Deflazione: perché è meno grave se il pil cresce
Luca Zennaro/Ansa
Economia

Deflazione: perché è meno grave se il pil cresce

Ad aprile i prezzi al consumo erano ancora in discesa. Ma la colpa è soprattutto del calo delle quotazioni del petrolio, mentre l'economia è in ripresa

Una crescita dello 0,2% tra marzo e aprile e un calo dello 0,1% su base annua (per il quarto mese consecutivo). Sono questi i due dati principali diffusi ieri dall'Istat riguardo all'andamento dei prezzi al consumo in Italia. Mentre il carovita mostra un marginale segno più nell'ultimo mese , nell'arco di un intero anno l'Italia resta ancora in deflazione, con un movimento negativo dei prezzi. Eppure, almeno a leggere i commenti degli economisti, oggi la deflazione sembra essere uno spauracchio meno temibile rispetto ai mesi scorsi. Merito soprattutto degli altri dati resi noti ieri dall'Istat: quelli sull'andamento del pil italiano nel primo trimestre 2015.


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Tra gennaio e marzo, il prodotto interno lordo è cresciuto dello 0,3% rispetto al trimestre precedente, un decimale in più rispetto alle previsioni (+0,2). Il nostro paese sembra dunque avviato a uscire dalla recessione anche se bisognerà attendere i dati della prossima estate, relativi al secondo trimestre e all'intero primo semestre, per fare un check-up più approfondito alla nostra economia. Con il pil in crescita, però, la deflazione fa indubbiamente meno paura. Analizzando più nel dettaglio l'andamento del carovita, infatti, si scopre che l'ultima flessione su base annua è dovuta soprattutto a una voce: il calo del prezzo dei beni energetici (-6,4%), generato a sua volta dai ribassi del petrolio. Flessioni significative si registrano anche per i costi dei trasporti (-2,7%) e per i servizi destinati alle abitazioni come le utenze dell'acqua e dell'elettricità (-1,5%): tutte voci che pesano non poco sui bilanci delle famiglie e che dunque, restando invariate o diminuendo, portano benefici alle tasche dei consumatori.



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Contemporaneamente, sempre ad aprile, c'è stato invece un aumento su base annua di altre categorie di prezzi come quelli alimentari (+1%), dell'abbigliamento (+0,4%) e dei mobili (+0,4%). Il calo delle quotazioni del petrolio, insomma, consente a milioni di italiani di avere un po' più di soldi a disposizione da destinare ai consumi di altri beni e servizi che oggi, assieme ai prezzi, sono in leggera ripresa. Meglio però non abbandonarsi troppo all'ottimismo, visto che i dati diffusi dall'Istat si riferiscono a un breve intervallo di tempo. “Finisce la recesione, non la crisi”, hanno scritto ieri gli economisti del sito Lavoce.info, ricordando una cifra tutt'altro che trascurabile: al Pil italiano di oggi, mancano ben 9,4 punti percentuali per tornare ai livelli toccati sette anni fa, nel primo trimestre 2008.


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Andrea Telara

Sono nato a Carrara, la città dei marmi, nell'ormai “lontano”1974. Sono giornalista professionista dal 2003 e collaboro con diverse testate nazionali, tra cui Panorama.it. Mi sono sempre occupato di economia, finanza, lavoro, pensioni, risparmio e di tutto ciò che ha a che fare col “vile” denaro.

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