Grecia: le due strade di Tsipras per evitare il disastro
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Economia

Grecia: le due strade di Tsipras per evitare il disastro

La Troika (Fmi, Bce e Ue) torna ad Atene. Due le strade: adottare vere riforme strutturali o fare i conti con le casse dell’erario, sempre più risicate

Pochi giorni dopo l’affermazione di Syriza alle elezioni in Grecia, il presidente dell’Eurogruppo Jeroen Dijsselbloem si recò ad Atene per discutere con il neo ministro delle Finanze Yanis Varoufakis. L’incontro fu duro. Varoufakis, senza giri di parole, disse che nel Paese non ci sarebbe più stato posto per la troika composta da Fondo monetario internazionale (Fmi), Banca centrale europea (Bce) e Commissione Ue. “L’esperienza della troika è finita”, disse il ministro ellenico. A poco più di un mese di distanza, invece, il terzetto composto da Fmi, Bce e Commissione Ue tornerà in Grecia. 

Cosa sta accadendo 

Domani ricominceranno i negoziati tecnici fra le istituzioni (guai a chiamarle ancora troika, dicono i greci) sia a Bruxelles sia in Grecia. L’obiettivo è quello di porre le basi per la piena implementazione nel Paese delle riforme strutturali promesse dal governo di Alexis Tsipras nell’ambito dell’estensione di quattro mesi del programma di salvataggio. Per ora, la lista di riforme inviata da Varoufakis non è considerata sufficiente dall’Eurogruppo. Due i principali motivi. Perché non contempla le coperture finanziarie per le misure da introdurre nel Paese e perché queste ultime sono considerate “troppo vaghe” dagli sherpa dell’Eurogruppo.

Il problema è il tempo sta stringendo sempre più. Il 15 marzo la Grecia dovrà rimborsare al Fmi una parte dei prestiti erogati negli anni scorsi, per un controvalore di circa 1,6 miliardi di euro. E i soldi nelle casse della Grecia sono sempre meno. Per onorare il debito si sta pensando infatti di accedere al fondo di salvataggio bancario per rastrellare circa 555 milioni di euro. Una proposta che sarebbe anche ben accetta al numero uno del fondo European stability mechanism (Esm), Klaus Regling. Questo perché, come ha ricordato la banca statunitense J.P. Morgan, “le esigenze di finanziamento del Paese stanno aumentando per colpa dei depositi in fuga dagli istituti di credito greci dopo le elezioni e per colpa delle minori entrate tributarie registrate in questi primi mesi dell’anno”. Più lo stallo continua, più la Grecia patisce sotto il profilo finanziario. E quella di domenica non è che la prima di una serie di scadenze che saranno cruciali per Atene.

Le esigenze di finanziamento della Grecia stanno aumentando

Le priorità

“Non bisogna perdere altro tempo, se n’è perso già troppo”. Ieri Dijsselbloem ha dato sfogo a quello che quasi tutti i funzionari europei pensano da tempo. “Tutti tranne uno pensano che non ci siano state perdite di tempo”, ha detto poi il ministro tedesco delle Finanze, Wolfgang Schäuble. Chiaro il riferimento a Varoufakis, che ha ricordato ai colleghi dell’Eurogruppo che bisogna avere tempo a disposizione prima di proporre un piano di riforme dettagliato e attuabile. Il problema è che dal primo incontro con Dijsselbloem a oggi sono passati una quarantina di giorni. Se non si trova una quadratura del cerchio, almeno di base, entro questo weekend allora l’orologio correrà ancora più velocemente di adesso. La missione ad Atene, spiegano dalla Commissione europea, lavorerà in stretto contatto con il team di Bruxelles. E una cosa appare certa. A guidare la squadra che dialogherà con le autorità elleniche saranno le tre persone che erano state ripudiate da Tsipras e Varoufakis, cioè Rishi Goyal (Fmi), Klaus Masuch (Bce) e Declan Costello (Commissione Ue). Stesse persone, nome diverso? Per ora, forse, l’unica vittoria del governo greco è questa. 

I conti pubblici greci

Come ci spiegano fonti della Commissione europea “i negoziati sono difficili, perché non sappiamo bene con chi parlare e di certo le autorità greche non ci chiamano né ci informano su cosa vogliono fare nel dettaglio”. Ancora una volta il senso di frustrazione dei funzionari europei è molto elevato. Lo era due mesi fa, lo era un mese fa, lo è oggi. Lo scorso 11 febbraio, dalle colonne de La Stampa, il direttore dell’Istituto Bruno Leoni, Alberto Mingardi, ha ricordato in che situazione si trova Atene. “Grazie all’odiata troika, la Grecia di Tsipras oggi ha un avanzo primario e potrebbe, nel breve, continuare a pagare gli stipendi. Nel medio periodo, farebbe fatica a chiedere nuovi prestiti, come qualsiasi debitore insolvente”, ha scritto Mingardi. A un mese di distanza, è vero che può ancora pagare stipendi pubblici e pensioni, ma resta insolvente. Delle due l’una: o si adottano riforme strutturali in modo serio, con il rischio di perdere il consenso politico, o Tsipras e Varoufakis dovranno fare i conti con le casse dell’erario, sempre più risicate.

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Fabrizio Goria

Nato a Torino nel 1984, Fabrizio Goria è direttore editoriale del sito di East, la rivista di geopolitica. Scrive anche su Il Corriere della Sera e Panorama. In passato, è stato a Il Riformista e Linkiesta e ha scritto anche per Die Zeit, El Mundo, Il Sole 24 Ore e Rivista Studio. È stato nominato, unico italiano, nella Twitterati List dei migliori account Twitter 2012 da Foreign Policy.

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