanto è vero che, secondo il rapporto sulla spesa sanitaria del ministero dell’Economia, la maggior parte del calo della spesa è imputabile proprio all’implementazione dei piani di rientro da parte delle Regioni a rischio default.

A incrementare di più la spesa sanitaria sono comunque le regioni autonome verso le quali lo Stato non ha possibilità di intervento legislativo. Infatti tra il 2002 e il 2010 queste hanno fatto registrare un incremento della spesa del 4,4%-4,6% ogni anno. L’effetto è che ancora oggi il 47% del disavanzo complessivo della spesa sanitaria è in capo proprio alle Regioni autonome. Questo significa che se si volesse intervenire seriamente per abbassare la spesa mantenendo i servizi, basterebbe ridurre la crescita (o, meglio, bloccarla) delle sole Regioni autonome.


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