Occupazione, il boom di assunzioni che non crea lavoro
Manifestazione di lavoratori disoccupati
Economia

Occupazione, il boom di assunzioni che non crea lavoro

I dati dell'Inps registrano un forte crescita di contratti a tempo indeterminato. Ma ancora una volta possono trarre in inganno: ecco perché

Cresce o diminuisce l'occupazione? A leggere i dati di ieri pubblicati dall'Inps, che piacciono tanto al presidente dal presidente del consiglio Matteo Renzi, verrebbe da rispondere a questa domanda senza tentennamenti: il mercato del lavoro italiano sembra essere ripartito davvero, come ha detto con grande enfasi il premier. Secondo l’Istituto nazionale della previdenza, infatti, nei primi tre mesi del 2015 c'è stata una crescita di ben il 24% dei contratti a tempo indeterminato, che sono stati nel complesso oltre 470mila. La quota di assunzioni stabili, in rapporto a quelle totali, è salita nel primo trimestre 2015 a quasi il 42% (addirittura al 48% a marzo) , contro il 36,6% dello stesso periodo del 2014.


Lavoro: i contratti a tempo indeterminato aumentano del 24%


Tutto bello, se non fosse per un particolare che diversi osservatori hanno già messo più volte in evidenza nelle settimane passate. Il boom delle assunzioni stabili è dovuto in gran parte agli sgravi contributivi (fino a 8mila euro all'anno per tre anni) che oggi le aziende ottengono (grazie all'ultima Legge di Stabilità del governo Renzi) non appena propongono al lavoratore un contratto a tempo indeterminato, anziché un un inquadramento precario. “Il fatto che la quota di assunzioni stabili sia in crescita è di per sé positivo”, dice a Panorama.it Cesare Damiano, presidente della Commissione Lavoro alla Camera ed esponente della minoranza del Partito Democratico. Nello stesso tempo, però, Damiano non manca di mettere in evidenza alcuni punti critici dei provvedimenti adottati nei mesi scorsi dall'esecutivo. La concessione su larga scala degli incentivi alle assunzioni rischia di avere ben pochi effetti positivi in termini di nuovi posti di lavoro creati. Il boom dei contratti stabili, infatti, potrebbe essere determinato da una corsa delle aziende a convertire vecchi inquadramenti precari che, da gennaio in poi, sono stati probabilmente trasformati in abbondanza in posizioni a tempo indeterminato.


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Per verificare se le cose stanno davvero così, secondo Damiano bisogna attendere ancora un po' di mesi, almeno fino a luglio, quando saranno disponibili idati sul primo semestre dell'anno e si potrà iniziare a fare un bilancio sui provvedimenti governativi. In particolare, oltre ai dati sulla disoccupazione, sarà interessante vedere la dinamica del tasso di occupazione, cioè i dati su quante persone nel nostro paese sono al lavoro. A fornirli ogni mese, in maniera precisa e puntuale, è l'Istat. E finora, purtroppo, dall'Istituto nazionale di statistica sono arrivate cattive notizie. Secondo gli ultimi dati aggiornati a fine marzo, tre settimane dopo l'entrata in vigore dei decreti attuativi del Jobs Act, nel nostro paese si sono persi altri 59 mila posti di lavoro rispetto a febbraio 2015 e l’occupazione è tornata ai livelli del marzo 2014. Si tratta di “dati impietosi”, come li ha definiti sulle pagine del sito Lavoce.info anche Pietro Garibaldi, professore di economia politica all'Università di Torino. Se lo dice lui, che per anni è stato un sostenitore del contratto a tutele crescenti creato dal governo con ìl Jobs Act, forse c'è da essere un po' preoccupati.


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Il guaio è, secondo Garibaldi, che “il cavallo per ora non beve”. Nonostante la presenza di grandi incentivi ad assumere, le imprese continuano a non reclutare nuova forza-lavoro. “Se pensiamo agli sforzi che il governo ha fatto”, ha scritto su Lavoce.info Garibaldi, i dati Istat di marzo “sono davvero un’ecatombe”. Per questo, oggi Damiano dice di condividere le preoccupazioni di un giuslavorista con cui si trova spesso in disaccordo: Michele Tiraboschi, docente dell'università di Modena e Reggio Emilia ed ex-allievo di Marco Biagi. Secondo Tiraboschi, gli incentivi alle assunzioni concessi dal governo costeranno allo Stato circa 15 miliardi di euro in un triennio. Riuscirà il governo a confermare le risorse anche nei prossimi anni? E cosa accadrà quando le agevolazioni giungeranno al termine? Per Damiano, c'è il rischio di assistere a una bolla che drogherà per un po' il mercato del lavoro. “Sarebbe stato meglio”, dice il deputato della minoranza Pd, “dare degli incentivi meno elevati, per esempio fino a 4mila euro, ma più duraturi nel tempo e destinati a protrarsi per almeno 5 o 6 anni”.

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Andrea Telara

Sono nato a Carrara, la città dei marmi, nell'ormai “lontano”1974. Sono giornalista professionista dal 2003 e collaboro con diverse testate nazionali, tra cui Panorama.it. Mi sono sempre occupato di economia, finanza, lavoro, pensioni, risparmio e di tutto ciò che ha a che fare col “vile” denaro.

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