Pensioni, i tagli non colpiranno solo quelle d’oro
Stefano Capra / Imagoeconomica
Economia

Pensioni, i tagli non colpiranno solo quelle d’oro

Il ministro del Lavoro Enrico Giovannini non è l’unico a valutare interventi, perché il sistema retributivo è considerato troppo generoso. Il modo più semplice resta il blocco delle rivalutazioni

La punta dell’iceberg è la pensione d’oro di Mauro Sentinelli, già top manager del gruppo Telecom: 91 mila euro al mese. Ma sotto ci sono milioni di pensionati che percepiscono vitalizi basati sul sistema retributivo e superiori all’entità dei contributi versati: i loro assegni, quindi, sono pagati con le tasse da tutti i contribuenti.

Panorama ha elaborato i dati del bilancio 2011 (ultimo consuntivo disponibile) dei principali otto fondi separati che mandano in rosso l’Inps: oltre 29 miliardi, un buco coperto con trasferimenti dallo Stato.

Questo è il saldo fra entrate e uscite per le pensioni di telefonici ed elettrici, dirigenti d’azienda e lavoratori dei trasporti, artigiani e commercianti,coltivatori diretti e soprattutto pubblici dipendenti, che costano da soli oltre 10,5 miliardi di disavanzo tra contributi versati e pensioni pagate.

Ma come si può affrontare questo gigantesco squilibrio?

Il ministro del Lavoro, Enrico Giovannini, sta valutando con i suoi tecnici i numeri dell’Inps. Ma il dato certo è che circa 16 milioni di persone percepiscono assegni pensionistici sotto i 3 mila euro lordi al mese (12 milioni non arrivano a 1.500 euro), mentre sono meno di 670 mila i pensionati più «ricchi» (solo 33 mila superano i 90 mila euro lordi annui sui quali era calcolato il contributo di solidarietà dichiarato illegittimo dalla Corte costituzionale).
Ciò spiega la prudenza di Giovannini sui possibili tagli.

Giuliano Cazzola, responsabile welfare di Scelta civica, ha una proposta articolata. Prevede, sopra 90 mila euro lordi annui, di ricalcolare la pensione anche con il metodo contributivo, oltre che con il retributivo: «Se c’è una differenza, si paga per cinque anni un contributo di solidarietà, che essendo transitorio e non permanente non è anticostituzionale» suggerisce Cazzola. Ma è una proposta tecnicamente complessa, perché non ci sono tutti i dati storici dei contributi versati (l’Inps li ha dal 1974, l’Inpdap dal 1996) e comunque il risparmio, colpendo solo i pensionati ricchi, sarebbe modesto. Infatti, chiosa Cazzola, «per il futuro si possono prevedere nuovi scaglioni con perequazioni e rendimenti minori per le pensioni più alte».

Chi va più in là è Yoram Gutgeld, deputato del Pd e consigliere economico di Matteo Renzi. «Non bisogna parlare di contributo di solidarietà: si tratta di abbassare le pensioni. Solo quelle alte, però, sopra 3.500 euro lordi mensili, e non coperte da sufficienti contributi. L’idea è che rinuncino a una piccola parte del privilegio finora ottenuto». Gutgeld non ha ancora presentato una proposta di legge perché, spiega: «Voglio fare un lavoro di cesello, in collaborazione con l’Inps, ma sta di fatto che occorre una riforma perché paghiamo pensioni esagerate: parlo di quelle pubbliche e non di quelle versate dalle casse privatizzate dei professionisti, che sono giuridicamente autonome».

Invece chi proprio non ci sta è Maurizio Sacconi, ex ministro del Pdl e ora presidente della commissione Lavoro del Senato: «Il problema non è colpire chi è già in pensione, ma tutelare chi la pensione rischia di non averla». L’obiettivo di Sacconi è «inserire, trovando le compatibilità economiche, nuove flessibilità transitorie per evitare che gli ultrasessantenni rimangano senza lavoro e senza pensione a causa di una legge inumana come la riforma Fornero». Già: c’è anche il problema degli esodati. E il rischio vero è che alla fine, per fare cassa, siano colpite anche le pensioni medio-basse prorogando il blocco delle perequazioni ora in vigore dal 2012 al 2014.

Con un’inflazione al 2,5 per cento medio annuo, senza rivalutazione in 10 anni l’assegno si riduce come potere d’acquisto di oltre un quarto: altro che pensioni d’oro.

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QUALCHE NUMERO

-29,164 miliardi

Defict previdenziale totale nel 2011 (ultimi dati consuntivi disponibili) degli otto maggiori fondi speciali confluiti nell’Inps. I primi quattro pesano sul fondo pensioni lavoratori dipendenti (privati), che invece sarebbe in attivo.

Trasporti
-1.058 milioni di euro
Ha raggiunto lo squilibrio più alto a partire dal 2000, quando aveva un rosso di 831 milioni: negli ultimi 12 anni il fondo dei trasporti ha avuto un disavanzo complessivo di oltre 10 miliardi di euro.

Elettrici
-1.877 milioni di euro
Qui lo squilibrio pensionistico è in crescita vertiginosa: è arrivato nel 2011 a essere circa otto volte quello del 2000, quando il buco era di «soli» 229 milioni. In tutto, rosso di 15 miliardi in 12 anni.

Telefonici
-1.152 milioni di euro
Oltre alla pensione di Sentinelli, questo fondo ne paga molte altre non del tutto coperte da contributi: nel 2011 il rosso ha superato il miliardo mentre nel 2000 era di soli 37 milioni, in 12 anni -5 miliardi circa.

Dirigenti d’azienda
-3.689 milioni di euro
L’Inpdai è stato assorbito dall’Inps portando in dote uno squilibrio permanente tra contributi e prestazioni che è già costato più di 20 miliardi allo Stato. Nel 2011 il disavanzo per pagare le pensioni dei dirigenti d’azienda ha raggiunto il massimo storico, per ora: più di 3,6 miliardi.

Commercianti
-1.344 milioni di euro
Tra i maggiori fondi speciali che mandano in rosso l’Inps, è l’unico che ha meno disavanzo nel 2011: poco più di 1,3 miliardi a fronte di oltre 1,6 nel 2010, grazie all’aumento dei contributi versati.

Artigiani
-5.433 milioni di euro
Il buco previdenziale degli artigiani continua a salire: nel 2011 oltre 300 milioni in più rispetto all’anno precedente, quando il disavanzo era già di oltre 5 miliardi. La ragione? I contributi versati dai lavoratori autonomi che restano troppo bassi.

Coltivatori diretti, coloni, mezzadri
-4.106 milioni di euro
La loro pensione è di solito piuttosto bassa, ma lo sono ancor di più i contributi versati. Risultato? Il fondo dei pensionati dell’agricoltura ha ulteriormente aumentato il rosso di circa 500 milioni nell’ultimo anno, superando quota 4 miliardi. Sembra un istituto assistenziale più che previdenziale.

Dipendenti pubblici
-10.555 milioni di euro
Questo è il vero buco nero, per l’assorbimento dell’Inpdap nell’Inps.
Il disavanzo annuo, di oltre 9 miliardi nel 2010, è cresciuto di altri 1,5 miliardi. Incide molto anche il blocco del turnover nel pubblico impiego. Alla base c’è il meccanismo creato dopo la riforma Dini nel 1995: fu costituita la Cassa degli statali all’interno dell’Inpdap con un trasferimento dallo Stato di 14 mila miliardi di lire, in seguito considerati come anticipazioni e quindi sono diventati debiti.

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Edmondo Rho