Elezioni Usa, Stiglitz (ri)boccia Romney in economia
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Elezioni Usa, Stiglitz (ri)boccia Romney in economia

Come e perché l'economista premio Nobel torna a promuovere Obama - Lo speciale Elezioni Usa 2012

“Diseguaglianza crescente: scegliere tra il focus sulla crescita e quello sulla povertà” ha twittato ieri Joseph Stiglitz, premio Nobel per l'Economia che ovviamente non ha dubbi: povertà è una brutta parola ma non va dimenticata. Lo dice anche il Wall Street Journal oggi: gli americani vanno alle urne con una chiara scelta economica da fare, come non accade di solito: replicare nella speranza che l’intervento massiccio del governo possa creare più occupazione o cambiare puntando su politiche di crescita orientate sul mercato. Obama o Romney? Il premio Nobel non ha dubbi: la vittoria del repubblicano Mitt sarebbe un danno per gli Stati Uniti e il mondo intero e non solo per i poveri.

Gli argomenti sono numerosi e li ha elencati in lungo articolo pubblicato sul sito project-syndicate.org che ha contribuito ad alimentare il calore delle ultime ore di campagna elettorale. Stiglitz, 69 anni, allievo di Franco Modigliani, professore alla Columbia University è un personaggio che si destreggia fra istituzioni e movimenti. È stato a capo dello staff di consiglieri economici di Bill Clinton, ma non ha disdegnato di sostenere pubblicamente “Occupy Wall Street”.

Perché lui non ha mai nascosto le sue antipatie verso la finanza (privatizza gli utili e socializza le perdite) e i dubbi sul Fondo Monetario Internazionale (troppo filoamericano). Non è ottimista sulla crisi della moneta unica europea, il Nobel. Ma è convinto che la vittoria di Mitt Romney sarebbe una vera iattura, perché "la linea contrattiva proposta da Romney, ovvero il tentativo di ridurre il disavanzo prematuramente mentre l’economia USA è ancora fragile, è quasi certamente destinata a indebolire la già sofferente crescita americana e, qualora la crisi dell’euro si aggravasse, potrebbe portare a una nuova recessione. A quel punto, con la contrazione della domanda negli Stati Uniti, il resto del mondo avvertirebbe gli effetti economici di una presidenza Romney in maniera alquanto diretta".

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Ma il resto del mondo tifa per Obama, sostiene con convinzione il Nobel. Non solo perché percepisce i rischi impliciti in un’eventuale affermazione di Romney. Il capitalismo americano si è rivelato poco efficace e poco stabile, insomma un modello che non convince più. L’onda lunga del reaganismo ha indebolito il potere “soft” a stelle e striscie. E poi ci sono i “valori” di Romney, e del suo vice Paul Ryan, che non corrispondono agli umori prevalenti nel Vecchio Continente e non solo.

Un esempio? "Tutti gli altri paesi avanzati riconoscono il diritto a un’assistenza sanitaria accessibile, e l’Affordable Care Act di Obama rappresenta un importante passo verso questo obiettivo. Romney, però, ha criticato questa iniziativa, senza offrire nulla in cambio". Stiglitz è chiaro quanto tagliente: "Oggi l’America ha l’onore di essere tra i paesi avanzati che offrono meno pari opportunità ai propri cittadini. E i drastici tagli al bilancio previsti da Romney, che colpiscono la classe media e i ceti meno abbienti, rappresenterebbero un ulteriore ostacolo alla mobilità sociale".

Poi c’è il ritorno alla spesa militare, il disinteresse per il cambiamento climatico, l’eccessiva confidenza con il mondo della finanza che difficilmente porterà a quella regolamentazione necessaria, ma anche un atteggiamento spavaldo che già minaccia di aprire una guerra commerciale con la Cina. E vogliamo dimenticare la questione dei paradisi fiscali? C’è un accordo internazionale per ridurli. "Ma con un Romney che non ha mostrato alcun pentimento per aver utilizzato lui stesso alcune banche delle Cayman, sarà difficile vedere passi in avanti persino in questo settore".

Di fronte a questa prospettiva Stiglitz sembra aver dimenticato la sonora bocciatura che aveva dato della politica di Obama poco più di un anno fa. Era l’agosto del 2011 quando il Nobel diceva senza mezzi termini: un fallimento la sua ricetta anti-crisi. "L'unico merito che si può riconoscere al Presidente è l’aver evitato il collasso totale dell'economia nazionale, ma su tutti gli altri fronti ha fallito", diceva. La minaccia Romney evidentemente gli ha fatto cambiare idea.

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Giovanni Iozzia

Ho lavorato in quotidiani, settimanali e mensili prevalentemente di area economica. Sono stato direttore di Capital (RcsEditore) dal 2002 al 2005, vicedirettore di Chi dal 2005 al 2009 e condirettore di PanoramaEcomomy, il settimanale economico del gruppo Mondadori, dal 2009 al maggio 2012. Attualmente scrivo su Panorama, panorama.it, Libero e Corriere delle Comunicazioni. E rifletto sulle magnifiche sorti progressive del giornalismo e dell’editoria diffusa.  

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