Crisi, Paesi emergenti in caduta libera
Economia

Crisi, Paesi emergenti in caduta libera

Il futuro economico del pianeta è in mano all'Occidente. E un po' anche alla Cina

Nel 2009 si è parlato soprattutto di Cina, Brasile, Russia, India, poi è stata la volta di Turchia, Indonesia, Messico, e infine sono stati aggiunti Vietnam, Thailandia, e persino Pakistan e Filippine. E invece siamo arrivati al 2013 e ne' l'Europa ne' gli Stati Uniti possono dire di essersi finalmente (e definitivamente) lasciati alle spalle i tempi bui della crisi economica "grazie" al sostegno delle economie emergenti.

Ammettendo che probabilmente è stato sbagliato sin dall'inizio riporre tutta questa fiducia in economie in via di sviluppo che, pur potendo contare su tassi di crescita senza dubbio invidiabili, hanno una serie di lacune a livello sia di infrastrutture sia di priorità di politica economica che non permettono loro di soccorrere le nazioni sviluppate (a meno che l'ipotesi di salvataggio non finisca con l'offrire loro altri tipi di vantaggi), è forse arrivato il momento di riflettere sul fatto che, pur agendo su tempi relativamente più lunghi, la crisi finanziaria globale, alla fine, non ha risparmiato neppure le stelle economiche emergenti. Che, col passare del tempo, si sono progressivamente trasformate in costellazioni cadenti...

Partiamo dai Bric: il loro 2012 è stato pessimo. La Cina in qualche modo riesce sempre a cavarsela, e l'idea (fondata o meno non importa) che la Repubblica popolare abbia sempre ottime opportunità da offrire induce tanti a mantenersi ottimisti in merito al futuro del gigante orientale. Per quanto Pechino, economicamente parlando, stia navigando oggi in acque particolarmente torbide. Alla (disperata) ricerca di nuovi mercati dove esportare, di un nuovo modello di sviluppo su cui puntare, e di una classe media con una forte propensione al consumo ancora tutta da creare.

Se, a dispetto di tante difficoltà, la Cina non ha perso tanti investitori, non si può certo dire la stessa cosa per quel che riguarda gli altri "grandi" emergenti. Il Dow Jones brasiliano (Bovespa) ha perso negli ultimi dodici mesi il 4% del suo valore. Relativamente all'India, le reali intenzioni del governo diventano ogni giorno meno chiare (e più scoraggianti). E di certo non aiuta il fatto che tutti gli osservatori, dalla Banca Mondiale, al Fondo Monetario Internazionale e alle agenzie di rating, continuino a bocciare qualsiasi iniziativa di New Delhi. Leggermente più positiva la situazione della Russia. Soprattutto in virtù delle numerose privatizzazioni promesse da Putin.

Se i Bric non convincono, dove possono guardare gli investitori? Verso le Filippine, la Thailandia, il Pakistan e la Turchia verrebbe da dire, visto che stanno crescendo a tassi strepitosi, che oscillano tra il 4 e l'11%. Eppure, puntare tutto su questi paesi non è poi così sicuro... Perché l'equilibrio e la stabilità di Islamabad restano in balia di scandali politici, terrorismo e contestazioni sociali. A Bangkok si vocifera che una nuova bolla stia per scoppiare, e che il rischio di crisi improvvisa non sia poi così remoto. A Manila è dall'86, vale a dire da quando si è conclusa l'epoca di Marcos e della legge marziale, che si aspettano risultati strabilianti che non sono mai arrivati. E nonostante i fondamentali siano buoni, perché l'inflazione è al 3%, la crescita supera il 6 e il trend di consumi interni incoraggiante, siamo sempre nelle Filippine. Quindi in una nazione in cui fare qualsiasi cosa può essere complicatissimo. E la Turchia? Beh, anche qui i rischi sono tanti. Non solo per motivi di stabilità interna, ma anche perché l'inflazione ha superato il tetto del 7%, e perché l'incertezza sull'esito delle consultazioni elettorali del 2014 resta altissima.

Se infine aggiungessimo che il benessere degli emergenti dipende tantissimo dalla salute dei principali mercati del pianeta, vale a dire Stati Uniti, Europa e Cina, troveremmo forse più saggio concludere sostenendo che solo quando i giganti dell'economia mondiale avranno sistemato i loro problemi gli emergenti, vecchi o nuovi che siano, potranno aiutarli a rafforzare il nuovo trend positivo che i primi avranno nel frattempo innescato.

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Claudia Astarita

Amo l'Asia in (quasi) tutte le sue sfaccettature, ecco perché cerco di trascorrerci più tempo possibile. Dopo aver lavorato per anni come ricercatrice a New Delhi e Hong Kong, per qualche anno osserverò l'Oriente dalla quella che è considerata essere la città più vivibile del mondo: Melbourne. Insegno Culture and Business Practice in Asia ad RMIT University,  Asia and the World a The University of Melbourne e mi occupo di India per il Centro Militare di Studi Strategici di Roma. Su Twitter mi trovate a @castaritaHK, via email a astarita@graduate.hku.hk

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