Amazon e il lato oscuro dell'e-commerce
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Economia

Amazon e il lato oscuro dell'e-commerce

Quando cerchiamo un prodotto sul sito, nelle prime pagine compaiono quelli selezionati da un algoritmo: ma sono la scelta migliore? I sospetti dell'Antitrust

Emergenza: il caricabatteria del vostro smartphone si è rotto e avete urgente bisogno di sostituirlo. Cosa fate? Semplice. Vi collegate ad Amazon, digitate la parola caricabatterie per telefoni, spulciate le prime pagine di annunci e ne ordinate uno nuovo con buone recensioni, prezzo basso e con l’etichetta del servizio «Prime», così arriva al massimo fra tre giorni. Ma sarà davvero un buon acquisto?

In teoria dovrebbe esserlo: l’ordine con cui appaiono i risultati della vostra ricerca è stabilito da un algoritmo di Amazon, denominato A9, che tiene conto di una serie di fattori come le recensioni di chi ha acquistato il prodotto, eventuali difetti, tempi di consegna, la disponibilità in magazzino, la descrizione dell’oggetto, il prezzo, le parole chiave scelte dal venditore, le informazioni del brand. Chi soddisfa i requisiti richiesti dall’algoritmo compare nelle prime pagine del sito di commercio elettronico e questo è molto importante per chi vende: il 70 per cento dei consumatori non guarda neppure la seconda pagina, il 35 per cento acquista il prodotto che è al primo posto e il 64 per cento uno dei primi tre. Però non è detto che i migliori siano i primi. L’Autorità garante per la concorrenza ha avviato un’indagine per verificare se Amazon favorisce una particolare categoria di venditori, mentre una serie di inchieste giornalistiche hanno rivelato l’esistenza di un vero e proprio mercato di false recensioni, pagate da aziende senza scrupoli per falsare i risultati di ricerca.

Vendor e seller

I venditori che utilizzano Amazon si dividono in due grandi categorie: la prima è formata dai «vendor», cioè aziende scelte da Amazon che cedono i loro prodotti al sito di e-commerce il quale li rivende ai consumatori. «Amazon paga meglio di una catena di negozi» dice il manager di un vendor che si occupa di elettronica di consumo «grazie al fatto che ha costi più bassi. Dal momento in cui li ha acquistati, i prodotti sono di Amazon che gode anche di una certa libertà nel fissare i prezzi». Sul sito questi beni sono segnalati con la scritta «venduto e spedito da Amazon» e offrono il servizio Prime.

La seconda categoria è quella dei «seller», cioè aziende terze che utilizzano la vetrina di Amazon. I seller sono in forte aumento e rappresentano il 58 per cento di quanto è commercializzato attraverso il sito a livello mondiale. Naturalmente la concorrenza tra questi venditori è enorme: solo in Italia sono più di 10 mila le piccole e medie aziende presenti sul grande mercato online creato da Jeff Bezos. E non è facile restarci. «Quando un’azienda sbarca su Amazon può aumentare le vendite anche del 100 per cento, ma deve impegnarsi parecchio» spiega Eleonora Calvi Parisetti, fondatrice della società di consulenza Marketplace Mentor, nata per aiutare le imprese ad avere successo sulla piattaforma, e autrice del libro “Vendere su Amazon: guida pratica per raggiungere 300 milioni di clienti”.

Amazon valuta l’affidabilità dei seller mediante tre indicatori: la percentuale di ordini difettosi o contestati; i reclami contro il venditore; la performance delle spedizioni: al massimo il 4 per cento possono essere in ritardo. I più bravi, quelli che hanno le recensioni migliori, i prezzi più bassi, le spedizioni più efficienti, non solo conquistano le prime posizioni nel ranking e magari ottengono pure la dizione «Amazon’s choiche», ma possono avere l’ambita «BuyBox»: il riquadro posizionato in alto a destra della scheda prodotto che consente al consumatore di fare l’acquisto con un solo click.


Le accuse dell'Autorità


Per farsi notare di più, i seller possono anche pagare, e il loro annuncio conquisterà le prime pagine della ricerca ma verrà segnalato dalla parola «sponsorizzato». Altrimenti ci si batte furiosamente come in «Trono di spade» cercando di compiacere l’algoritmo A9. Che però fa qualche preferenza, come ha scoperto l’Antitrust. Se un venditore decide di utilizzare la logistica di Amazon, chiamata Fulfillment by Amazon (Fba), di fatto delega all’azienda di e-commerce l’intera gestione degli ordini: lo stoccaggio del prodotto nei centri logistici di Amazon, l’imballaggio e la spedizione al cliente finale, l’assistenza post-vendita e la gestione di eventuali resi e rimborsi. Dal momento che la spedizione è gestita da Amazon, la visibilità e il posizionamento dell’offerta sono migliori rispetto a quelli ottenibili con una gestione autonoma della logistica, per diversi motivi: l’offerta viene visualizzata con il pulsante «venduto da X, spedito da Amazon» (e non «venduto e spedito da X»); i prodotti sono classificati come «Prime» nella barra di ricerca; in più questi prodotti ottengono più facilmente la «Buy box». La replica di Amazon è scontata: grazie alla sua logistica il cliente è servito meglio e di conseguenza il ranking del prodotto migliora. Ma secondo l’Autorità «Amazon sarebbe in grado di sfruttare indebitamente la propria posizione dominante nel mercato dei servizi d’intermediazione sulle piattaforme per il commercio elettronico al fine di restringere significativamente la concorrenza nel mercato dei servizi di gestione del magazzino e di spedizione degli ordini per operatori di e-commerce».

Accuse tutte da verificare. Ma nel frattempo Amazon deve affrontare un’altra sfida: quella delle false recensioni che vengono inserite nel sistema per ingannare l’algoritmo A9 a scalare le classifiche. «Esiste un vero e proprio mercato di recensioni fasulle scritte non da computer ma da esseri umani che acquistano dei prodotti per conto di imprese poco corrette e li descrivono positivamente in cambio di denaro o di beni» racconta Eleonora Calvi Parisetti. Ci sono decine di gruppi su Facebook formati da decine di migliaia di membri disponibili a guadagnare 100-200 dollari in più al mesescrivendo recensioni false su Amazon.

Un problema che la società americana prende molto seriamente: utilizza una combinazione di team di investigazione e di tecnologie automatizzate sia per prevenire e rilevare su larga scala revisioni non autentiche sia per intervenire contro chi agisce in malafede. «Utilizziamo la tecnologia di machine learning per analizzare tutte le recensioni, nuove ed esistenti, 24 ore su 24, sette giorni su sette, così come per bloccare o rimuovere le recensioni non autentiche». Intanto il sito americano «The Hustle»ha scoperto che 10 delle prime 22 pagine che si ottengono cercando iPhone charger su Amazon sarebbero presidiate da prodotti semplicemente inadeguati e pericolosi, grazie ai feedback fasulli. Pensateci quando comprate il prossimo caricabatteria.





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Guido Fontanelli