La Grecia senza soldi studia il piano B
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Economia

La Grecia senza soldi studia il piano B

Il Daily Telegraph parla di nazionalizzazione delle banche, ma lo scenario potrebbe essere peggiore. Nessuno vuole il Paese fuori dall’eurozona. Eppure...

Delle due l’una. O la Grecia sta bluffando o lo scenario che si aprirà dopo Pasqua sarà il più drammatico della storia recente del Paese. Ambrose Evans-Pritchard e Mehreen Khan scrivono sul Daily Telegraph che le autorità governative elleniche stanno pensando a un Piano B in vista del rimborso di 458 milioni di euro al Fondo monetario internazionale (Fmi) previsto per il prossimo 9 aprile. Piano che comprenderebbe anche la nazionalizzazione delle banche. “Dobbiamo scegliere fra un default con il Fmi o un default con la nostra gente”, rivela un funzionario governativo ai due giornalisti. Fonti della Commissione europea smentiscono, ma intanto cresce il rischio di una sequela di eventi che potrebbero compromettere Atene. 

La vera domanda

La vera domanda non riguarda tanto le disponibilità di cassa della Grecia, quanto in che modo intende agire nei prossimi mesi. Per ora le negoziazioni con il Brussels Group, ovvero la vecchia troika composta da Fondo monetario internazionale (Fmi), Banca centrale europea (Bce) e Commissione Ue, con l’aggiunta dello European stability mechanism (Esm), sono a un punto morto. A tal punto che i funzionari hanno lasciato Atene nelle ultime ore per mancanza di nuovi sviluppi, come abbiamo appreso da fonti governative. Il dialogo fra il primo ministro Alexis Tsipras, il ministro delle Finanze Yanis Varoufakis, le autorità greche e quelle europee ricomincerà da martedì, per poi continuare con l’Euro working group nel pomeriggio dell’8 aprile e nella mattinata del 9. E non ci sono indicazioni, spiegano due diversi funzionari della Commissione europea, “riguardo a una possibile nazionalizzazione delle banche del Paese, né dell’esistenza di un Piano B che preveda un ritorno alla dracma. Sono indiscrezioni destituite di fondamento”.

L’esistenza di un Piano B è destituita di fondamento

Pazienza in calo

Niente scenario estremo per Atene, come raccontato dal Daily Telegraph? Per ora, no. “Le negoziazioni sono difficili, ma non perdiamo la fiducia”, spiegano i funzionari a Panorama.it. L’impressione, a sentire le loro voci, è che però la pazienza sia già finita. Dietro a una doverosa facciata istituzionale, la frustrazione per l’ulteriore perdita di tempo dietro a una lista di riforme strutturali necessaria per il futuro del Paese è evidente. Più il tempo passa, più si svuotano le casse dello Stato, più va sotto pressione il sistema bancario. 

Il ruolo della Bce

Sebbene i policymaker europei continuino a ribadire che l’uscita della Grecia dall’eurozona non è un’opzione sul tavolo, non si può escludere una "uscita per errore". Una secessione accidentale, se così la si vuol chiamare, frutto di una serie di eventi più o meno fortuiti, più o meno indotti. Le situazioni di stress sono tante. C’è la crisi di liquidità, che sta costringendo Tsipras e Varoufakis a pensare a ogni modo possibile per ripagare i prestiti dei creditori internazionali. Ma questa crisi è aggravata dallo stallo nelle trattative con il Brussels Group. Senza un programma di riforme preciso, dettagliato e sostenibile - avverte l’ex troika - non ci potrà essere lo sblocco di alcun nuovo finanziamento.

Allo stesso modo, c’è la tensione con la Bce, la quale da un lato ha tolto alle banche greche l’accesso alle operazioni di rifinanziamento. Dall’altro ha escluso il Paese dal Quantitative easing. Dall’altro ancora sta avendo un pesante braccio di ferro con la banca centrale ellenica sul canale di liquidità emergenziale, l’Emergency liquidity assistance (Ela), l’unico che sta sostenendo il sistema bancario greco. Sullo sfondo c’è la questione dei T-Bill, i titoli di Stato a breve scadenza. Il limite d’emissione annuale, 15 miliardi di euro, non sarà innalzato, per evitare che le banche elleniche si imbottiscano ancora di più di questi asset e che il governo utilizzi questo stratagemma per ripagare i debiti. Nessuno sconto.

Continuiamo a ritenere che si arrivi a un accordo entro la fine di aprile

La crisi bancaria...

Oltre a questo, c’è la crisi bancaria. I depositi domestici continuano a calare, ponendo gli istituti di credito in una posizione a dir poco terrificante. Dallo scorso novembre a oggi sono volati via quasi 30 miliardi di euro, secondo i dati della banca centrale ellenica. I depositi sono quindi sotto quota 150 miliardi di euro. Più lo stress aumenta, più i cittadini greci ritirano contanti. Allo stesso tempo, più sale la tensione, più si riducono i margini di ritorno alla crescita del Paese. Le ultime assunzioni del governo greco, che stimano un Pil in crescita del 2,9% nell’anno in corso e del 3,7% nel prossimo, sono considerate irrealistiche dalla maggior parte degli analisti economici, sia del settore privato sia delle istituzioni europee. E lo stallo non fa altro che peggiorare una situazione già desolante. 

... e quella politica

E poi c’è la questione politica. Se è vero che Tsipras e Varoufakis hanno il mandato politico per rinegoziare il programma di salvataggio, è altrettanto vero che non lo hanno per far uscire il Paese dall’area euro. Tuttavia, se non ci sarà uno sviluppo concreto entro la fine del periodo di estensione dell’attuale programma, che termina ufficialmente a giugno ma dovrà essere rivisto a fine aprile, allora la pazienza dei partner internazionali potrebbe arrivare al capolinea, costringendo le autorità elleniche a prendere posizioni irrazionali e spinte dall’emotività. “A distanza di oltre due mesi dalle elezioni generali non ci sono passi avanti, e l’accordo del 20 febbraio è fragilissimo”, avverte J.P. Morgan. Anche la decisione di non rimborsare il Fmi è puramente politica. Se si opta per questa via, il segnale politico sarebbe devastante per la fiducia in un esito positivo per il Paese.

A distanza di oltre due mesi dalle elezioni generali non ci sono passi avanti, e l’accordo del 20 febbraio è fragilissimo

Uscita accidentale?

Secondo la banca francese Natixis “un accordo sarà eventualmente raggiunto entro la fine di aprile”. Ma Natixis ricorda anche che sta crescendo il pericolo di un’uscita dall’eurozona che, se da un punto di vista economico e finanziario sembra gestibile, sarebbe inestimabile sul fronte dell’impatto sulla fiducia degli agenti economici e degli investitori internazionali. Nessuno vuole un’uscita della Grecia dall’area euro, così come tutti sono consapevoli che a oggi si può solo comprare tempo e che la palla rimane nel campo dei politici ellenici. Prima mostreranno di essere responsabili verso i propri cittadini e i partner internazionali, prima il rischio di un’uscita accidentale sarà mitigato. 

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Fabrizio Goria

Nato a Torino nel 1984, Fabrizio Goria è direttore editoriale del sito di East, la rivista di geopolitica. Scrive anche su Il Corriere della Sera e Panorama. In passato, è stato a Il Riformista e Linkiesta e ha scritto anche per Die Zeit, El Mundo, Il Sole 24 Ore e Rivista Studio. È stato nominato, unico italiano, nella Twitterati List dei migliori account Twitter 2012 da Foreign Policy.

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