Perché la disoccupazione di lungo termine è pericolosa
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Economia

Perché la disoccupazione di lungo termine è pericolosa

Stimoli fiscali e monetari non funzionano, e questa fetta di lavoratori rischia di essere esclusa dal mercato del lavoro

I dati sulla disoccupazione stanno finalmente migliorando. In Australia, negli Stati Uniti, ma anche in Olanda e in Spagna, solo per fare un paio di esempi. Le riduzioni, naturalmente, sono minime, si parla nel migliore dei casi di poco più di un punto percentuale, ma dopo anni di valori catastrofici, qualsiasi segnale positivo è benvenuto, anche se è fondamentale evitare di cantare vittoria, perché soprattutto per i disoccupati di lungo periodo la situazione resta drammatica.


Negli Stati Uniti, 5 milioni di persone hanno smesso di cercare lavoro, più di 9 non lo trovano da oltre sei mesi

Lo dimostra una serie di grafici relativi all'andamento della disoccupazione in America pubblicati da CNNMoney. Gli Stati Uniti sono considerati oggi uno dei paesi che hanno reagito meglio al problema disoccupazione. Dati alla mano, negli ultimi 24 mesi sono riusciti ad abbattere il numero dei senza lavoro dell'1,3 per cento, passando quindi da un valore drammatico del 7,2 per cento a un più gestibile 5,9.

Eppure, anche se in termini assoluti stiamo parlando di centinaia di migliaia di nuove posizioni disponibili, una valutazione realistica e obiettiva del problema disoccupazione in America non può trascurare il fatto che, nel paese, vi siano 7,1 milioni di persone che lavorano part-time ma sperano di trovare presto un impiego full-time, altri 5 che hanno deciso di smettere di cercare lavoro, e infine 9,3 milioni di americani siano rimasti esclusi dal mercato del lavoro per un tempo che è ormai considerato critico per il loro eventuale rientro futuro. Lasciando intendere che la disoccupazione di lungo periodo rischia di tagliarli fuori per sempre. 

L'effetto fuorviante creato dai lavoratori occasionali è forte in tantissimi mercati. Se dal punto di vista dei disoccupati un impiego part-time è comunque migliore rispetto alla prospettiva di non averlo, il fatto che il numero di chi viene assunto con contratti a tempo determinato e trasversali superi di oltre il 50 per cento la quota pre-crisi di questo tipo di figure dovrebbe lasciarci quanto meno perplessi, se non preoccupati. Ma se dietro l'utilità di un impiego non regolasi si nasconde l'obiettivo (o il sogno), di trasformrlo in una posizione più strutturata non appena ci sarà la possbilità di farlo, il problema dei lavoratori che hanno rinunciato a cercare e di quelli che non trovano nulla per mesi, quando non per anni, è legato al fatto che questi ultimi, oltre a trasformarsi in un peso insostenibile per la società, diventano anche progressivamente meno appetibili per il loro settore di riferimento. Creando quindi costi aggiuntivi per tutti quei governi che, nel tentativo di favorirne la riqualificazione, mettono in pratica programmi ad hoc di tranining e sostegno.

Molti studi economici hanno infatti dimostrato che la riqualificazione professionale è l'unica strategia che riesce ad avere un effetto su queste sacche di disoccupazione che, purtroppo, non reagiscono a nessun altro stimolo. Quindi per quanto qualsiasi ulteriore riduzone del tasso di disoccupazione continuerà ad essere benvenuta, per capire se i problemi del mercato del lavoro si stanno effettivamente risolvendo è opportuno tenere d'occhio anche i movimenti della quota di disoccupati di lungo termine. 

Disoccupazione

Christopher Furlong/Getty Images
Due giovani inviano sms seduti in una strada di Corby, nel Northamptonshire, la capitale britannica della disoccupazione, un tempo sede dell’industria dell’acciaio

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