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Economia

Filantropia e democrazia: perché servono più controlli

Le scelte delle Fondazioni influenzano la politica ma non passano mai al vaglio degli elettori

Quello delle fondazioni filantropiche è un tema di grande attualità. In Italia, un'indagine dell'Istat di qualche anno fa rilevava che fossero più di seimila e alla fine del mese scorso sono stati approvati dal Consiglio dei Ministri i decreti attuativi della normativa sul Terzo Settore che disciplinano anche la loro attività. Molte guardano al modello anglosassone, dove le fondazioni rappresentano una realtà consolidata e dove operano colossi come la Bill & Melinda Gates Foundation, che gestisce un patrimonio di 43 miliardi di dollari.

Perché la filantropia può avere effetti distorsivi sulla società

Data l'importanza di simili enti nel panorama degli Stati Uniti in particolare, il dibattito attorno al loro ruolo è sempre vivace. Ultimamente, ci ha pensato il Professor Rob Reich dell'Università di Stanford a rinfocolare la discussione, attirando l'attenzione del pubblico sul ruolo che fondazioni sempre più grandi possono avere all'interno di un sistema democratico. Che la filantropia su ampia scala possa avere effetti distorsivi sulle dinamiche sociali può apparire contrario al buon senso – dopotutto, queste strutture devolvono fondi importanti ad attività benefiche e solo per questo parrebbero esenti da ogni possibilità di critica, ma non è così. Già agli albori del fenomeno si registrarono le prime perplessità e nel lontano 1912 il miliardario Rockefeller dovette faticare non poco per essere autorizzato a far operare la fondazione che ancora oggi porta il suo nome.

Il dilemma del controllo sulle Fondazioni

Il punto è che queste fondazioni non rispondono a nessuno, ma hanno risorse per intervenire nei settori più disparati. In America, per esempio, sono moltissimi gli esempi in cui scuole e istituti accademici sopravvivono grazie alle donazioni filantropiche: persino l'attrice Goldie Hawn ha una sua fondazione che opera nel mondo dell'istruzione e porta, oltre ai fondi, anche le idee della promotrice sui metodi educativi. Reich accusa le fondazioni di rappresentare un potere che non ha adeguato controllo e cui bisognerebbe guardare sì con la dovuta gratitudine, ma anche con scetticismo e sospetto, perché il loro operato può minare le dinamiche democratiche. Le loro scelte, infatti, a detta di Reich interferiscono un po' troppo con le decisioni politiche, ma, a differenza di queste ultime, non passano mai al vaglio dei cittadini elettori.

Come regolamentare le attività filantropiche

Rinunciare tout-court al loro contributo, però sarebbe miope. Per Reich, piuttosto, sarebbe bene mettere in piedi un sistema di controlli efficace e, allo stesso tempo, non consentire di operare a quella pletora di piccole fondazioni che non hanno adeguate capacità operative ne' una struttura tale da poter essere davvero messa sotto osservazione, ma allo stesso tempo hanno grande rilievo e influenza nei piccoli ambiti in cui lavorano.

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Claudia Astarita

Amo l'Asia in (quasi) tutte le sue sfaccettature, ecco perché cerco di trascorrerci più tempo possibile. Dopo aver lavorato per anni come ricercatrice a New Delhi e Hong Kong, per qualche anno osserverò l'Oriente dalla quella che è considerata essere la città più vivibile del mondo: Melbourne. Insegno Culture and Business Practice in Asia ad RMIT University,  Asia and the World a The University of Melbourne e mi occupo di India per il Centro Militare di Studi Strategici di Roma. Su Twitter mi trovate a @castaritaHK, via email a astarita@graduate.hku.hk

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