Istat: la recessione sta per finire (forse)
ALESSANDRO PARIS / Imagoeconomica
Economia

Istat: la recessione sta per finire (forse)

Qualche indicatore positivo dalla nota mensile anche se pesa ancora il dato sulla disoccupazione. Nulli gli effetti del calo del petrolio

La recessione finirà. Anzi forse sta per finire.
Almeno questo ci dice l'Istat nell'ultima nota mensile del 2014 sull'andamento dell'economia italiana.

"La fase di contrazione è attesa arrestarsi nei prossimi mesi", ma la disoccupazione è in crescita; d'altra parte, sul lato favorevole si vede una ripresa dei consumi mentre il calo del prezzo del petrolio non avrà effetti positivi.

Petrolio
Gli scivoloni del greggio per l'Istituto di statistica avrebbero da noi un effetto espansivo "nullo". Non solo, bisogna fare anche i calcoli con l'impatto sull'inflazione, il cui congelamento non giova ai paesi maggiormente indebitati.

Pil ad andamento piatto
In estrema sintesi, il cosiddetto indice anticipatore dell'Istat confermerebbe "una sostanziale stazionarietà della crescita nel trimestre finale dell'anno". Tradotto, gli ultimi tre mesi del 2014 vanno verso una chiusura con Pil piatto, fermo sullo 'zero'.

Un risultato interessante per chi, come l'Italia, viene da una lunga collezione di segni meno, da cui neppure il terzo trimestre si è discostato (-0,1%).

Portarsi in territorio neutro sarebbe quindi un passo avanti, anche perché, come ricorda l'Istituto, "la fiducia dei consumatori ha registrato un peggioramento a dicembre", mentre dalle imprese arrivano "segnali contrastanti", che confluiscono in un ottimismo stabile.

Il ministro dell'Economia, Pier Carlo Paodoan, invita alla cautela: "sul 2014 attento i dati definitivi" dice al Corriere della Sera.

Ma il capogruppo di Fi alla Camera Renato Brunetta, vede nero: gli altri crescono "mentre l'Italia continua a precipitare".

Il mercato del lavoro
Il vero malato continua ad essere il mercato del lavoro: ancora, riconosce l'Istat, in condizioni "difficili, con livelli di occupazioni stagnanti" e un numero crescente di persone alla ricerca, infruttuosa, di un posto.

Viene ricordato il "valore massimo" e "sensibilmente più elevato" del tasso di disoccupazione (13,2% ad ottobre scorso) rispetto alla media europea .
E perfino le grandi imprese vedono restringersi gli organici.

Disoccupazione di lunga durata
Altri brutti segnali giungono dall'impennata della disoccupazione di lunga durata, con oltre la metà dei senza lavoro (62,3%) che lo è da oltre un anno. Si potrebbero definire disoccupati cronici, una patologia particolarmente diffusa al Sud.

L'area grigia di chi è "vicino al mercato del lavoro"
Non finisce qui: la 'questione lavoro', ammette l'Istat, ha ormai confini sempre più ampi e per questo indefiniti. L'istituto parla così di un'area grigia, che si affianca a quella della disoccupazione ufficiale, fatta di persone "più vicine al mercato del lavoro". Si tratta di uomini e donne, facile immaginare tra loro tanti giovani, fuori dalle statistiche sui senza posto (non hanno cercato nel mese precedente la rilevazione) ma pronti a cogliere l'offerta di un impiego.
Nella gran parte dei casi dietro c'è il fenomeno dello scoraggiamento, che i dati vedono in continua crescita.

L'istituto chiude la nota descrivendo una sorta di trappola: "da un lato nuovi attori si muovono alla ricerca di un posto di lavoro, dall'altra le persone già sul mercato sperimentano difficoltà crescenti nel trovare un'occupazione".

Produzione in leggero aumento
In parole povere, nessuno se la sente di starsene a casa senza far niente ma chi parte a caccia di un posto si dirige verso terre 'oscure'. Bisogna fare così leva sugli spiragli che si aprono: il Centro Studi di Confindustria per esempio stima per dicembre una produzione in aumento, seppure lieve (+0,1%), anche se il bilancio del quarto trimestre resta in 'rosso' (-0,5%).

Fiducia delle imprese
Un punto a favore della ripresa dei consumi lo si ritrova invece nei dati sulla fiducia delle imprese, in rialzo a dicembre se si guarda al settore del commercio al dettaglio. In questo direzione vanno anche i dati dell'Abi sui mutui (+31% nei primi undici mesi).(ANSA)

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Redazione Economia