Crisi: meno uno all'appuntamento Bce. Ecco (per Jp Morgan) perché il mal di spread può essere letale
Economia

Crisi: meno uno all'appuntamento Bce. Ecco (per Jp Morgan) perché il mal di spread può essere letale

In attesa del piano di Draghi. Per la banca americana bisogna intervenire sulle distorsioni di governance nell'Eurozona. Altrimenti è già la fine

Altro che 200 punti base. E' ancora lì a fare le capriole intorno a quota 400 lo spread fra i Btp e i Bund tedeschi, ben lontano dalla soglia indicata come la più corretta dai tecnici della Banca d’Italia. Loro, Antonio Di Cesare, Giuseppe Grande, Michele Manna e Marco Taboga, gli autori del rapporto hanno ribadito che si tratta di effetto contagio, che si va a sovrapporre ai fondamentali economici del Paese. Gli altri, gli analisti di JP Morgan, non ci stanno.

Hanno realizzato un indicatore sintetico del grado di ripiegamento nazionale del sistema finanziario europeo. Risultato: il livello di divergenza è tale da porre in discussione il concetto stesso di moneta unica. Come dire: il mal di spread del Sud Europa è colpa delle distorsioni causate dalla governance dell’Eurozona, cioè di natura sistemica, non più colpa o merito delle scelte di politica di singoli paesi.

Li avrà anche definiti ingiustificati i tassi d'interesse pagati da alcuni Italia e Spagna per collocare sul mercato il proprio debito, il presidente dell'Unione Europea, Herman Van Rompuy, in un discorso pronunciato questa mattina davanti agli ambasciatori presso l'Ue, invocando un intervento della Bce, ma alla fine restano solo parole. E chiamata in causa l'Eurotower preparerà anche il suo arsenale anti-spread, ma niente illusioni.

Anche se alla cena stasera un atteso Mario Draghi presenterà ai suoi colleghi governatori un pacchetto che spazierà fra un ventaglio di interventi incentrato sull'acquisto dei titoli di Stato , sul mercato secondario, dei Paesi in difficoltà e per non creare fratture con la Bundesbank il tutto è stato studiato nei minimi dettagli questo non è sufficiente, sostengono gli esperti della banca americana Jp Morgan.

Gli analisti hanno voluto guardare a fondo nelle pieghe di una crisi che scuote l’Europa e che promette di riscrivere la storia. Lo hanno fatto basandosi su alcuni indicatori quali la proporzione di titoli domestici nei portafogli delle banche dell’Eurozona, la dispersione tra i paesi dei tassi di interesse sui prestiti concessi alle imprese e famiglie, la percentuale di affidamento al credito della Bce in proporzione degli attivi bancari. Ebbene il risultato è inequivocabile: alla moneta unica non crede più nessuno.

L’euro scricchiola non tanto sotto il peso della speculazione, bensì perché mancando una governance univoca in Europa, che faccia da collante dal Nord al Sud, non è più vissuto come moneta di tutti gli Stati membri. I livelli elevati degli spread che Italia e Spagna devono pagare da mesi non sono quindi da leggere come il segnale che loro non hanno fatto bene i compiti a casa e che quindi i mercati li puniscono.

La verità ha un altro volto , quasi più triste. Solo combattendo la frammentazione dei flussi finanziari all’interno dell’Eurozona l’indicatore di Jp Morgan si invertirà questa tendenza. Speriamo prima che sia troppo tardi, per almeno due giganti dai piedi d’argilla . Sempre quelli, che conosciamo tutti fin troppo bene.

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Micaela Osella