Occupazione femminile, perché siamo ancora ultimi in Europa (o quasi)
Ansa / Vincenzo Chiumarulo
Economia

Occupazione femminile, perché siamo ancora ultimi in Europa (o quasi)

Nel nostro Paese le donne che hanno figli sono penalizzate fiscalmente e nei servizi. E per questo rinunciano spesso a lavorare

Mai così in alto dal 1977 a oggi. E’ il record (si fa per dire) toccato in Italia dall’occupazione femminile, cioè la quota di donne al lavoro che a giugno era pari al 48,8%, il livello più elevato degli ultimi 40 anni. Dopo la pubblicazione dei dati, si è scatenata una lunga sfilza di dichiarazioni entusiastiche a cominciare da quella di Maria Elena Boschi, sottosegretario alla presidenza del consiglio, che non ha tuttavia negato una verità innegabile: sul fronte del lavoro femminile, molte cose restano da fare.

Meglio solo della Grecia

Boschi si riferiva al fatto che in Italia l’occupazione femminile, benché al massimo storico, sia ancora a livelli molto bassi se confrontata alla media europea del 61,6% e sia ancora ben lontana da quella di paesi come la Germania (71%) o la Svezia (74%). A ben guardare, il 48,8% dell’occupazione femminile italiana è il tasso meno elevato d’Europa, fatta eccezione per la Grecia dove le donne al lavoro sono poco più del 43% del totale.

Dunque, se l’aumento dell’occupazione femminile è un dato positivo, c’è ben poco da rallegrarsi pensando che esiste un vero e proprio abisso da colmare con il resto del continente. Capire il perché di questo gap non è difficile se si guarda ad altre statistiche, oltre ai dati grezzi sull’occupazione. In Italia, per esempio, soltanto un bambino su 4 con meno di tre anni frequenta l’asilo nido, mentre nei paesi scandinavi la quota supera abbondantemente il 50%.

Più tasse alle mamme

Vanno molto  meglio le cose tra i bambini di età compresa tra 4 e 6 anni (il 98% va alla materna) ma la situazione peggiora nella fascia di età tra 6 e 11 anni, dove soltanto l’11% degli studenti frequenta servizi di pre e dopo scuola (dati Ocse).

Per non parlare poi di ciò che accade sul fronte fiscale. Secondo l’Ocse, le donne che hanno figli e sono sposate pagano mediamente oltre il 30% di imposte su loro reddito, contro il 27% circa delle donne che invece non hanno figli.

Infine, sempre secondo l’Ocse, le donne italiane devono dedicare mediamente 5 ore al giorno al cosiddetto lavoro non pagato, cioè alla cura della casa, dei figli e dei parenti anziani, contro le 3 ore di Svezia e Danimarca. In queste condizioni, insomma, è difficile sperare di avere un’occupazione femminile di livello europeo.  

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Andrea Telara

Sono nato a Carrara, la città dei marmi, nell'ormai “lontano”1974. Sono giornalista professionista dal 2003 e collaboro con diverse testate nazionali, tra cui Panorama.it. Mi sono sempre occupato di economia, finanza, lavoro, pensioni, risparmio e di tutto ciò che ha a che fare col “vile” denaro.

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