Cosa temono i mercati dopo la vittoria di Cameron
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Economia

Cosa temono i mercati dopo la vittoria di Cameron

Le Borse festeggiano la "continuità" che è "stabilità". Ma presto torneranno a temere il referendum per uscire dalla UE e l'indipendentismo scozzese

I mercati finanziari festeggiano l’affermazione, quantomai imprevista dai sondaggisti, di David Cameron alle elezioni politiche del Regno Unito. Il FTSE 100, il principale listino della London Stock Exchange, registra ampi guadagni e con esso anche la sterlina, che prende il volo sia contro l’euro sia contro il dollaro statunitense. Ma, anche se non è ancora finita la festa per i Tories, è già il momento di guardare al futuro. E quindi possibile uscita della Gran Bretagna dall’Ue, la cosiddetta Brexit, e la secessione della Scozia. 

Gran Bretagna: un "futuro luminoso" per Cameron (e la Scozia)


La prima reazione dei mercati

Come fanno notare gli analisti di Schroders, "per gli investitori, avere un chiaro vincitore alle elezioni elimina un enorme ammontare di incertezza nel breve termine sulla capacità del Governo di agire e legiferare". E della stessa opinione è anche la banca britannica Barclays, che ritiene che il Regno Unito in generale esca rafforzato da questa tornata elettorale. Il termine più usato è “continuità”. Lo usa anche HSBC, la quale rammenta che gli investitori non possono che essere felici della riconferma di Cameron. “Ha introdotto misure a protezione del capitale sociale della City, ha ridotto il peso dello Stato nell’economia e ha portato avanti doverose misure di consolidamento fiscale, senza però impattare negativamente sul ciclo economico, supportato con successo dalla Bank of England nella fase più dura della crisi”, spiegano gli analisti di HSBC.

E come ricordano da Schroders, “nel breve termine la chiarezza offerta dall’esito elettorale darà sostegno all’attività economica nel Regno Unito, con le famiglie e le imprese che possono decidere i propri investimenti con maggior certezza riguardo tasse e regole”. Da sempre infatti, gli agenti economici preferiscono la certezza del diritto all’ignoto dei nuovi governi, a meno che non sia apertamente rivoluzionario nelle idee e nello spirito stantio di chi li ha preceduti. Per Schroders, “le proiezioni sul risultato del voto danno ai conservatori la forza di continuare ad attuare il piano di austerità, anche se negli ultimi anni è stato un po’ allentato”. E i tagli alla spesa pubblica “probabilmente proseguiranno, soprattutto per quanto riguarda i sussidi sociali, ambito in cui l’esecutivo ha cercato di aumentare la convenienza di tornare a lavorare rispetto al vivere con i sussidi”. Una politica, secondo gli analisti di Goldman Sachs, che nel lungo periodo creerà una società più responsabile e produttiva, ponendosi al vertice di tutta l’Ue come competitività. 

La paura Brexit

Le incognite più importanti, finita la sbornia elettorale, riguardano però altri due campi, così lontani e così vicini. Da un lato, c’è il referendum per la permanenza del Regno Unito nell’Unione europea. Era uno dei capisaldi di Cameron e si terrà quasi sicuramente nel 2017. A oggi, secondo i sondaggi di Gfk, BBC e YouGov, il versante dei favorevoli all’Ue possiede un vantaggio risicato, ma non bisogna sottovalutare che la maggior parte dei cittadini si è detta indecisa. I prossimi due anni, quindi, saranno caratterizzati dal tentativo di indirizzamento di chi non ha ancora una posizione chiara sul tema.

Secondo l’analisi di Morgan Stanley, “ora il rischio Brexit è più vicino e a giovarne potrebbe essere l’Irlanda”. Questo perché se la Gran Bretagna dovesse uscire dall’Europa, sarebbero diverse le società che, per mantenere una continuità aziendale precisa, migrerebbero a Dublino, anche grazie al livello di imposizione fiscale agevolato. Il pericolo, per Londra, sarebbe l’isolamento. “Meno capitali, meno interessi commerciali, più incertezza e un segnale politico senza dubbio destabilizzante per l’intero progetto europeo”: è questo lo scenario secondo Morgan Stanley. Come ricorda anche Eurasia Group, “il risultato del referendum è incerto”. E con esso, l’impatto sull’intera Europa.

Ora il rischio Brexit è più vicino e a giovarne potrebbe essere l’Irlanda

E la Scozia?

E poi c’è la questione scozzese. Lo SNP della Sturgeon è il vero altro vincitore delle elezioni. Con i suoi 56 seggi su 59 possibili in Scozia, il partito indipendentista è la terza forza politica della Gran Bretagna. Non ci metterà molto il suo leader, la Sturgeon, a ricordare a Cameron e al resto del Paese che resta irrisolta la vicenda sulla possibile secessione della Scozia, anche dopo il referendum del 2014. Secondo gli analisti di Eurasia Group, “aumentano le possibilità di un altro referendum per indipendenza scozzese”. Questo perché lo SNP potrebbe decidere di appoggiare la linea di Cameron sul referendum Ue e spingere sull’acceleratore dell’indipendenza alle prossime elezioni scozzesi, previste per il maggio 2016. In questo modo il fronte secessionista potrebbe trovare ancora più terreno di quanto ne ha oggi. In altre parole, l’orizzonte da guardare per capire cosa sarà del Regno Unito è il 2017. 

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Fabrizio Goria

Nato a Torino nel 1984, Fabrizio Goria è direttore editoriale del sito di East, la rivista di geopolitica. Scrive anche su Il Corriere della Sera e Panorama. In passato, è stato a Il Riformista e Linkiesta e ha scritto anche per Die Zeit, El Mundo, Il Sole 24 Ore e Rivista Studio. È stato nominato, unico italiano, nella Twitterati List dei migliori account Twitter 2012 da Foreign Policy.

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