Bce: l'Italia punta alla presidenza della vigilanza sulle banche
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Economia

Bce: l'Italia punta alla presidenza della vigilanza sulle banche

A fine anno scade il mandato della francese Nouy. In pole, tre italiani: in ballo la supervisione degli istituti di credito e il nodo delle sofferenze

A Francoforte non conta solo Mario Draghi, presidente della Bce. Lo sanno bene le grandi banche italiane, definite sistemiche, che sono alle prese con la gestione delle sofferenze bancarie. E che hanno avuto a che fare con il capo della vigilanza bancaria europea, la francese Danièle Nouy, una super burocrate con un passato all'autorità francese preposta alla vigilanza prudenziale e risoluzione delle crisi e come segretario generale del Comitato di Basilea per la vigilanza bancaria. Nominata a fine 2013, il suo mandato, iniziato il primo gennaio 2014 e di durata quinquennale, scadrà a fine 2018, un anno prima del termine dell'incarico affidato a Mario Draghi.

E se per la poltrona della Bce, quella che decide la politica monetaria, si vocifera da anni di un possibile incarico a un tedesco (il nome più citato è quelle del numero uno della Bundesbank Jens Weidmann) o a un banchiere di un paese "core" vicino alla Germania, alla vigilanza ora si fanno più insistenti le indiscrezioni di una possibile ascesa di un italiano.

A caccia di poltrone

A porre la questione ai piani alti, è stato a inizio luglio il quotidiano finanziario tedesco Handelsblatt, secondo cui il prossimo candidato alla vigilanza delle banche potrebbe venire da un paese del Sud Europa, con l'Italia che avrebbe "segnalato il suo interesse" proprio per il posto della Nouy.

Il quotidiano finanziario tedesco fa presente che il nostro paese è ben rappresentato oggi ai piani alti, ma rischia di non esserlo più nel giro di 18 mesi: a fine ottobre scade il mandato dell'alto rappresentate dell'Unione per gli Affari Esteri, Federica Mogherini; a luglio 2019 quello di Antonio Tajani, presidente del Parlamento europeo; e a fine 2019 quello di Mario Draghi.

Il nodo delle sofferenze

È naturale che un paese come l'Italia (terza economia dell'Eurozona e trai primi quattro per numero di abitanti) ambisca a occupare posizioni di rilievo a livello europeo. E la prima poltrona libera sarà appunto quella della Nouy: è un ruolo, il suo, piuttosto defilato, ma delicatissimo. Per capirlo, basta ritornare alle polemiche sugli stress test e sulle regole per rafforzare i bilanci delle banche europee imposte dalla Bce in anni recenti.

La vigilanza europea, infatti, è stata più volte accusata dalla stampa italiana di utilizzare due pesi e due misure: il guanto di velluto con le banche francesi e tedesche, molto attive sul mercato dei derivati, e il manganello con quelle italiane, che sono rimaste essenzialmente banche commerciali (l'investment banking è quasi del tutto assente nel nostro paese, salvo pochi casi).

Cominciano a circolare anche i primi nomi di italiani che potrebbero succedere a Nouy, professionisti stimati e tutti con esperienze nelle istituzioni europee. A partire da Andrea Enria, che dal 2011 guida l'Eba e che vanta un passato in Bankitalia e da consulente dell'ex premier Lamberto Dini (nel 1995). Gli altri papabili, inoltre, sono l'ex Bankitalia Ignazio Angeloni, che è nel consiglio della vigilanza bancaria europea dal 2014, e Fabio Panetta, membro del board di Bankitalia.

La partita, comunque, è tutta politica: l'indicazione della nomina del numero uno della vigilanza bancaria la fa formalmente il Consiglio dell'Unione europea, dopo l'ok del Parlamento europeo alla proposta relativa formata dal Consiglio direttivo della Bce.

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Massimo Morici

Scrivo su ADVISOR (mensile della consulenza finanziaria), AdvisorOnline.it e Panorama.it. Ho collaborato con il settimanale Panorama Economy (pmi e management) e con l'agenzia di informazione statunitense Platts Oilgram (Gas & Power).

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