Morto Antoine Bernheim, l'uomo che ebbe il coraggio di rompere con Enrico Cuccia
Economia

Morto Antoine Bernheim, l'uomo che ebbe il coraggio di rompere con Enrico Cuccia

All'età di 87 anni scompare il banchiere, finanziere e assicuratore francese che ha guidato per anni le Generali

Il destino ha voluto che appena tre giorni dopo la defenestrazione di uno dei suoi pupilli , Giovanni Perissinotto, lui, Antoine Bernheim, uscisse per sempre di scena. All’età di 87 anni il banchiere, finanziere, assicuratore francese è morto a Parigi dopo aver passato tutta la vita nel cuore della migliore finanza europea, compresa quella italiana.

E in Italia Bernheim significa Generali, la compagnia di Trieste che ha guidato per anni da presidente insieme con Giovanni Perissinotto e Sergio Balbinot. In Generali il finanziere francese è entrato addirittura nel 1973 per non uscirne mai più. Nel 1999, da presidente, si consuma la rottura clamorosa con il presidente di Mediobanca, Enrico Cuccia, che è, ancora oggi, il maggiore azionista del Leone triestino.

Il motivo è, come spesso accade nei felpati salotti finanziari, di gelosia: l’enfant prodige Gerardo Braggiotti, braccio destra di Cuccia, lascia la banca e va a lavorare alla Lazard, la boutique finanziaria francese della quale Bernheim era il nume tutelare e da dove ha diretto le danze delle grandi banche e delle grandi imprese continentali come consigliere, avvocato d’affari, banchiere per oltre 40 anni allevando imprenditori come Bernard Arnault, Francois Pinault e Vincent Bollorè, che poi introdusse in Mediobanca come azionista e che fu, fino quasi alla fine della sua parabola, suo fedele alleato.

La cacciata fu traumatica, ma la lontananza di Bernheim da Trieste si limitò a pochi anni. Nel 2002 torna alla presidenza per restarci fino al 2010 quando viene nominato presidente onorario, carica che ricopriva ancora. Da questa posizione incrociò le lame con quello che considerava la minaccia peggiore alla sua poltrona, cioè con Cesare Geronzi, allora presidente di Mediobanca.

La stima di sé è sempre stata leggendaria. In una delle sue ultime interviste, concessa proprio a Panorama nel 2010, a proposito della sua cacciata del 1999 e del successivo ritorno, Bernheim disse:  "Nel 1999 fui costretto a lasciare la presidenza delle Generali. Allora in borsa valeva 43 euro. Quando, nel 2002, mi venne chiesto di tornare, valeva 14. In questi 5 anni, senza modificare l'assetto manageriale, abbiamo trasformato la società”.

L'INTERVISTA DI PANORAMA AD ANTOINE BERNHEIM

E poi, a proposito della sua successione, aggiunse: “A questo proposito sono totalmente d'accordo con il presidente della Mediobanca, Cesare Geronzi: il prossimo presidente delle Generali dovrà essere esecutivo, conosciuto e pieno di prestigio in tutti i mercati nei quali la compagnia lavora”.

Alla fine Geronzi riuscì a sotituirlo alla presidenza prima di lasciare il posto, dopo appena 11 mesil, nell’aprile del 2011, a Gabriele Galateri di Genola.

I più letti

avatar-icon

Marco Cobianchi

Sono nato, del tutto casualmente, a Milano, ma a 3 anni sono tornato a casa, tra Rimini e Forlì e a 6 avevo già deciso che avrei fatto il giornalista. Ho scritto un po' di libri di economia tra i quali Bluff (Orme, 2009),  Mani Bucate (Chiarelettere 2011), Nati corrotti (Chiarelettere, 2012) e, l'ultimo, American Dream-Così Marchionne ha salvato la Chrysler e ucciso la Fiat (Chiarelettere, 2014), un'inchiesta sugli ultimi 10 anni della casa torinese. Nel 2012 ho ideato e condotto su Rai2 Num3r1, la prima trasmissione tv basata sul data journalism applicato ai temi di economia. Penso che nei testi dei Nomadi, di Guccini e di Bennato ci sia la summa filosofico-esistenziale dell'homo erectus. Leggo solo saggi perché i romanzi sono frutto della fantasia e la poesia, tranne quella immortale di Leopardi, mi annoia da morire. Sono sposato e, grazie alla fattiva collaborazione di mia moglie, sono papà di Valeria e Nicolò secondo i quali, a 47 anni, uno è già old economy.

Read More