Lo Steve Jobs cinese si chiama Lei Jun e la sua Apple è Xiaomi
Economia

Lo Steve Jobs cinese si chiama Lei Jun e la sua Apple è Xiaomi

Condividono la passione per la tecnologia, lo stile minimalista fatto di jeans e maglietta nera e un patrimonio milionario

Probabilmente, in Italia sono in pochi ad averlo anche solo sentito nominare. In patria, però, Lei Jun è considerato la risposta cinese al compianto Steve Jobs.

In effetti, i due hanno parecchio in comune: innanzitutto, Lei Jun guida un'azienda specializzata in alta tecnologia e in forte crescita, la Xiaomi, di cui possiede un terzo delle azioni. Con il guru della Apple, Lei Jun condivide anche lo stesso stile: minimalista, che si esprime attraverso la tipica combinazione di jeans e maglietta nera. Infine, cosa che per i cinesi conta molto, entrambi a poco più di quarant'anni hanno raggiunto il traguardo di diventare miliardari.

A 43 anni, infatti, Lei Jun è stato incluso nella lista dei quattrocento uomini più ricchi della Cina compilata annualmente dalla rivista specializzata in economia (e in classifiche) Forbes. Il suo patrimonio è stimato in un miliardo e mezzo di dollari, quasi il doppio dell'anno scorso (quando possedeva solamente 800 milioni). Alla stessa età, il suo modello americano guadagnava il suo primo miliardo: correva l'anno 1998 e Steve Jobs non aveva ancora lanciato l'iPod, il prodotto che avrebbe riportato Apple sulla cresta dell'onda.

La carriere del neo-miliardario cinese è iniziata nel 1997, quando entrò nella Kingsoft. SI trattava di una società informatica specializzata nella programmazione di anti-virus. Lei Jun detiene ancora il 12% per cento del pacchetto azionario dell'azienda, che vale circa 60 milioni di dollari. Più tardi, fondò la Joyo, società di vendita al dettaglio tramite un sito internet, che è stata ceduta nel 2004 ad Amazon per 75 milioni. È anche entrato come socio azionario in varie compagnie informatiche che stanno registrando ottimi risultati in Oriente.

Le fortune di Lei Jun derivano però soprattutto dal successo che la Xiaomi sta avendo nel settore della telefonia mobile. In Cina circolano ben tre milioni di cellulari del marchio, che stanno spopolando fra i giovani perché offrono prestazioni altamente tecnologiche a basso costo. Il modello di punta, il MI-One, viene smerciato praticamente a prezzo di costo, mentre la Xiaomi lucra su contenuti e applicazioni, secondo un modello commerciale che ha sancito il successo dell'iPhone.

L'obiettivo di Xiaomi, ora, è di uscire dal mercato cinese per affacciarsi su quello globale. Il primo passo sarà quello di rafforzare l'immagine del marchio attraverso campagne pubblicitarie mirate – del resto, questo è stato uno dei segreti del successo dei prodotti Apple lanciati da Steve Jobs. Uno volta che il marchio sarà adeguatamente noto, arriverà il momento dello sbarco in India e negli altri Paesi dell'Asia Orientale come Corea, Vietnam e Filippine. Il passo successivo? Il mondo intero. Del resto, come ama ripetere lo Steve Jobs d'Oriente, "i cellulari non hanno problemi di nazionalità". E possono parlare qualsiasi lingua...

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Claudia Astarita

Amo l'Asia in (quasi) tutte le sue sfaccettature, ecco perché cerco di trascorrerci più tempo possibile. Dopo aver lavorato per anni come ricercatrice a New Delhi e Hong Kong, per qualche anno osserverò l'Oriente dalla quella che è considerata essere la città più vivibile del mondo: Melbourne. Insegno Culture and Business Practice in Asia ad RMIT University,  Asia and the World a The University of Melbourne e mi occupo di India per il Centro Militare di Studi Strategici di Roma. Su Twitter mi trovate a @castaritaHK, via email a astarita@graduate.hku.hk

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