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Economia

Flessibilità sui conti: cosa si aspetta Renzi da Angela Merkel

Decisioni formali alla Commissione Ue, ma l'ok deve arrivare dalla Germania. In gioco un po' delle chance di crescita. Eccezione già ottenuta per la cultura

Il passaggio chiave a Ventotene  Angela Merkel lo ha marcato quando le hanno chiesto cosa ne pensasse della "flessibilità" sui conti pubblici per chi sta dentro l'Europa. Quindi soprattutto per l'Italia. Ha detto lunedì la cancelliera al vertice di Ventotene durante la conferenza stampa: "Il patto di stabilità contiene già molta flessibilità, che va impiegata in maniera saggia".

E il concetto di "flessibilità" porta con sé altri concetti: riforme, deficit, debito pubblico, Finanziaria.

Sarà comunque compito della Commissione Ue, ha aggiunto Merkel, confrontarsi con gli Stati membri. Nessuno, a Berlino e dintorni, vuole che Italia e Francia non crescano.

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Parole che non sanno di chiusura, ma neanche di apertura totale alle richieste dell'Italia di una flessibilità sul rapporto deficit/Pil anche nel 2017.

Certo Renzi ha incassato un plauso da Merkel alle sue riforme: "pietre miliari" per un "futuro sostenibile. Tuttavia nessuno può dimenticare quanto sia difficile, in Germania e nei Paesi del Nord, far tollerare ulteriori concessioni a Paesi 'non virtuosi' dal punto di vista del debito come Francia e Italia.

Si tratterebbe, per esempio, di chiudere un occhio sul limite dell'una tantum imposto dall'Ecofin alla flessibilità e definito lunedì dal viceministro dell'Economia Enrico Morando "inaccettabile".

Crescita e occupazione
Il governo Renzi punta sulla possibilità di spingere l'acceleratore sugli investimenti e i provvedimenti per sostenere crescita e occupazione. Priorità condivise - almeno in linea di principio - anche dalla Commissione europea. Aree sulle quali però fino a oggi l'Europa si è mossa poco, almeno a sentire i keynesiani.

Siamo ancora all'inizio della partita, e, quello di Ventotene per Renzi è stato il primo contatto in vista del bilaterale italo-tedesco di Maranello di fine agosto. Lì i temi della crescita e degli investimenti saranno inevitabilmente sul tavolo.

Riforme possibili sono con un po' di flessibilità
Renzi ha buone carte da giocare: lunedì ha ricordato che l'Italia è al deficit più basso negli ultimi dieci anni e continuerà su questo binario, ma allo stesso tempo, ha sottolineato come la missione del governo sia quella di attuare quelle "riforme strutturali" che, di fatto, sarebbero strozzate da una Finanziaria bloccata da regole troppo rigide.
Va detto che Renzi, come nota martedì Gerardo Pelosi sul "Sole 24 Ore", ha invocato soprattutto il buon senso, quello usato recentemente sulle regole dei bilanci di Spagna e Portogallo, più che sulle discussioni di principio. E Merkel lo ha apprezzato.

Martedì sul "Sole 24 Ore" Dino Fiesole ci ricorda che le trattative con i singoli paesi sulla flessibilità sono state affidate formalmente alla Commissione Ue "con il tacito e implicito consenso di Berlino e Parigi".
Si tratta di "Clausole su riforme, investimenti, eventi eccezionali: l'Italia ne ha beneficiato per lo 0,75% del Pil nel 2016 (14 miliardi), ed ha già sostanzialmente ottenuto dalla Commissione Ue di fissare all'1,8% il deficit del 2017, rispetto a un obiettivo iniziale dell'1,1%, poi corretto all'1,4%". Ora, spiega Fiesole, si parla un altro aumento (il limite dovrebbe arrivare al 2,2-2,3%), "aprendo in tal modo un margine di bilancio tra gli 8 e i 10 miliardi a beneficio dei conti del prossimo anno".

Merkel non ha chiuso porte in faccia a Renzi. D'altra parte però non si è certo esposta in modo esplicito e generico verso possibili eccezioni alle regole. Gli esperti dicono che non avrebbe potuto. Non prima delle elezioni regionali di domenica 4 settembre in Meclemburgo e soprattutto non prima di vedere i capi di governo dei paesi del Nord Europa, che si considerano super virtuosi, e poi quelli del gruppo di Visegrad: Polonia, Cechia, Slovacchia e Ungheria che frenano su qualsiasi iniziativa che acceleri verso una maggiore integrazione europea.

Però l'approccio pragmatico qualche risultato l'ha già ottenuto. Infatti, pare che nella cena a tre dopo la conferenza stampa sul ponte della Garibaldi, Renzi abbia strappato un certo accordo all'idea di scorporare dal Patto di stabilità gli investimenti per i siti culturali.

Referendum
Il tutto va ad incrociarsi con un referendum sul quale l'attenzione della stampa e delle cancellerie internazionali è altissima e che, sebbene Renzi abbia ormai completato la sua opera di spersonalizzazione, risulta comunque determinante per il programma di riforme, anche economiche e fiscali, del premier.

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Redazione Economia