Pensioni, assegni più bassi nel 2016
Massimo Percossi/Ansa
Economia

Pensioni, assegni più bassi nel 2016

Chi si congederà dal lavoro a gennaio prossimo, prenderà fino al 2-3% in meno rispetto a un collega ritiratosi nel 2015. Ecco perché

Un assegno ridotto fino al 2-3%, rispetto a quello di un collega che si è messo a riposo nel 2015, con la stessa età e la stessa quantità di contributi. E' la prospettiva che attende dal prossimo gennaio parecchi italiani che andranno in pensione tra il 2016 e il 2018, dopo l'approvazione di un decreto appena pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale. Si tratta di una norma che adegua l'ammontare dei trattamenti pensionistici alle aspettative di vita della popolazione italiana. Dato che i nostri connazionali vivono sempre più a lungo, l'ammontare degli assegni Inps (quelli futuri e non quelli già liquidati) verrà tagliato leggermente, con un meccanismo inversamente proporzionale all'età.


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Per capire cosa cambierà nel 2016, bisogna però fare alcune premesse. Dal 1995 in poi, la riformaprevidenziale approvata dal governo Dini ha introdotto in Italia un nuovo sistema di calcolo delle pensioni: il metodo contributivo. In pratica, l'importo degli assegni Inps dipende ora dalla quantità di contributi versati nel corso di tutta la carriera e non dalla media degli ultimi stipendi, come avveniva un tempo con il sistema di calcolo retributivo. Per determinare l'importo della pensione, la riforma Dini ha introdotto dei particolari parametri, i coefficienti di trasformazione, che dipendono proprio dall'età del pensionato.


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Secondo il meccanismo previsto dalla legge Dini, il lavoratore versa ogni anno i propri contributi, che si accumulano nel tempo e vengono rivalutati a seconda dell'andamento del prodotto interno lordo (pil), cioè in base alla crescita della economia nazionale. La somma di tutti i soldi accantonati, più le rivalutazioni previste per legge, vanno a costituire un montante contributivo finale, cioè una cifra sulla cui base viene calcolato l'assegno pensionistico. Per determinare l'importo esatto della pensione, il montante finale viene moltiplicato per il coefficiente di trasformazione, che è un numero espresso in termini percentuali (ad esempio il 6%) e varia appunto a seconda dell'età anagrafica del contribuente. Più alta è l'età del pensionamento, maggiore è il coefficiente.


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Ecco un esempio concreto che aiuta a chiarirsi le idee. Supponiamo che lavoratore si metta a riposo nel 2015 a 67 anni, dopo aver maturato 200mila euro di contributi rivalutati. In questo caso, la pensione verrà calcolata moltiplicando i 200 mila euro accantonati per il coefficiente di trasformazione corrispondente all'età del lavoratore: 5,826%. Dunque, l'assegno Inps sarà pari a 11.652 euro lordi all'anno (200mila X 5,826%) corrispondenti a circa 780 euro netti al mese (compresa la tredicesima). Supponiamo invece che il lavoratore abbia scelto di ritirarsi a 70 anni, sempre dopo aver accumulato 200mila euro di contribuzione. In tal caso, la pensione sarà un po' più alta e si calcolerà moltiplicando i contributi maturati per 6,541%, che è il coefficiente di trasformazione previsto per i 70enni. Dunque, l'ammontare della pensione sarà pari a 13.082 euro lordi all'anno (200mila X 6,541%), corrispondenti a circa di 850 euro netti al mese.


Il taglio ai coefficienti

Dopo aver analizzato gli esempi precedenti, si può capire meglio cosa accadrà dal 2016 in poi alle future pensioni. Il decreto appena pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale taglia di un po' i coefficienti di trasformazione utilizzati per determinare l'importo degli assegni pensionistici, in modo da tenere conto delle maggiori aspettative di vita della popolazione (come previsto da due leggi diverse, approvate nel 2007 e nel 2012 dai ministri Damiano e Fornero). Per chi si mette a riposo a 67 anni, per esempio, il coefficiente scenderà dal 5,82% attuale al 5,7%, mentre per i 70enni ci sarà un calo da 6,541% al 6,378%. A prima vista sembrano dei ritocchi marginali ma, conti alla mano, peseranno per qualche decina di euro sull'importo della pensione. Esempio: chi ha 200mila euro di contributi versati e si congederà dal lavoro a 67 anni, nel 2016 prenderà una pensione lorda annua di 11.400 euro, corrispondenti a 767 euro netti al mese. La differenza rispetto a chi si è messo a riposo nel 2015, con la stessa età e gli stessi contributi, è di circa 13 euro netti al mese e sale a 20-30 euro netti al mese, in presenza di una contribuzione maggiore (per esempio 300mila o 400mila euro accumulati).


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Va ricordato, tuttavia, che i tagli appena ricordati saranno un po' meno consistenti per molti pensionati che, nel 1995, avevano più di 18 anni di carriera alle spalle. I lavoratori più anziani, infatti, riceveranno dall'Inps un assegno previdenziale calcolato ancora in buona parte con il vecchio e più vantaggioso metodo retributivo, cioè in base alla media degli ultimi stipendi. Solo chi ha iniziato la carriera dal 1996 in poi, invece, avrà la pensione interamente determinata con il sistema contributivo. A parte questo dettaglio, però, una cosa è certa: nei decenni a venire, se l'età media degli italiani continuerà a crescere, le pensioni verranno tagliate ulteriormente. La legge prevede infatti che i coefficienti di trasformazione siano adeguati ogni 2 anni alle aspettative di vita della popolazione, certificate periodicamente dall'Istat. Nel nostro paese si camperà più a lungo, insomma, ma le rendite saranno un po' più magre.


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Andrea Telara

Sono nato a Carrara, la città dei marmi, nell'ormai “lontano”1974. Sono giornalista professionista dal 2003 e collaboro con diverse testate nazionali, tra cui Panorama.it. Mi sono sempre occupato di economia, finanza, lavoro, pensioni, risparmio e di tutto ciò che ha a che fare col “vile” denaro.

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