Grecia: ecco la corsa a ostacoli per non dire addio all'euro
Economia

Grecia: ecco la corsa a ostacoli per non dire addio all'euro

Il Financial Times Deutschland rilancia l'ipotesi di un'uscita di Atene della moneta unica. Per gli esperti di Merril Lynch il rischio è altissimo. E forse a Berlino stanno già facendo i conti di un’uscita di Atene dal club della moneta

Non c’è settembre che tenga. E’ sotto il solleone d’agosto che è già partita la campagna per scongiurare il crac dell’euro. Antonis Samaras, il premier greco in visita a Berlino ha servito a Frau Merkel quello che chiedevano i falchi del rigore: sostanza.

Lì sotto il naso le ha sbandierato conti pubblici migliori rispetto agli obiettivi imposti dalla Troika. E qui una ricompensa ci vuole: niente soldi, questa volta alla Cenerentola d’Europa andrebbe bene avere in tasca solo più tempo .

Peccato che ogni richiesta abbia sempre un prezzo da pagare. E in questo caso specifico se la Cancelliera tace – ha scritto il Financial Times Deutschland – è perché dietro le quinte, in Germania, hanno iniziato a fare i conti di un’uscita di Atene dal club della moneta unica. E come ammesso Athanasios Vamvakidi, strategist del reddito fisso di Bank of America Merril Lynch, forse non hanno tutti i torti: “Sono ormai troppe le mine vaganti pronte a deflagrare”.

In questo giro di poker il copione che avrebbero recitato i protagonisti era prevedibile. Nella sua trasferta tedesca il premier ellenico ha chiesto di regalare alla Grecia due anni in più per far quadrare quei conti che sembrano un pozzo senza fine. Lei, Angela Merkel, non ha battuto ciglio: è rimasta abbottonata. Eppure all’ombra del Partenone qualcosa si muove. Atene ha ridotto del 16% da 31 a 26 miliardi l’anno gli stipendi del settore pubblico, ha tagliato le spese statali del 18% e del 22% il salario minimo. Una cura dolorosa che ha permesso di far scendere il costo del lavoro in Grecia del 3% lo scorso anno e di un altro 9% nei primi tre mesi 2012, con il rapporto deficit/ Pil crollato dal 10,4% del 2010 al 2,2% del 2011.

Spostare le lancette dell'orologio al 2016 dal 2014 per portare a termine i tagli alla spesa da 11,5 miliardi di euro necessari per ottenere la prossima tranche di aiuti da 31 miliardi dai parte dei creditori internazionali resta oggi un’altra storia da raccontare. Qui il terreno diventa scivoloso. Fondamentale sostiene qualche economista sarà il report che Commissione  europea, Bce e Fmi, di ritorno da Atene intorno al 5 settembre, sforneranno per il meeting informale dell'Ecofin, in agenda il 14 settembre a Bruxelles. Anche qualora la Grecia superasse l’esame è però meglio non farsi illusioni.

In Germania un gruppo di lavoro guidato dal vice ministro delle Finanze si sarebbe, infatti, messo a studiare il possibile impatto economico di un'uscita del Paese dall'area euro, ha segnalato il Financial Times Deutschland. Tanto zelo – viene spiegato nell’articolo – perché la Cancelliera e il ministro delle finanze, Wolfgang Schauble, vogliono essere preparati ossia capire come potrebbe essere prevenuto il famigerato effetto domino sugli altri Stati membri dell’eurozona.

Il punto – azzarda Vamvakidi di Merrill Lynch da Londra – è che sono almeno cinque i fattacci che possono far precipitare la situazione in Grecia nelle prossime settimane. Numero uno il governo ellenico potrebbe non essere d'accordo sul nuovo pacchetto di austerità da ingoiare in cambio della dilazione. Secondo il Parlamento potrebbe non approvarlo. Terzo la sua attuazione potrebbe rilevarsi troppo problematica in quanto quarto potrebbe scatenare disordini sociali. E non ultimo alcuni Paesi di Eurolandia potrebbero non voler più investire risorse nella causa greca.

Ecco quindi spiegato per l’esperto della ML perché la sopravvivenza della Grecia nella moneta unica, nonostante i ramoscelli di ulivo offerti dalla Bce di Mario Draghi, dal presidente francese Francois Hollande e dal premier italiano Mario Monti, resta a serio rischio. “Se anche solo una di queste ipotesi si concretizzerà farà deragliare le buone intenzioni”. Proprio quelle che, al di là delle frasi di circostanza, dalla Germania all’Olanda fino alla Svezia, sempre in meno in realtà sembrano essere disposti a sponsorizzare.  

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Micaela Osella