Salari: come funzionano gli aumenti in busta paga. E come vorrebbero cambiarli il governo e Confindustria
Economia

Salari: come funzionano gli aumenti in busta paga. E come vorrebbero cambiarli il governo e Confindustria

In Italia gli stipendi crescono con gli scatti di anzianità e in base all'inflazione attesa. Ma le cose potrebbero cambiare, per accrescere la produttività del lavoro

Un nulla di fatto. E' questo l'esito dell'incontro di ieri tra i rappresentanti delle imprese e i leader dei maggiori sindacati, che si è svolto presso la sede di Confindustria. Il negoziato va avanti da mesi e ha come tema di discussione la produttività del lavoro, che in Italia è troppo bassa e avrebbe bisogno di essere incentivata, per far ripartire la crescita economica.

LA SCARSA PRODUTTIVITA' DEL LAVORO IN ITALIA

Proprio per stimolare la produttività, il governo ha messo sul piatto almeno 1,6 miliardi di euro , per detassare gli incentivi salariali delle aziende. L'erogazione di queste risorse, però, è subordinata al raggiungimento di un accordo tra le parti sociali (Confindustria, i sindacati e le altre associazioni di categoria), per rafforzare i contratti di lavorosiglati nelle singole imprese, che  potrebbero sostituire in parte gli accordi collettivi nazionali, proprio allo scopo di stimolare la produttività. L'obiettivo è di adattare meglio gli orari di lavoro, le ferie e soprattutto gli aumenti di stipendio alle esigenze di ogni singola azienda e ai risultati ottenuti dai dipendenti.

Sugli stipendi, però, si gioca una delle partite più importanti del negoziato, in cui si sono creati, ancora una volta, due fronti contrapposti. Da una parte, le imprese e il governo vorrebbero attenuare alcuni automatismi di crescita dei salari che oggi, secondo il ministro dello Sviluppo Economico, Corrado Passera e la sua collega al welfare Elsa Fornero , in Italia dipendono troppo dall'anzianità di carriera dei lavoratori o dalle aspettative d'inflazione, cioè da fattori slegati dalla reale produttività dei dipendenti.

IL NEGOZIATO TRA IMPRESE E SINDACATI SULLA PRODUTTIVITA'

Sul fronte opposto ci sono invece i sindacati, e in particolare la Cgil di Susanna Camusso, che  difendono in parte i meccanismi attuali, temendo che il potere di acquisto delle retribuzioni possa essere seriamente compromesso, se gli adeguamenti all'inflazione saranno modificati o ridotti. Per capire i punti più controversi del negoziato, occorre però conoscere come funzionano oggi in Italia gli aumenti degli stipendi e perché, secondo il governo e le imprese, c'è bisogno di un cambiamento.

GLI SCATTI DI ANZIANITA'.

Innanzitutto, i contratti collettivi di lavoro nazionali prevedono che i dipendenti delle aziende ricevano un aumento automatico di stipendio man mano che cresce la loro anzianità di servizio, indipendentemente dalle mansioni che svolgono o dalle performance che ottengono sul lavoro. La dinamica e l'ammontare degli scatti di anzianità viene stabilita dai singoli contratti collettivi nazionali. Nell'industria, per esempio, gli accordi negoziali prevedono uno scatto di anzianità ogni due annimentre nel commercio ci sono 10 adeguamenti salariali automatici nel corso di tutta la carriera, con il primo che parte dopo 3 anni di servizio. I premi per l'anzianità sono sempre stati ritenuti un giusto riconoscimento ai dipendenti più fedeli all'impresa i quali, acquisendo maggiore esperienza, diventano solitamente anche più produttivi. Oggi, però, questo meccanismo viene  messo in discussione, poiché non si basa su un legame reale con i risultati raggiunti dal dipendente.

L'ADEGUAMENTO ALL'INFLAZIONE.

E' un aspetto assai controverso nel mercato del lavoro italiano, che ha dato vita in passato ad aspri conflitti. Memorabili sono quelli degli anni '80 sulla cosiddetta scala mobile, che prevedeva un adeguamento automatico degli stipendi alla crescita dei prezzi. Da qualche decennio, l'incremento delle retribuzioni  è legato all'inflazione programmata e non più a quella reale, anche se spetta poi alla contrattazione collettiva definire nel dettaglio le dinamiche degli aumenti. Dal 2009 è stato introdotto come parametro di riferimento l'Ipca (indice dei prezzi al consumo armonizzato) che misura l'inflazione attesa per i 3 anni successivi (escludendo i beni energetici). Gli adeguamenti all'Ipca rappresentano indubbiamente un modo per proteggere gli stipendi dall'azione erosiva del carovita. Il governo e le imprese ritengono però che anche questi meccanismi automatici siano troppo svincolati dalla produttività.

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Andrea Telara

Sono nato a Carrara, la città dei marmi, nell'ormai “lontano”1974. Sono giornalista professionista dal 2003 e collaboro con diverse testate nazionali, tra cui Panorama.it. Mi sono sempre occupato di economia, finanza, lavoro, pensioni, risparmio e di tutto ciò che ha a che fare col “vile” denaro.

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