Draghi e il supercommissario che divide
Economia

Draghi e il supercommissario che divide

Chi è e cosa dovrebbe fare il nuovo controllore dell'Europa. Che piace alla Merkel ma non a Monti e Hollande

Giovedì 1 novembre Mario Draghi compie il suo primo anno alla guida della Banca centrale europea. Ma il Presidente ha già festeggiato a modo suo con un’intervista a Der Spiegel, il più diffuso settimanale tedesco, che è già in bella evidenza nella home page del sito dell’istituto, tradotta in inglese . Non è un caso la scelta della testata. Perché se Draghi ha potuto salvare l’euro, come da molte parti gli viene riconosciuto, è perché ha creato un’asse di ferro con la cancelleria Angela Merkel, mentre la Bundesbank, la banca centrale tedesca, ha continuato a fargli la guerra, più o meno sommessamente.

Dal piatto di spaghetti all’elmetto prussiano, in 12 mesi ne ha fatta di strada SuperMario nell’opinione popolare tedesca. E quindi nella sua ultima intervista non si tira indietro e appoggia senza reticenze l’idea del ministro delle finanze del governo di Berlino, Wolfgang Schauble, di un supercommissario Ue con il potere di intervenire nei bilanci degli Stati europei che non rispettino le regole comunitarie.

Una posizione chiara che ha subito provocato le reazioni di chi non vede di buon occhio questa prospettiva. Primo fra tutti l’altro SuperMario (Monti) che da Madrid ha mandato a dire: "È un po' un mito andare alla ricerca del supercommissario". Il presidente del Consiglio argomenta con il suo stile professorale: "La tesi che il supercommissario all'Economia dovrebbe avere gli stessi poteri del commissario alla Concorrenza, che è un vero supercommissario, non sta in piedi perché con la riforma fatta ha già poteri maggiori rispetto al commissario alla Concorrenza".
 Dunque smorza in finale: "Non ho ancora letto l'intervista. Ma so che di solito il presidente Draghi e io abbiamo molte opinioni in comune. Dunque con questo approccio la leggerò".
 Il premier Monti ha un alleato nel presidente francese Francois Hollande, che liquida la questione come preoccupazione pre-elettorale della Merkel e affonda: "Non è ancora tempo per aprire un nuovo trattato. Prima di discutere delle prossime tappe, dobbiamo chiudere l’unione bancaria ". E ci vorranno ancora due anni, secondo la road map definita nel vertice di metà ottobre.

Il supercommissario non piace neanche a Bruxelles, sempre contraria a impicciarsi negli affari interni dei paesi membri. Il portavoce della Commissione ha elencato ben tre motivi di perplessità: già ci sono sul tavolo proposte per potenziare i poteri di supervisione delle politiche di bilancio; c’è già il "six pack" , il pacchetto deciso nel settembre 2011 per integrare le politiche nazionali di bilanci, e il vicepresidente Olli Rehn se ne occupa e preoccupa. E poi c’è la questione filosofica di fondo: come può esserci un potere più potente degli altri all’interno della Commissione che è un organo collegiale?

Draghi non sembra preoccuparsi di tanto scetticismo e ostilità. In questo momento a lui, nel suo primo compleanno a Francoforte, interessa consolidare l’alleanza con Frau Merkel. E chi strilla per il rischio di perdere la sovranità nazionale lancia un avvertimento secco e tagliente: "Alcuni Paesi non hanno capito di aver già perso la sovranità da molto tempo perché sono pesantemente indebitati e questo li rende dipendenti dal buon volere dei mercati". Non lo dice, ma ovviamente pensa alla Grecia. E, magari, alla sua Italia. Se ne discuterà certamente al prossimo vertice UE di dicembre.

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Giovanni Iozzia

Ho lavorato in quotidiani, settimanali e mensili prevalentemente di area economica. Sono stato direttore di Capital (RcsEditore) dal 2002 al 2005, vicedirettore di Chi dal 2005 al 2009 e condirettore di PanoramaEcomomy, il settimanale economico del gruppo Mondadori, dal 2009 al maggio 2012. Attualmente scrivo su Panorama, panorama.it, Libero e Corriere delle Comunicazioni. E rifletto sulle magnifiche sorti progressive del giornalismo e dell’editoria diffusa.  

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