Altri 3,7 miliardi ad Alitalia. Ma che sia l'ultima volta
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Industria

Altri 3,7 miliardi ad Alitalia. Ma che sia l'ultima volta

Nel Decreto Rilancio via libera allo stanziamento. Una storia già vista e fallimentare ma che oggi conta anche l'emergenza Covid. Passata l'epidemia però si cambi linea

Cari lettori, siete diventati azionisti di una compagnia aerea, la famosa e gloriosa Alitalia. La notizia, che magari è sfuggita ai più, è contenuta nel decreto Rilancio del 19 maggio contenente "Misure urgenti in materia di salute, sostegno al lavoro e all'economia, nonché di politiche sociali connesse all'emergenza epidemiologica da Covid-19". In particolare nel capitolo dedicato alle "Misure per le infrastrutture e i trasporti", l'articolo 202 recita che "per l'esercizio dell'attività d'impresa nel settore del trasporto aereo di persone e merci, è autorizzata la costituzione di una nuova società interamente controllata dal Ministero dell'economia e delle finanze ovvero controllata da una società a prevalente partecipazione pubblica anche indiretta". L'iniziativa, si legge ancora, "è subordinata all'autorizzazione della Commissione europea".

In altre parole, la nazionalizzazione di Alitalia.

Non è una novità: già in un altro decreto, quello del 17 marzo scorso, si stabiliva che "in considerazione della situazione determinata sulle attività di Alitalia – Società Aerea Italiana Spa e di Alitalia Cityliner Spa, entrambe in amministrazione straordinaria, dall'epidemia da Covid-19, è autorizzata la costituzione di una nuova società interamente controllata dal Ministero dell'economia e delle Finanze ovvero controllata da una società a prevalente partecipazione pubblica anche indiretta". E poi, di fatto, l'Alitalia commissariata era già indirettamente dello Stato italiano.

Ora però il re è nudo. E quanto costerà questa nazionalizzazione?

Lo hanno illustrato il 12 maggio i commissari della compagnia aerea ai senatori: 3,7 miliardi di aiuti statali complessivi. Una bella cifra per sostenere un'azienda che, prima dell'emergenza del Covid-19, già perdeva parecchi soldi: nel 2019 ha chiuso il bilancio con un rosso di 502 milioni di euro. Ora, vedere lo Stato spendere i nostri soldi per salvare Alitalia mentre la sanità conta i suoi morti tra medici e infermieri e le piccole e medie imprese non hanno ancora visto il becco di un quattrino, fa di sicuro rizzare i capelli.

Anche un signore di solito abbastanza calmo come il sindaco di Milano Beppe Sala ha alzato più di un sopracciglio. Intervistato ha detto: "Va bene tutto ma non possiamo immaginare di dare tre miliardi ad Alitalia a fondo perduto, perché questa è la storia di Alitalia, e tre miliardi ai sindaci che sono sulle barricate. A Milano dobbiamo far andare la metropolitana al 20 per cento del servizio con costi pieni, dobbiamo mantenere pulita la città e garantire più servizi di welfare di quelli attuali". Verissimo.

Però è altrettanto vero che il settore del trasporto aereo sta vivendo uno delle crisi più violente della sua storia. A causa della pandemia, i voli sono crollati in Europa del 90% e la Iata, l'organizzazione internazionale delle compagnie aeree, prevede che nel 2021 ci potrà essere un recupero al 70-80% della situazione precedente al virus per poi tornare alla normalità solo nell'estate del 2022.

La conseguenza è che molti Paesi hanno dovuto aprire il portafoglio per aiutare le proprie compagnie: in Germania si sta per concludere un accordo tra Lufthansa e governo per un piano di aiuti da 9 miliardi di euro che prevede l'entrata dello Stato nel capitale con una quota del 20% e due membri del consiglio di amministrazione in rappresentanza dell'esecutivo. L'accordo prevede anche dei limiti alla distribuzione dei dividendi e alle retribuzioni del management.

Nelle scorse settimane la Commissione europea ha dato il via libera agli aiuti di Stato per 10 miliardi ad Air France-Klm. Nel Regno Unito è fallita la Flybe e molte altre società traballano. Secondo la Iata 25 milioni di posti di lavoro sono a rischio di scomparire di cui quasi sei milioni in Europa. Quindi non ci si deve stupire più di tanto se anche l'Italia interviene per dare ossigeno all'Alitalia.

Si può contestare il modo, ma non è questo il momento di far fallire un'azienda che dà lavoro a 11 mila persone. Però, passata la bufera, occorrerà finalmente affrontare il problema di una compagnia che non riesce a stare sul mercato. Prima che esplodesse la crisi provocata dalla pandemia, il settore globale delle compagnie aeree era in utile da almeno un decennio: prosperare nel settore è possibile. Nel frattempo gli italiani hanno dovuto sborsare circa 8 miliardi di aiuti vari, a cui si aggiungono i 3 miliardi e passa di adesso, per una compagnia che ha meno del 2% di quota di mercato in Europa. Ha senso?

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Guido Fontanelli