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Economia

Istat, l'Italia cresce (poco) ma è piena di diseguaglianze

Il consueto lavoro annuale sulla condizione paese sottolinea la fine della recessione ma anche la permanenza dell'allarme povertà

Il "Rapporto annuale 2016 – La situazione del Paese” dell'Istat fotografa un paese che finalmente sembra uscire dalla recessione ma nel quale la diseguaglianza e il rischio povertà ipotecano presente e futuro di milioni di cittadini.

Il Rapporto è articolato in cinque capitoli dedicati all'economia, alle trasformazioni demografiche e sociali, al mercato del lavoro, alle imprese, al welfare.
Di seguito alcuni punti da memorizzare, soprattutto per quanto riguarda le diseguaglianze sociali.

Uscita dalla recessione

L'Italia sta finalmente uscendo da una recessione lunga e profonda e sperimenta un primo, importante, momento di crescita persistente, anche se a bassa intensità, dice il Rapporto.

Povertà

Crescono però le diseguaglianze e resta alto l'allarme povertà.
L'indicatore di grave deprivazione materiale, che rileva la quota di persone in famiglie che sperimentano situazioni di disagio, si attesta nel 2015 all'11,5%, stabile rispetto al 2014; quasi due persone su tre in condizioni di deprivazione nel 2015 lo erano anche nel 2014.

Nel Mezzogiono, la quota di persone gravemente deprivate risulta oltre tre volte più elevata che al Nord.

Jobless
- Continuano ad aumentare le famiglie jobless, quelle cioè in cui nessuno ha un lavoro, arrivando nel 2015 a 2,2 milioni, ed 1 su 4 è al Sud.

Disuguaglianza nella distribuzione del reddito

-Disuguaglianza nella distribuzione del reddito.
Se il Pil è stato in rialzo dello 0,8% lo scorso anno e secondo la stima preliminare, è salito dello 0,3% (+1% su base annua) nel primo trimestre 2016, la disuguaglianza nella distribuzione del reddito non accenna a ridursi.

In dieci anni (1990-2010) è passata da 0,40 a 0,51, l'incremento più alto tra i paesi per i quali sono disponibili i dati.

I fattori di svantaggio

- Instabilità e precarietà lavorativa, che riguardano principalmente i giovani e le donne, sono tra i fattori che generano i maggiori svantaggi distributivi.

- Rimane forte il legame tra i redditi percepiti e il contesto socio-economico della famiglia di provenienza, legame che tende a ostacolare i processi di mobilità sociale.

- Il capitale umano, invece, è ancora un importante fattore di protezione.
Il calo del tasso di occupazione è stato più contenuto per i laureati (dal 78,5% del 2008 al 76,3% del 2015) rispetto a chi ha conseguito solo la licenza media o un diploma.
- Il titolo di studio incide anche sulla speranza di vita: a 80 anni la quota di uomini laureati sopravviventi è del 69%, contro il 56% di chi ha al massimo la licenza media.

Protezione sociale insufficiente

Il sistema di protezione sociale nel nostro Paese - ha fatto notare il presidente dell'Istat Giorgio Alleva - risulta tra i meno efficaci in Europa nel proteggere le persone dal rischio di cadere in povertà: i trasferimenti sociali riducono la povertà di 5,3 punti a fronte di una media europea di circa 9.

Il sistema di trasferimenti italiano (escluse le pensioni) non è in grado di contrastare la dinamica di costante impoverimento.

[ISTAT, Rapporto annuale 2016 – La situazione del Paese, Agi, Ansa]

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Redazione Economia