Debito e pil: le pagelle all'Italia e le richieste dell'Ue
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Economia

Debito e pil: le pagelle all'Italia e le richieste dell'Ue

Il nostro Paese ottiene più flessibilità per 14 miliardi di euro ma viene rimandato a ottobre. E dovrà trovare almeno 3 miliardi per il 2017

Tre miliardi di euro in più rispetto alle previsioni e dieci miliardi rispetto al bilancio del 2016. Ecco la correzione al deficit pubblico che il governo italiano dovrà effettuare il prossimo anno, per far quadrare i conti secondo i dettami dell'Unione Europea. Ieri, l'esecutivo guidato da Matteo Renzi sembrava aver portato a casa una indubbia vittoria, vedendosi in gran parte accontentate a Bruxelles le sue richieste di maggior flessibilità nel disavanzo. Nel complesso, il bilancio del 2016 dell'Italia ha ricevuto il disco verde da entrambe le personalità che lo hanno messo sotto esame. Si tratta del vicepresidente della Commissione Europea, Valdis Dombrovskis, e il commissario agli affari monetari Pierre Moscovici, che hanno avuto uno scambio di lettere con il nostro ministro dell'Economia, Pier Carlo Padoan. Roma dovrà infatti correggere il rapporto deficit/pil dal 2,6% previsto al 2,3%, per un totale dello 0,3%. Non ci sarà dunque l'obbligo (come avrebbe voluto inizialmente Bruxelles) di comprimere il deficit di un'ulteriore 0,85% del pil.

Pier Carlo Padoan pensiero


Quest'ultima concessione significa che il ministro Padoan non sarà obbligato a pescare altri 14 miliardi di euro nelle maglie del bilancio pubblico. Il margine di flessibilità dello 0,85% si compone, nello specifico, di uno 0,5% in più di deficit concesso. come premio per le riforme economiche attuate sinora. Un altro 0,25% aggiuntivo è legato a maggiori investimenti in infrastrutture, una quota dello 0,04% deriva dalle maggiori spese per la crisi dei rifugiati e un residuale 0,06% è dovuto invece dai costi per la sicurezza.


Gli impegni per il 2017

Poiché ogni cosa ha il suo prezzo, però, le autorità di Bruxelles hanno chiesto una sorta di contropartita all'Italia per il bilancio del 2017. In attesa di un nuovo esame a ottobre in occasione del varo della Legge di Stabilità, il nostro paese dovrà comunque impegnarsi a tenere il rapporto tra il deficit e il pil del prossimo anno al di sotto dell'1,8%. Ciò significa che il disavanzo dovrà essere inferiore di almeno mezzo punto percentuale rispetto a quest'anno e più basso dello 0,1-0,2% rispetto alle attuali previsioni di governo. Tradotto in cifre,  questo vincolo significa appunto pescare almeno 3 miliardi in più nelle maglie del bilancio pubblico. Dove li troverà il governo? Innanzitutto, una mano potrebbe dargliela la crescita economica. Dopo anni di recessione, il pil è cresciuto dello 0,8% nel 2015, salirà dell'1,1% quest'anno e dell'1,3% nel 2017. Si tratta ancora di ritmi di crescita blandi ma che faranno salire di sicuro le entrate fiscali, con conseguente beneficio per il bilancio dello stato. Poi, non va dimenticato che c'è il potenziale tesoretto portato in dote dalle privatizzazioni. Lo Stato italiano non ha moltissime attività da vendere, ma restano comunque aperti alcuni importanti dossier come la privatizzazione delle Ferrovie dello Stato.


Def approvato: crescita tagliata dello 0,4%


A dire il vero, i proventi delle privatizzazioni dovrebbero servire anche e soprattutto per la riduzione del debito pubblico che, molto più del deficit, è la vera spina nel fianco dell'Italia. Le regole del fiscal compact, infatti, imporrebbero al nostro paese di abbassare il rapporto debito/pil del 3% all'anno per i prossimi 20 anni, in modo da riportarlo attorno al 60% nell'arco di 4 lustri. Visto che oggi siamo oggi sopra il 132%, l'obiettivo appare al momento quasi proibitivo. Va detto, però, che altri paesi non sono messi molto meglio di noi. Francia e Spagna, per esempio, hanno un debito attorno al 100% del pil e un deficit che supera ampiamente i 3 punti percentuali, ben sopra i livelli imposti dai parametri europei. Anche alcuni nostri partner comunitari, insomma, sono sotto esame.

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Andrea Telara

Sono nato a Carrara, la città dei marmi, nell'ormai “lontano”1974. Sono giornalista professionista dal 2003 e collaboro con diverse testate nazionali, tra cui Panorama.it. Mi sono sempre occupato di economia, finanza, lavoro, pensioni, risparmio e di tutto ciò che ha a che fare col “vile” denaro.

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