Brexit, le conseguenze sulle banche italiane
ANSA / MATTEO BAZZI
Economia

Brexit, le conseguenze sulle banche italiane

Timori sulla tenuta dell'Eurozona e di una nuova recessione: così i titoli sono crollati in borsa dopo il referendum britannico

Di attività a Londra e dintorni non ne hanno molte, certamente non di più dei loro maggiori concorrenti stranieri. Eppure, dopo il referendum sulla Brexit con cui i cittadini britannici hanno deciso di uscire dall'Unione Europea, le banche italiane sono letteralmente crollate in borsa. Dopo un venerdì nero in cui molti titoli hanno perso più del 20%, anche la giornata di oggi è stata un bagno di sangue. Le azioni di Intesa Sanpaolo, infatti, hanno perso oltre il 10%, quelle di Unicredit circa l'8% mentre Ubi e il Banco Popolare hanno lasciato sul campo oltre 6 punti percentuali. Per quale ragione?

In teoria, se la Gran Bretagna sceglie di uscire dall'Ue, non dovrebbe cambiare molto per i grandi istituti di credito della Penisola. Tuttavia, i mercati sono abituati a non fermarsi alla teoria e guardano alla realtà facendo spesso valutazioni ben più complesse. Con i pesanti tonfi di venerdì e di oggi, in cui la borsa di Milano ha avuto un ribasso record di oltre il 12% e ha perso circa 9 punti in più di Londra, la comunità finanziaria ha dimostrato di temere alcuni fattori di rischio cruciali per il nostro sistema bancario.

Il primo fattore riguarda la tenuta dell'intera Eurozona. In uno scenario estremo, infatti, l'uscita della Gran Bretagna dall'Ue potrebbe rappresentare l'inizio della fine del sogno dell'integrazione europea e potrebbe spingere altri paesi a staccarsi dall'Unione. Assieme all'Ue, ovviamente rischierebbe di disgregarsi presto anche l'Unione Monetaria Europea, dopo una nuova tempesta finanziaria come quella avvenuta nel 2010 (o persino peggiore) quando i titoli di stato italiani (e le banche italiane che di titoli di stato avevano le casse piene) erano al centro di un duro attacco speculativo sui mercati internazionali.

In uno scenario un po' meno estremo, i mercati temono però anche un altro effetto portato in dote dalla Brexit: il rischio che l'Europa ricada in una nuova recessione, aggravando un problema che le banche italiane stanno iniziando a risolvere faticosamente soltanto adesso. E' il problema dei Non-Performing Loans - NPLs, cioè i crediti in sofferenza che rischiano di non essere più rimborsati, proprio a causa della crisi economica. Con un pil di nuovo in negativo e con molte imprese in difficoltà, l'incidenza dei Non-Performing Loans tornerebbe ovviamente a salire, zavorrando i bilanci delle banche italiane.

Non a caso, oggi ha iniziato a circolare l'indiscrezione secondo cui il governo Renzi sarebbe pronto a iniettare una bella dose di liquidità nel sistema creditizio per un totale di ben 40 miliardi di euro, in modo da rinforzarne la dotazione di capitale. Il veicolo utilizzato, secondo gli analisti di Equita Sim, potrebbe essere la concessione alle banche di prestiti obbligazionari pubblici, sulla falsariga di quelli ideati dal Ministero dell'Economia nel 2010, nel pieno della prima crisi europea, innescata dal fallimento della Grecia.

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Andrea Telara

Sono nato a Carrara, la città dei marmi, nell'ormai “lontano”1974. Sono giornalista professionista dal 2003 e collaboro con diverse testate nazionali, tra cui Panorama.it. Mi sono sempre occupato di economia, finanza, lavoro, pensioni, risparmio e di tutto ciò che ha a che fare col “vile” denaro.

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