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Economia

Il manifatturiero difende l'export italiano. Ma il problema è la produttività

Siamo diventati il quinto Paese al mondo per surplus commerciale dietro Cina, Germania, Giappone e Corea. Il tema della bassa produttività resta però il cruccio della nostra economia

Nel 2017 la produttività del lavoro in Italia è tornata a crescere ma non abbastanza da recuperare il forte calo del 2016. Siamo ancora sui livelli del 2013 mentre in Francia e Spagna la produttività del lavoro è salita del 3 per cento e in Germania di quasi il 5. Quindi, malgrado il rimbalzo del 2017, il tema della bassa produttività resta un grave problema per l'economia italiana.

Il deficit della produttività

Dal 1998, la produttività è cresciuta del 24,4 per cento in Germania, del 19,4 in Francia e 17 in Spagna, mentre in Italia l'aumento è stato di appena il 4. Due settori produttivi (costruzioni e servizi professionali, amministrativi e di supporto) incidono negativamente su queste tendenze. Se li escludiamo, la crescita cumulata della produttività dal 1998 migliora dal 4 all'11,4 per cento, un valore ancora inferiore rispetto alle altre economie europee, ma non così negativo come il valore totale.

Il deficit di produttività delle costruzioni è un problema mondiale, ma nel caso italiano è accentuato dalla maggiore rilevanza degli interventi di manutenzione e ristrutturazione sul fatturato totale. L'andamento calante della produttività nei servizi professionali e di supporto (-31,8 per cento rispetto al 1998) è più peculiare. Probabilmente, in questo comparto sono presenti attività caratterizzate da eccesso strutturale di offerta o legate a settori in crisi (edilizia), ma anche a maggior rischio di evasione fiscale e, quindi, di sottostima del valore aggiunto prodotto.

I benefici della concorrenza internazionale

Non stupisce che nei settori aperti alla concorrenza internazionale, come il manifatturiero, il deficit di produttività sia meno evidente. Fra il 1998 e il 2017, infatti, l'industria ha registrato una crescita cumulata del 22,8 per cento. Ancor meglio ha fatto l'agricoltura con un incremento del 25,4. La concorrenza ha fatto bene al nostro settore industriale, tanto che la capacità di esportare è cresciuta sino a raggiungere il 47 per cento del fatturato. Le nostre imprese, offrendo prodotti altamente competitivi, sono state anche in grado di limitare l'arrivo sul nostro mercato di merci straniere. Siamo diventati il quinto Paese al mondo per saldo di bilancia commerciale del manifatturiero, con un surplus di 100 miliardi di dollari, dietro Cina, Germania, Giappone e Sud Corea.

Anche il settore industriale comunque deve accelerare sul fronte della produttività. Lo sviluppo del paradigma produttivo di Industria 4.0 e i relativi Piani del governo possono essere la strada per essere più competitivi e generare quindi anche più posti di lavoro, basandosi sulle competenze e non semplicemente sui costi. Sull'utilizzo di queste nuove tecnologie siamo potenzialmente sullo stesso piano di altri Paesi, perché sono nuove per tutti, e possiamo quindi recuperare le posizioni perse nel recente passato. Ma l'industria italiana ha qualche carta in più.
Industria 4.0 è un'occasione per rafforzare le sue capacità di produrre in piccole serie e con prodotti customizzati, di gestire in modo più efficiente i tradizionali e fitti rapporti di filiera tra tante piccole e medie imprese, di valorizzare le competenze nella meccatronica e robotica, di valorizzare le eccellenze del sistema universitario nel campo dell'ingegneria e della scienza.

Devono essere peraltro soddisfatti alcuni prerequisiti, che richiedono importanti investimenti: ci occorre una maggiore dotazione di capitale umano con queste competenze, coinvolgendo sia la scuola (istituti tecnici, professionali e università) che la formazione aziendale e poi una maggiore capacità di banda per connettere le imprese al mercato. La trasformazione verso un modello di "impresa 4.0" non significa solo effettuare spese (in macchinari, formazione, ecc), ma anche un cambiamento rilevante nell'organizzazione aziendale che sfrutti le opportunità del digitale. La prossimità geografica, presente nei distretti industriali italiani, può essere uno strumento per imparare prima che altrove come si diventa concretamente "4.0", con un processo di imitazione delle imprese del territorio e di evoluzione delle soluzioni già presenti sul mercato. �


(Articolo pubblicato sul n° 20 di Panorama, in edicola dal 3 maggio 2018 con il titolo "È il manifatturiero a difendere il nostro export)

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Gregorio De Felice

Gregorio De Felice è chief economist Intesa Sanpaolo

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