L'eurobluff di Juncker sul piano da 300 miliardi
Epa/Stephanie Lecocq
Economia

L'eurobluff di Juncker sul piano da 300 miliardi

I miliardi disponibili saranno solo 21. E non saranno spesi, ma saranno messi a garanzia degli investimenti che faranno (?) i privati

La prima volta che il presidente della Commissione europea, Jean Claude Juncker parlò di un piano di investimenti da 300 miliardi di euro era il 15 luglio del 2014. La promessa era scritta nera su bianco nel testo del suo discorso di insediamento al vertice esecutivo dell’Europa che lesse davanti alla sessione plenaria del Parlamento. Da due settimane era iniziato il semestre di presidenza italiana dell’Europa e Matteo Renzi si intestò il merito di quella apertura a favore degli investimenti promossi dall'Europa. Pochi andarono a leggere il testo che, nella sua versione ufficiale, non dice affatto che i 300 miliardi sarebbero stati “pubblici”, cioè che li avrebbe tirati fuori l’Europa, peraltro quella stessa Europa che nel budget pluriennale ha deciso di tagliare il tagliabile (fino a mettere a rischio perfino il programma Erasmus). In quel testo è scritto che l’Europa avrebbe potuto “mobilitare fino a 300 miliardi di euro sotto forma di investimenti aggiuntivi pubblici e privati nell’arco dei prossimi tre anni”. Un discorso molto diverso.

In ogni caso la questione dei famosi 300 miliardi questa settimana è arrivata a conclusione. Il presidente della Commissione, pesantemente intaccato nella sua autorevolezza dallo scandalo sugli accordi segreti tra il “suo” Lussemburgo e alcune delle maggiori multinazionali europee per pagare meno tasse, presenterà il suo piano. E, sorpresa, l’Europa metterà a disposizione, secondo autorevoli indiscrezioni, appena 21 miliardi di euro, non 300. Di questi 21 miliardi, che saranno affidati ad un fondo, 16 miliardi saranno messi a disposizione dalla Ue e altri 5 dalla Banca Europea degli investimenti. Ma non saranno propriamente “spesi”: saranno messi a garanzia di prestiti che le aziende private europee chiederanno alle banche nazionali o internazionali per realizzare opere immediatamente cantierabili. Per arrivare a 300 miliardi di investimenti “veri”, in opere pubbliche “vere”, bisognerebbe che i privati invissero 15 volte la somma messa a disposizione. Un moltiplicatore decisamente eccessivo, quasi irraggiungibile. Di fatto, un bluff.

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Marco Cobianchi

Sono nato, del tutto casualmente, a Milano, ma a 3 anni sono tornato a casa, tra Rimini e Forlì e a 6 avevo già deciso che avrei fatto il giornalista. Ho scritto un po' di libri di economia tra i quali Bluff (Orme, 2009),  Mani Bucate (Chiarelettere 2011), Nati corrotti (Chiarelettere, 2012) e, l'ultimo, American Dream-Così Marchionne ha salvato la Chrysler e ucciso la Fiat (Chiarelettere, 2014), un'inchiesta sugli ultimi 10 anni della casa torinese. Nel 2012 ho ideato e condotto su Rai2 Num3r1, la prima trasmissione tv basata sul data journalism applicato ai temi di economia. Penso che nei testi dei Nomadi, di Guccini e di Bennato ci sia la summa filosofico-esistenziale dell'homo erectus. Leggo solo saggi perché i romanzi sono frutto della fantasia e la poesia, tranne quella immortale di Leopardi, mi annoia da morire. Sono sposato e, grazie alla fattiva collaborazione di mia moglie, sono papà di Valeria e Nicolò secondo i quali, a 47 anni, uno è già old economy.

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