Alexis Tsipras
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Economia

Crisi Grecia: c’è una possibilità che non fallisca a giugno

Potrebbe evitare la dichiarazione d’insolvenza aprendo un piano di rientro. Ma serve la volontà politica di farlo. Tsipras l’avrà?

Che sia utile solo a tentare di andare avanti nelle trattative, anche se in modo sempre più difficoltoso, è ormai pacifico. Il vertice di Riga, fra oggi e domani, con ogni probabilità non porterà alcun risultato definitivo sull’affaire Grecia. Potrebbe però essere funzionale a vagliare, una volta per tutte, le strade che si possono percorrere. “Tutto resta sul tavolo, non c’è alcuna decisione, non c’è alcuna via da escludere”, riferisce un funzionario della Commissione europea vicino al dossier ellenico. Il tempo, tuttavia, scarseggia. E con esso, i soldi nelle casse del Tesoro greco.

Le novità? 

Il piano su cui si sta muovendo la Grecia non è solo inclinato. È quasi totalmente verticale. E il precipizio è alto. Il Brussels Group composto da Fondo monetario internazionale (Fmi), Banca centrale europea (Bce), Commissione Ue e European stability mechanism (Esm) continua a chiedere al governo del primo ministro Alexis Tsipras e del ministro delle Finanze Yanis Varoufakis uno sforzo nell’adozione delle riforme strutturali da tempo richieste al Paese. Ma Atene non vuole sentire ragioni e continua a dire di no a riforma delle pensioni, riforma del mercato del lavoro, privatizzazioni e surplus primario, oltre che al completamento del secondo programma di salvataggio, varato nel 2012. 

L’Eurogruppo sta valutando di estendere fino all‘autunno l’attuale programma di salvataggio

Le indiscrezioni

Di fronte a uno scenario così incerto e ballerino, le voci si rincorrono a un ritmo significativo. Nell’edizione mattutina, il quotidiano tedesco Süddeutsche Zeitung ha riportato, citando un alto funzionario dell’Eurogruppo, che il consesso dei ministri finanziari della zona euro starebbe considerando di estendere l’attuale programma di salvataggio, già esteso di quattro mesi lo scorso 20 febbraio, fino al prossimo autunno. Il tutto perché sarebbe “la migliore opzione” per prevenire un’insolvenza accidentale e la conseguente uscita della Grecia dall’eurozona. In pratica, per scongiurare lo scenario, potenzialmente, più dannoso sia per la fiducia degli investitori internazionali sia per la credibilità dell’area euro. La smentita di queste indiscrezioni è arrivata per voce del vice presidente della Commissione Ue, Valdis Dombrovskis, il quale ha ricordato che “non ci sono trattative su un’ulteriore estensione del programma”. L’impressione, ancora una volta, è che tutto sia ancora troppo fumoso per essere definitivo. 

Le incombenze 

Di chiaro c’è che il tempo è finito. Come sottolineato alcuni giorni fa, i soldi nelle casse greche sono sempre di meno. Le indiscrezioni parlano di circa 90 milioni di euro, anche dopo la requisizione della liquidità di cassa degli enti locali, circa 2,5 miliardi di euro. Dopo il rimborso dei prestiti del Fmi dello scorso 12 maggio, circa 760 milioni di euro, effettuato drenando la liquidità dalle riserve elleniche proprio presso l’istituzione di Washington, e dopo il pagamento di stipendi e pensioni dal parte del governo centrale, circa 1,6 miliardi, Atene è rimasta quasi senza opzioni. E a giugno il conto dei rimborsi, solo al Fmi, è elevato: 5 giugno, con 307 milioni di euro; 12 giugno, con 345 milioni; 16 giugno, 575 milioni; 19 giugno, 345 milioni. Totale, 1,572 miliardi di euro solo nel prossimo mese. Al conto bisogna però aggiungere 1,6 miliardi di euro di stipendi e pensioni. Ed è per questo che ieri Nikos Filis, portavoce del gruppo parlamentare di Syriza, ha detto che il 5 giugno il Paese non potrà onorare i propri debiti con il Fmi. “Non ci sono fondi, ma il governo pagherà stipendi e pensioni. Non daremo soldi ai creditori”, ha spiegato. Questo, però, potrebbe non tradursi in via immediata nell’insolvenza della Grecia.

