Crescita, benessere e prestigio non dipendono (solo) dal Pil
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Economia

Crescita, benessere e prestigio non dipendono (solo) dal Pil

Il peso di una nazione non dipende soltanto dalla sua crescita economica. Impatto sociale e ambientale dello svilupo sono altre due variabili chiave

Perché, oggi, lo status di un Paese dipende dalla forza della sua economia? Certo, l'andamento dei mercati è collegato al benessere di una nazione, ma siamo davvero sicuri che sia giusto affidare al Pil il compito di comprovare in maniera esclusiva e definitiva il livello di "importanza" di un paese?

Eppure, è un dato di fatto che le superpotenze si differenziano dalle medie potenze o dagli emergenti per il loro Pil. E lo stesso vale per i paesi sviluppati e non. I membri del G20 fanno parte di questo gruppo perché hanno economie relativamente forti, e lo stesso vale per i Brics o altri gruppi di nazioni in crescita. 

Secondo il ricercatore italiano Lorenzo Fioramonti, il Pil trascura troppi elementi per essere considerato un indicatore perfetto. Tra le cose che non calcola si possono citare l'impatto ambientale della crescita, che può essere più o meno negativo, e lo stesso vale per le conseguenze sociali dello sviluppo.

Il concetto di Prodotto Interno Lordo è stato lanciato negli anni '30 quanto i singoli paesi fremevano per calcolare il rispettivo tasso di industrializzazione. Oggi, invece, il mondo è profondamente cambiato, e anche se i paesi che sono d'accordo sulla necessità di elaborare nuovi indicatori per misurare il tasso di crescita sono sempre di più, la senzazione è che stiano andando in direzioni diverse.

La Francia nel 2008 ha affidato il compito di individuare i "parametri per calcolare il successo di un'economia nell'era post-Pil" a una commessione creata apposta per questo. L'Europa si è successivamente unita a questa ricerca, e nel 2013 lo ha fatto anche la Cina. In maniera sostanzialmente diversa. 

Mettamola così: se Pechino fosse riuscita a continuare a crescere ai ritmi pre crisi non avrebbe sentito la necessità di contribuire a questo dibattito. Ma visto che il Pil sta rallentando e la stabilità del partito e del sistema dipendono dalla crescita, meglio correre ai ripari e identificare un'alternativa prima che sia troppo tardi. E ben venga che anche gli europei siano interessati a elaborare un "nuovo" Pil, perché tutto questo non fa altro che aumentare la credibilità dell'interesse cinese.

Foreign Policy presenta scenari molto interessanti sul piazzamento di tante economie importanti in un contesto in cui il Pil non è più al centro di ogni valutazione. Forse, però, bisognerebbe sottolineare che, tutto sommato, il Pil non può essere completamente messo fuori dai giochi. Forse, anzcihé cercare un'alternativa, sarebbe più facile, e più immediato, ricalcolarlo valutando in maniera negativa tutte quelle attività che, pur contribuendo alla crescita di un'economia, in realtà danneggiano il paese.

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Claudia Astarita

Amo l'Asia in (quasi) tutte le sue sfaccettature, ecco perché cerco di trascorrerci più tempo possibile. Dopo aver lavorato per anni come ricercatrice a New Delhi e Hong Kong, per qualche anno osserverò l'Oriente dalla quella che è considerata essere la città più vivibile del mondo: Melbourne. Insegno Culture and Business Practice in Asia ad RMIT University,  Asia and the World a The University of Melbourne e mi occupo di India per il Centro Militare di Studi Strategici di Roma. Su Twitter mi trovate a @castaritaHK, via email a astarita@graduate.hku.hk

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