Foxconn, i "FoxBot" rimpiazzeranno gli operai
Economia

Foxconn, i "FoxBot" rimpiazzeranno gli operai

Arrivano i robot: ma per i lavoratori degli stabilimenti da cui escono smartphone e tablet di Apple - e non solo - potrebbe esserci davvero poco di cui gioire

Foxconn, un nome che i più conoscono per due motivi: la fabbrica cinese da cui vengono sfornati a milioni iPhone e iPad; ed anche uno di quei posti purtroppo non noti per condizioni di lavoro partciolarmente favorevoli. La società - che ha in realtà la sede centrale a Taiwan - si è guadagnata lo scorso anno la copertina del Wired americano non per meriti tecnologici ma per altro. Teatro di feroci proteste e persino di numerosi suicidi di dipendenti, la Foxconn cinese ha persino installato delle reti attorno agli edifici: per impedire conseguenze fatali per chi volesse tentare un gesto estremo dalle finestre dello stabilimento di Shenzhen.

In occidente ormai il caso Foxconn è noto da tempo e ha portato critiche ad Apple che si è vista costretta a correre ai ripari e iniziare indagini e controlli presso il proprio fornitore asiatico che - va precisato - non lavora certo solo per la Mela ma anche per Sony, Nintendo, Nokia ed altri ancora, ed ha stabilimenti anche nell'est europeo e in altre regioni dall'India al Sud America.

A dirla tutta, stiamo parlando del maggior produttore di componenti elettronici al mondo, che in passato ha lavorato per nomi come Intel e la cui componentistica era già presente nella più classica delle console per videogiochi: nientemeno che l'Atari 2600.

Come dunque ricostruire l'immagine di una simile multinazionale, salvaguardando i ricchi contratti con le major della tecnologia e allo stesso tempo risolvendo il problema della manodopera? Il presidente Terry Gou sembra aver trovato il modo più rapido e indolore per la società, che però allo stesso tempo potrebbe essere la peggior soluzione possibile per i dipendenti. Addio orari lunghissimi e condizioni di lavoro pesante: nel giro di tre anni, un milione di lavoratori saranno rimpiazzati dai "FoxBot". Che - a un anno da un simile annuncio - stanno arrivando per davvero .

Gou forse l'ha sparata grossa: per ora i robot sono solo 10.000 e altri 20.000 dovrebbero aggiungersi entro fine anno. Quindi i ritmi della "disumanizzazione" degli stabilimenti Foxconn sembrano essere ben più lenti di quanto previsto negli annunci trionfali e vagamente arroganti di Gou.

Chi ha avuto modo di visionarlo, descrive un braccio robotico simile a quelli in uso nell'industria automobilistica, in grado di eseguire operazioni ripetitive con precisione e prodotto internamente dalla stessa multinazionale.

Il costo delle nuove macchine comunque non porterà a breve risparmi per Foxconn: nonostante sia stato promesso un aumento del 25% dei salari, al momento un FoxBot costa tre volte un lavoratore in carne e ossa.

Di recente, Foxconn è stata nel mirino anche in merito a problemi relativi alla produzione dell'iPhone 5 e ai relativi standard di qualità: in pratica, Apple e Foxconn avrebbero preteso un innalzamento negli standard qualitativi di produzione, ma a detta dei lavoratori la combinazione tra alcuni difetti di progettazione e la pressione eccessiva sulla forza lavoro finivano per risultare in un blocco quasi completo delle linee di produzione. Difficile insomma sfornare accessori perfetti, senza neppure un graffio (letteralmente: uno dei problemi riguarda piccolissimi graffi o ammaccature presenti nei particolari in alluminio dell'iPhone, che Apple stessa ammette come "normali") quando non si ha neppure diritto alle ferie. Questa vicenda ha avuto come conseguenza una serie di scioperi per alcune migliaia di lavoratori in uno degli stabilimenti Foxconn, nelle scorse settimane .

Una maggiore automazione è certamente auspicabile per il futuro; e l'utilizzo di robot per le lavorazioni più alienanti ed usuranti potrebbe risultare in migliori condizioni di lavoro per i dipendenti rimasti. Ma a che prezzo? Per molti, il progresso potrebbe risultare in un drammatico passaggio dalla padella nella brace: da un lavoro duro e mal retribuito, alla perdita completa del posto. Ed è ancora presto per capire se Gou raggiungerà davvero l'obiettivo prefissato e quali saranno le reazioni dei partner occidentali.

(Si ringrazia Nicola D'Agostino per la collaborazione)

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