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Economia

La Bce all'Italia: ecco perché i dati sul debito non vanno bene

Nel bollettino economico di settembre la banca centrale riduce le attese di crescita dell'area euro. Il nostro Paese in ritardo sul risanamento

La ripresa dell'economia dell'Eurozona dovrebbe continuare anche se a un ritmo debole, con il rallentamento dei Paesi emergenti che pesa sull'export. Lo scrive la Bce nel bollettino economico, secondo cui la politica monetaria sta invece aiutando la domanda interna.

La Bce prevede una crescita annua del Pil in termini reali dell'1,4% nel 2015, dell'1,7% nel 2016 e dell'1,8% nel 2017. Rispetto all'esercizio di giugno le prospettive per l'incremento del Pil sono state riviste al ribasso, principalmente per effetto della minore domanda esterna riconducibile alla più debole espansione nei mercati emergenti. "Secondo la valutazione del Consiglio direttivo - si legge nel rapporto - i rischi per le prospettive dell'attività economica restano orientati verso il basso, di riflesso soprattutto alla maggiore incertezza legata al contesto esterno. In particolare, gli attuali andamenti nelle economie emergenti potrebbero ripercuotersi ancora negativamente sulla crescita mondiale attraverso gli effetti sul commercio e sul clima di fiducia".

In ogni caso la Bce ha ribadito di essere pronta ad agire, "se necessario, ricorrendo a tutti gli strumenti disponibili nell'ambito del proprio mandato". Nel frattempo, prosegue il rapporto, l'Eurosistema effettuerà interamente gli acquisti mensili di attività per 60 miliardi di euro, che secondo le intenzioni saranno condotti sino alla fine di settembre 2016, o anche dopo se necessario, e in ogni caso finchè il Consiglio direttivo non riscontrerà un aggiustamento durevole del profilo dell'inflazione, coerente con l'obiettivo di conseguire tassi
di inflazione su livelli inferiori ma prossimi al 2 per cento nel medio termine.

Italia e Belgio... in ritardo

Per due paesi, Italia e Belgio, si rileva "un consistente ritardo nell'azione di risanamento necessaria ai fini della regola sul debito" che prevede come nel 2015 il miglioramento del saldo strutturale dovrebbe ammontare al 2,1% del Pil per l'Italia (a causa dei ritardi nel risanamento accumulati dal 2013), rispetto alla previsione di uno sforzo strutturale pari allo 0,3%... a fronte di una previsione di misure strutturali pari allo 0,5 per cento del Pil".

Tali requisiti, prosegue il comunicato, non trovano riscontro nelle raccomandazioni specifiche per il 2015 rivolte ai due paesi, "poichè la Commissione ha concluso che la deviazione dalla regola su debito è giustificata da fattori rilevanti quali le sfavorevoli condizioni economiche e l'attuazione di riforme strutturali". In molti paesi la spesa per interessi si è collocata al di sotto di quanto inizialmente indicato nei bilanci di previsione.

Al tempo stesso, anzichè impiegare i risparmi così conseguiti per accelerare l'aggiustamento del disavanzo, diversi Stati membri hanno aumentato la spesa primaria (ovvero la spesa pubblica al netto degli interessi) rispetto ai piani originari. Si consiglia dunque ai paesi che registrano un elevato rapporto tra debito delle amministrazioni pubbliche e Pil (Belgio, Francia, Italia, Irlanda e Portogallo) di utilizzare eventuali disponibilità straordinarie, connesse a una spesa per interessi inferiore alle attese, per la riduzione del disavanzo.

I consigli a Germania e Paesi Bassi

Inoltre, per quanto concerne i paesi che hanno gia' soddisfatto gli obiettivi di bilancio a medio termine, la Germania e' stata esortata a incrementare ulteriormente gli investimenti pubblici in infrastrutture, istruzione e ricerca, mentre i Paesi Bassi sono incoraggiati a dirottare maggiori risorse verso ricerca e sviluppo.

Cosa deve fare l'Italia secondo la Bce

L'Italia compare anche fra i 12 paesi esortati a fare di più per rispettare gli obiettivi di stabilità e crescita. "I 12 paesi dell'area dell'euro sottoposti al meccanismo preventivo del Patto dovranno avvicinarsi ai rispettivi obiettivi di bilancio a medio termine - recita il bollettino  - attraverso misure strutturali pari complessivamente allo 0,2% per cento del Pil nel biennio 2015-2016; nondimeno, i dati attesi per questo periodo sono lievemente negativi. Pertanto, le raccomandazioni relative alle politiche di bilancio richiedono a otto Stati membri (Belgio, Estonia, Italia, Lettonia, Lituania, Malta, Austria e Finlandia) di compiere sforzi strutturali commisurati al meccanismo preventivo del PSC".

In Italia le entrate da assistenza finanziaria superiori alle uscite

Italia, Francia e Lussemburgo. È composto da solo tre nazioni il club dei paesi in cui "le entrate cumulate derivanti dalle misure di assistenza finanziaria sono state persino lievemente superiori alle uscite" riportano gli esperti della Bce. "Le misure di assistenza finanziaria - recita il rapporto - hanno determinato un peggioramento del saldo di bilancio dell'area dell'euro pari all'1,8% del Pil su base cumulata tra il 2008 e il 2014".  

L'effetto sul saldo di bilancio, prosegue il bollettino, è stato notevolmente diverso nei vari paesi e particolarmente forte in Irlanda, dove il disavanzo è aumentato di quasi il 25% del Pil su base cumulata. Anche Grecia, Cipro e Slovenia hanno visto peggiorare in modo significativo il saldo di bilancio come conseguenza delle misure di sostegno, con un impatto cumulato sul disavanzo compreso fra l'8% e il 13% del Pil nel periodo 2008-2014.

In gran parte degli altri paesi tale effetto è stato più limitato e compreso fra lo 0,4% in Belgio e il 4,4% in Spagna. "In Francia, Italia e Lussemburgo - sottolinea il rapporto - le entrate cumulate derivanti dalle misure di assistenza finanziaria sono state persino lievemente superiori alle uscite". Per quanto riguarda il debito, la Bce rivela come "il debito delle amministrazioni pubbliche nell'area euro è salito di 4,8 punti percentuali in rapporto al Pil nel periodo 2008-2014, come conseguenza degli interventi a sostegno del settore finanziario". Anche in questo caso ci sono state forti differenze tra i paesi. Se in Germania, Austria e Portogallo l'impatto è stato sensibile, in Italia e Francia invece "l'effetto
è stato quasi nullo".

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Redazione Economia