Non ci sono trattative su un’ulteriore estensione del programma

La via del Fmi

Tecnicamente, Atene potrebbe anche saltare un rimborso al Fmi. In teoria, a 30 giorni dal mancato pagamento, le autorità finanziarie come l’International swap and derivatives association (Isda), l’organo che regolamenta i derivati finanziari mondiali, sarebbe legittimata a dichiarare fallita la Grecia. Non onorare un obbligazione con il Fmi implica infatti quello che in termine tecnico si definisce un “credit event”, un evento creditizio. No rimborso, si bancarotta. C’è però una possibilità a favore di Atene, che le permetterebbe di evitare la dichiarazione d’insolvenza. 

Il percorso 

La procedura del Fmi in questo caso è chiara. Il 6 giugno, una volta appurato il mancato rimborso, sarà aperto un fascicolo sulla Grecia e il Paese sarà esortato a pagare al più presto. Inoltre, il Fmi bloccherà l’uso delle risorse elleniche presso il Fmi (già ridotte al lumicino dopo il pagamento del 12 maggio, ndr) e ogni richiesta del loro uso sarà rigettata automaticamente. Dopo due settimane, nel caso il Paese non avesse ancora regolarizzato la propria situazione, i funzionari del Fmi invieranno al numero uno, cioè Christine Lagarde, una nota ricordando l’urgenza della faccenda. Dopo un mese la Lagarde informerà il board del Fmi dell’esistenza della situazione debitoria ellenica. Nel frattempo, quindi con il rischio di essere considerati insolventi dalle autorità finanziarie, la Grecia potrà avviare con il Fmi un programma di cooperazione per il rientro del debito. In altre parole, avrà la facoltà di negoziare con il Fmi. Ma non è detto che lo faccia, dato che non è obbligatorio ed è comunque una scelta politica. Nel caso avviasse un tavolo di trattative, il Fmi potrebbe notificare l’esistenza dello stesso alla comunità internazionale, bloccando la dichiarazione di insolvenza.

È stata incrementata l’Emergency liquidity assistance fino a 80,2 miliardi di euro

L’ipotesi estrema

Questo nella migliore delle ipotesi, che prevede una capacità negoziale del governo Tsipras finora mai osservata. Ma potrebbe andare peggio. A distanza variabile - fra 6 e 12 mesi dal mancato pagamento - il Fmi invierà una nota ufficiale al Paese a tutti i più alti funzionari dell’istituzione di Washington e delle maggiori entità finanziarie, ammonendo la Grecia di onorare il proprio debito e avvisando la comunità internazionale del rischio che Atene sia insolvente. Se entro 15 mesi la Grecia non ripaga i debiti, allora sarà considerata la messa in campo di due armi diplomatiche. La prima è una dichiarazione di non-cooperazione tra il Paese e il Fmi. La seconda è lo stop all’assistenza tecnica all’interno del Paese. Passati tre mesi, saranno sospesi i diritti di voto e la rappresentanza del Paese presso il Fmi. Vale a dire che de facto la Grecia sarebbe fuori dal circuito del Fmi. Infine, a 24 mesi dal mancato pagamento, il Fmi avrà diritto a esercitare una procedura di prelievo forzoso dei beni ellenici.

Quale scenario?

L’ultimo è lo scenario estremo, al quale nessuno vuole arrivare. Anche perché, probabilmente, se si arrivasse al prelievo forzoso da parte del Fmi significherebbe che il Paese avrebbe già perso sia la possibilità di ottenere un terzo programma di sostegno da parte del Brussels Group sia il supporto della Bce tramite l’Emergency liquidity assistance (Ela), la stampella di liquidità che sta tenendo in piedi il sistema bancario ellenico. E senza l’Ela Atene sarebbe nella sostanza fuori dall’area euro. Anche prima del prelievo forzoso.

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Fabrizio Goria

Nato a Torino nel 1984, Fabrizio Goria è direttore editoriale del sito di East, la rivista di geopolitica. Scrive anche su Il Corriere della Sera e Panorama. In passato, è stato a Il Riformista e Linkiesta e ha scritto anche per Die Zeit, El Mundo, Il Sole 24 Ore e Rivista Studio. È stato nominato, unico italiano, nella Twitterati List dei migliori account Twitter 2012 da Foreign Policy.

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