Portogallo, perché ha battuto la crisi  (e cosa può insegnarci)
ANSA/ UFFICIO STAMPA PALAZZO CHIGI-TIBERIO BARCHIELLI
Economia

Portogallo, perché ha battuto la crisi  (e cosa può insegnarci)

Centrodestra e sinistra si sono alternati al governo in un mix di pragmatismo. Senza smantellare quanto fatto dagli avversari

Trovare una stanza libera a Lisbona fino al 12 maggio 2018  è un’impresa impossibile. Colpa dell’Eurovision Song Contest, il festival europeo della musica leggera, che ha riempito di turisti la capitale portoghese con un aumento delle presenze del 37% rispetto alle medie stagionali (fonte: eDreams). Ma non è  soltanto la nota manifestazione canora a far pullulare di gente le strade e le piazze della città lusitana. 

I bar e gli alberghi pieni di turisti, i tanti negozi con la fila alla cassa sono il simbolo della rinascita del Portogallo, una nazione che nel 2012, nel pieno della crisi dell’Eurozona, era sull’orlo della bancarotta, seconda solo alla Grecia per rischiosità del suo debito pubblico. Quella nazione disastrata e finita sotto la vigilanza della Troika, cioè dei commissari inviati dall’Ue, dalla Banca Centrale Europea e dal Fondo Monetario Internazionale, oggi cresce quasi il doppio dell’Italia. 

Pil con l'acceleratore

Nel 2017 il pil lusitano è aumentato del 2,7% e, se tutto va bene, continuerà a salire di oltre il 2% all’anno fino al 2022. La disoccupazione è all’8,5%, due punti e mezzo in meno che in Italia, mentre il debito pubblico è sceso al 126% circa del pil, contro il il 130% del 2016. Come è stato possibile un miracolo del genere? 

Di fronte a questo interrogativo, politici ed economisti di diverso orientamento si sono ovviamente divisi. C’è chi ha dato il merito agli effetti ritardati delle politiche di austerity messe in campo fino al 2014 dall’ex governo di centrodestra, basate su tagli alla spesa e contenimento del deficit. 

C’è invece chi ritiene artefice di questo mini boom l’attuale governo in carica, un monocolore socialista appoggiato dalla sinistra radicale e guidato da Antonio Costa, ex sindaco di Lisbona, che nel 2015 ha vinto le elezioni a colpi di slogan contro l’austerity europea. 


Austerity e riforme 

Dove sta la ragione? A dare una risposta scevra da pregiudizi ci ha provato Élie Cohen, economista francese di orientamento liberale, in un articolo pubblicato sulla rivista telos (e tradotto in italiano per Lavoce.info da Gabriele Guzzi). Nella sua analisi, Cohen ha passato in rassegna quanto accaduto all’economia portoghese dal 2008 in poi, quando la crisi economica internazionale ha iniziato pian piano a minare le basi dell’Unione Monetaria Europea. 

Obbligato a seguire i diktat della Troika come pegno per avere aiuti finanziari e non finire in bancarotta, l’ex governo di Lisbona di centrodestra ha dovuto adottare una vera e propria cura da cavallo, basata svalutazioni dei salari, tagli alle pensioni e alla spesa corrente, che hanno fatto scendere il deficit pubblico dal 9,8 al 2,3% del pil in 5 anni, tra il 2008 e il 2013.  

Pragmatismo lusitano

Poi, nel 2015 è salito al potere il governo di Costa, appoggiato all’esterno dalla sinistra radicale. Tuttavia, come sottolinea Cohen, la crescita economica stava in quel momento già ripartendo, la disoccupazione calando e i fondamentali economici del paese si stavano stabilizzando. E’ vero che la maggioranza a sostegno di Costa era anti austerity ma, a ben guardare, il nuovo governo socialista si è accontentato di misure minori, cioè di “di aumentare il salario minimo e le pensioni più basse, senza indietreggiare sui tagli alla spesa e sulle riforme approvate”.

“La contrazione della spesa pubblica e le riforme strutturali”, aggiunge Cohen, “hanno avuto la triplice virtù di migliorare la solvibilità del paese, ripristinare l’equilibrio commerciale con l’estero ed eliminare diversi ostacoli alla crescita”. 

E proprio dal pragmatismo di Costa può dunque venire un insegnamento prezioso a chiunque diventerà presidente del consiglio in Italia. Per evitare di fare danni, bisogna muoversi senza approcci ideologici e con i piedi di piombo: prima di smantellare le riforme del governo precedente, è bene analizzare con onestà quelle che hanno funzionato almeno un po’, migliorandole dove possibile senza cancellarle.

Per saperne di più: 

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Andrea Telara

Sono nato a Carrara, la città dei marmi, nell'ormai “lontano”1974. Sono giornalista professionista dal 2003 e collaboro con diverse testate nazionali, tra cui Panorama.it. Mi sono sempre occupato di economia, finanza, lavoro, pensioni, risparmio e di tutto ciò che ha a che fare col “vile” denaro.

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