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ANSA/LUCA ZENNARO
Economia

Elezioni 2013, le infrastrutture e le cinque sfide del nuovo Governo

In ballo ci sono almeno 30 miliardi di fondi. Dalla banda larga agli aeroporti, ai porti, alle ferrovie. Temi già visti. Che richiedono una svolta

Un’Italia da ricostruire. È così che si presenta il Paese all’indomani delle elezioni. Il problema è da dove partire e con quale budget. Non manca nulla: dalle grandi opere in stand by bloccate alle piccole ancora da affrontare. In ballo ci sono all’incirca 30 miliardi di fondi secondo le stime di Ance (Associazione nazionale dei costruttori edili) riprese da Il Sole 24 ore, di cui 11 del Piano Cipe e fondi infrastrutture stradali e ferroviarie; 13 per le aree sottoutilizzate e 6 miliardi di fondi infrastrutturali europei.

Grandi speranze sono poi riposte negli investimenti che potrebbero arrivare dai privati incoraggiati dalle misure adottate dal governo Monti dalla defiscalizzazione Ires, Irap e Iva per le opere cofinanziate, ai project bond come strumento di raccolta di mezzi fino all’istituzione di un nuovo credito di imposta sulle infrastrutture con un tetto superiore ai 500 milioni. L’essenziale, per l’economia del Paese, è che si torni a pensare a una strategia ad ampio raggio e a lungo termine.

Queste le cinque emergenze infrastrutturali prioritarie:
- La banda larga. Poter utilizzare le autostrade digitali dovrebbe essere un diritto garantito al cittadino posto che l’innovazione digitale è la principale leva trasversale di sviluppo. A marzo sono attesi tre bandi di gara per un totale di 900 milioni di euro. Ma questo è solo l’inizio.

- La riorganizzazione degli aeroporti. Bisogna mettere la parola "fine" dopo l’atto di indirizzo varato, in zona Cesarini, dal Ministero per lo sviluppo economico del precedente esecutivo. Il piano individua i 31 scali strategici su cui indirizzare gli investimenti così da evitare la dispersione delle forze sul territorio e tornare ad avere hub di portata internazionale capaci di attrarre compagnie aeree e generare posti di lavoro. I singoli scali dovranno poi approvare piani di rientro per attrarre investitori privati.

- Oltre a riordinare i cieli sarebbe sensato, per un Paese che si estende su 7,5 mila chilometri di costa, riorganizzare anche le infrastrutture legate al mare, se si vuole evitare di perdere occasioni d’oro nel trasporto commerciale nei crescenti ai flussi turistici. Occorrere quindi rafforzare i cinque sistemi multiportuali europei: alto tirreno (Genova, La Spezia con Savona) come “porta” sud della rotta Genova-Rottherdam; alto adriatico (Ravenna, Venezia, Trieste con Koper e Rijeka) capace di servire da accesso alla rotta sul Baltico; campano (Napoli con Salerno); pugliese (Bari e Taranto con Brindisi) e siciliano (Palermo con Catania). Ulteriore slancio all’attività economica deriverebbe poi da una integrazione degli scali con i relativi interporti così formare dei sistemi logistici efficienti.

- È poi fondamentale per garantirsi rapidi collegamenti con il resto del Continente completare in tempi certi le tratte italiane dei corridoi europei (Adriatico-Baltico; Mediterraneo; Helsinki-la Valletta, Genova-Rotterdam) che integrano funzionalmente l’Italia nel sistema socio economico europeo.

- Sarebbero infine sogni divenuti realtà i completamenti di infrastrutture a lungo attese che velocizzerebbero il traffico e renderebbero la vita più semplice a molti cittadini. Tra questi vale la pena ricordare il discusso ammodernamento della Salerno-Reggio Calabria, alla Pedemontata (sistema di viabilità nel nord della Lombardia che un nuovo collegamento diretto fra Osio Sotto e Malpensa/Cassano Magnago/Varese in un tessuto urbano fra i più densamente abitati di Italia) fino alla Brebemi (collegamento tra Milano e Brescia ogni giorno percorso da 100.000 veicoli a cui si aggiungono i mezzi pesanti on punte di 40 mila al giorno).

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Cinzia Meoni