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JOHANNES EISELE/AFP/Getty Images
Economia

La Cina non rallenta, cambia. A chi conviene fare affari in Oriente

Nuove tecnologie, macchinari di ultima generazione, competenze in ambito finanziario, assicurativo, di hardware e software, è questo che serve a Pechino

Ti interessa abbassare i costi di produzione? Sposta gli impianti in Cina. Ti servono nuovi mercati? Punta sulla Cina. Hai materie prime da piazzare? Vendile alla Cina. Per anni multinazionali e non hanno scommesso sulla Repubblica popolare nella convinzione che che la grande locomotive asiatica non si sarebbe mai fermata. E invece, come gli analisti hanno sempre creduto, nessun paese può crescere all'infinito, o quanto meno noi ai ritmi forsennati cui ci aveva (fin troppo ben) abituati Pechino. E oggi che la nazione ha cominciato a rallentare gli investitori stranieri devono correre ai ripari. Anche se non tutti devono per forza andarsene.

Il vero problema della Cina di oggi è che ha smesso di essere una scommessa dal risultato certo, un paese che, a qualsiasi condizione, avrebbe permesso una moltiplicazione rapida di rendite e profitti. Oggi la Repubblica popolare è un paese come un altro. Quindi può crescere e può rallentare. E' conveniente per alcuni settori, e lo è meno per altri.

E' ancora possibile fare affari in Cina?

Questo però non significa che Pechino sta facendo fallire le multinazionali che fino ad oggi si sono avvantaggiate della sua crescita. Più semplicemente, il paese è cambiato, è cresciuto, ha modificato le proprie esigenze, e quelle che fino a ieri sono state le sue priorità oggi non sono più tali, ma non è in crisi. O meglio, non è in crisi relativamente al modo in cui noi percepiamo la crisi. 

Dagli anni '80 in poi, vale a dire da quando la Repubblica popolare ha deciso di aprirsi al mondo, nel paese c'era bisogno di tutto. Dalle materie prime ai macchinari per lavorarle. Dalle idee alle tecnologie per realizzarle, in ogni settore: manifattura, infrastruttura, farmaceutica, costruzioni, e via dicendo.

Come è cambiata l'economia della Repubblica popolare

Pensare che la Cina avrebbe avuto bisogno di appoggiarsi agli stranieri in ogni ambito e per sempre era semplicemente irrealistico. Non bisogna incolpare il Partito per il fatto che non compra più ruspe o altri macchinari perché riesce oggi a costruirli da sola visto che è grazie alle multinazionali che l'hanno sostenuta in questo processo di maturazione industriale che è riuscita a tagliare questo traguardo. Ne' le grandi aziende in questione possono lamentarsi visto che a loro volta si sono significativamente arricchite con questo scambio.

Più semplicemente bisogna guardare in faccia la realtà, rendersi conto che la Cina è cambiata. Fare affari nel Regno di Mezzo non è più conveniente per tutti, ma per tanti sì. Quindi invece di continuare a lamentarci perché Pechino non è più in grado di sostenere le economie di tutto il pianeta, meglio essere pragmatici e capire se rimanere in Oriente conviene oppure no.

Di cosa ha bisogno la Cina di oggi

Edilizia, macchinari, infrastrutture base, materie prime, manifattura a scarso valore aggiunto, sono tutti settori per i quali, ormai, la fase del boom è stata abbondantemente superata. Quindi invece di rimanere in Cina nell'attesa che il mercato si riprenda, chi opera in questi ambiti farebbe meglio a spostarsi in nazioni in cui le proprie competenze sono ancora richieste. L'India potrebbe essere una buona opzione, e lo stesso vale per le nazioni più arretrate del Sudest asiatico.

Nuove tecnologie, servizi, macchinari di ultima generazione, competenze in ambito finanziario, assicurativo, medico, farmaceutico, di hardware e software, e tutto quello che potrebbe interessare a un'economia del Terzo Millennio, invece, continueranno ancora per anni a fare affari d'oro con Pechino, ma prima o poi arriverà anche per loro il momento di cedere il passo alle aziende locali che nel frattempo, proprio con il loro aiuto, emergeranno.

L'inevitabilità di una profonda ristrutturazione ecoomica

Più che di rallentamento o brusca frenata, quindi, dovremmo renderci conto che la Cina ha bisogno di portare avanti una profonda (e inevitabile) ristrutturazione. Chi può assisterla in questo processo farebbe bene a spostarsi in Cina al più presto. Chi invece il proprio contributo alla crescita del gigante asiatico l'ha già dato farebbe bene a fare i bagagli per trasferirsi laddove le proprie competenze sono ancora richieste. 

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Claudia Astarita

Amo l'Asia in (quasi) tutte le sue sfaccettature, ecco perché cerco di trascorrerci più tempo possibile. Dopo aver lavorato per anni come ricercatrice a New Delhi e Hong Kong, per qualche anno osserverò l'Oriente dalla quella che è considerata essere la città più vivibile del mondo: Melbourne. Insegno Culture and Business Practice in Asia ad RMIT University,  Asia and the World a The University of Melbourne e mi occupo di India per il Centro Militare di Studi Strategici di Roma. Su Twitter mi trovate a @castaritaHK, via email a astarita@graduate.hku.hk

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