Impiegati pubblici: licenziarli è già possibile. Basta solo applicare le leggi
Economia

Impiegati pubblici: licenziarli è già possibile. Basta solo applicare le leggi

Assenze ingiustificate, falsi certificati medici e persino scarso rendimento. Ecco tutti i casi in cui un dipendente statale può essere lasciato a casa

Le leggi ci sono già, basterebbe soltanto applicarle bene. Licenziare i dipendenti statali, soprattutto i fannulloni o gli assenteisti, oggi in Italia non è affatto impossibile, grazie ad alcune norme approvate nel nostro paese tra il 2001 e il 2009. Eppure, su questo tema, il ministro del welfare Elsa Fornero e il responsabile della Funzione pubblica, Filippo Patroni Griffi, hanno dato ugualmente vita, nei giorni scorsi, a una polemica dai toni abbastanza accesi.

A ben guardare, lo scontro  tra i due ministri ha avuto come materia del contendere una questione un po' più complessa: gli effetti dell'ultima riforma del welfare, che ha modificato i contenuti dell'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, ma soltanto per i dipendenti delle aziende private. Gli impiegati pubblici hanno infatti conservato il  regime precedentemente in vigore, che consente a chi viene licenziato senza una giusta causa di essere sempre reintegrato al proprio posto, senza se e senza ma. E' una regola che vale per qualsiasi ente pubblico, di qualunque dimensione, cioè anche per un piccolo Comune o per un minuscolo ufficio con una manciata di addetti.

TUTTO SULLA RIFORMA DEL LAVORO .

Ciò non significa affatto, però, che la legge italiana impedisca di lasciare a casa un dipendente statale  “lavativo”o  disonesto, anche se molti dirigenti sono purtroppo restii a farlo .

Ecco di seguito una panoramica su come funzionano oggi (o dovrebbero funzionare) i licenziamenti degli statali.

LICENZIAMENTI INDIVIDUALI. Una legge approvata 11 anni fa dal centrosinistra (il decreto legislativo n. 165 del 2001) ha già assimilato la disciplina degli impiegati pubblici a quella dei dipendenti delle aziende private, stabilendo che i contratti  di lavoro degli statali devono essere regolati da accordi collettivi con i sindacati (e non dalla legge) mentre le controversie sui licenziamenti spettano sempre al giudice ordinario e sono sottoposte alle norme dell'articolo 18 (seppur nella versione precedente all'ultima riforma del welfare, che sta per essere approvata dal Parlamento).

Tre anni or sono, il governo Berlusconi è poi intervenuto introducendo una nuova legge (fortemente voluta dall'ex-ministro della Funzione Pubblica, Renato Brunetta). Si tratta del  decreto legislativo n.150 del 2009 che specifica meglio i casi in cui un dipendente pubblico può essere lasciato a casa per un valido motivo: per esempio quando si è assentato dall'ufficio senza giustificazione per più di 3 giorni nell'arco di 2 anni o per 7 giorni negli ultimi 10 anni, oppure quando presenta al datore di lavoro una certificazione medica falsa.

Il licenziamento, per la legge, è giusto anche nel caso in cui l'impiegato rifiuti un trasferimento ad altro ufficio dovuto a esigenze di servizio, quando mette in atto delle condotte aggressive e minacciose sul luogo di lavoro o viene condannato in sede penale (con sentenza definitiva che comporta l'interdizione dai pubblici uffici). Inoltre, è possibile lasciare a casa un dipendente statale anche per scarso rendimento, purché le sue performance vengano valutate con criteri e parametri oggettivi, stabiliti dalla legge.

Infine, le norme approvate nel 2009 consentono addirittura di licenziare un dipendente pubblico che risulti inabile a svolgere le proprie mansioni (se non può essere destinato ad altro ruolo) o che,  dopo aver subito un infortunio e una malattia, abbia già terminato il periodo di comporto, cioè il lasso di tempo entro il quale il lavoratore mantiene il diritto a conservare il proprio posto. I contratti collettivi, tuttavia, prevedono di solito alcune eccezioni a questa regola, consentendo agli impiegati di mettersi in aspettativa per un periodo più lungo, senza però ricevere lo stipendio.

LICENZIAMENTI COLLETTIVI. A molti sembrerà strano, ma i dipendenti pubblici possono subire anche un licenziamento collettivo, seppur con procedure particolari. E' quanto prevedono alcune norme della Legge di Stabilità per il 2012, approvate dal governo Berlusconi nel novembre scorso (sempre con la regia del ministro Brunetta) e destinate però a entrare in vigore soltanto nel 2013.

In particolare, ciascun ente pubblico dovrà effettuare ogni anno una ricognizione del personale, per verificare se vi sono delle eccedenze nell'organico. In tal caso, l'ente sarà obbligato a informare degli esuberi la stessa pubblica amministrazione e i sindacati. Gli enti che non effettuano regolarmente questa ricognizione, non potranno assumere nuovi dipendenti.

Il personale di ogni ufficio che risulta in eccedenza e che ha già maturato il diritto alla pensione, può essere licenziato immediatamente. Gli impiegati meno anziani, invece, dovranno essere destinati preferibilmente ad altri organi o enti. Se lo spostamento non è possibile, però, dopo 90 giorni il  rapporto di lavoro verrà sciolto e il dipendente lasciato a casa potrà percepire una sorta di cassa integrazione, cioè sussidio pari all'80% dello stipendio (più altre indennità integrative), per un periodo massimo di 24 mesi.

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Andrea Telara

Sono nato a Carrara, la città dei marmi, nell'ormai “lontano”1974. Sono giornalista professionista dal 2003 e collaboro con diverse testate nazionali, tra cui Panorama.it. Mi sono sempre occupato di economia, finanza, lavoro, pensioni, risparmio e di tutto ciò che ha a che fare col “vile” denaro.

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